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Oltre trecento aziende di trasporto perse in Umbria in dieci anni, con un calo del venti per cento pari alla media nazionale. La stima è dunque che in questo momento nella nostra regione manchino fra i 350 e i 400 camionisti. Questo quanto emerge da un’analisi dell’Ufficio Studi Cgia, Associazione artigiani e piccole imprese Mestre che stima come in Italia siano almeno 22mila i camionisti che non si trovano sul mercato del lavoro. Un problema, purtroppo, che non riguarda solo il nostro Paese. In tutta Europa trovare autisti da mettere alla guida di un Tir è diventata un’impresa quasi proibitiva.

Stress, impegno fisico e orario di lavoro che si distribuisce lungo la gran parte della giornata hanno reso questa professione meno attrattiva di un tempo. Non solo, permane ancora una forte barriera all’ingresso; per mettersi alla guida di un Tir è necessario, per legge, conseguire la patente di guida professionale (CQC) che ha un costo di migliaia e migliaia di euro che scoraggia, in particolare i giovani, a intraprendere questo mestiere. A fronte di queste criticità, non sono poche le aziende di autotrasporto che da qualche anno si stanno facendo carico di questo costo per facilitare le assunzioni. Nonostante ciò, trovare camionisti è diventato sempre più difficile. Il dettaglio in Umbria, rivela che le aziende di trasporto nel 2013 erano 1.723, mentre alla fine dell’anno scorso sono scese fino a 1.372, con un calo di 351 ditte (-20,37%). Un numero che rappresenta l’1,7% del totale delle imprese distribuite in Italia, dal quale si può stimare che la carenza di camionisti varia appunto dalle 350 alle 400 unità. Negli ultimi 10 anni lo stock complessivo delle imprese di autotrasporto presenti in Italia è diminuito di 21.248 unità. Se nel 2013 erano 101.935, nel 2023 sono scese a 80.687 (-20,8 per cento). A livello regionale le situazioni più critiche si sono verificate in Valle d’Aosta con una contrazione del 33,7 per cento (in valore assoluto pari a -33), in Friuli Venezia Giulia del 32,3 per cento (-573), nel Lazio del 30,7 per cento (-2.733), in Liguria del 30 per cento (-773) e in Piemonte 29,9 per cento (-2.907). Un contributo importante a questo ridimensionamento è ascrivibile anche all’elevato numero di aggregazioni e acquisizioni nell’ultimo decennio. Ma la crisi resta.

 

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