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Il tema del risparmio energetico è quanto mai attuale, come anche quello della sostenibilità. Ma cosa fare in concreto per difendersi dal caro bollette e al contempo ridurre l’impatto dei nostri consumi sull’ambiente? Ne parliamo con Massimo Marengo, imprenditore albese con alle spalle una pluridecennale esperienza nel settore delle energie rinnovabili, fondatore del gruppo Albasolar e della start-up AspecHome, che periodicamente ci offrirà utili suggerimenti per risparmiare incrementando il comfort degli spazi in cui viviamo.

 

***

E’ l’imprenditore albese Massimo Marengo il nuovo referente per il Piemonte di Italia Solare, associazione che riunisce gli operatori del fotovoltaico con oltre 1.300 associati in tutto il Paese. Nelle scorse settimane l’organizzazione ha infatti designato 27 referenti regionali presenti in 18 regioni d’Italia (in corso di individuazione quelli di Liguria e Molise), con l’obiettivo di “svolgere in modo ancor più capillare l’attività di lobby sul territorio”.

 

Marengo, cos’è Italia Solare?

“Italia Solare è un’organizzazione di operatori, produttori e professionisti che operano in questo importante e strategico comparto. Non fa capo ad associazioni di categoria. E’ nata per volontà di Rocco Viscontini, una delle persone che per prime in Italia hanno seriamente creduto nell’energia solare e che conosco molto bene, e di altri soggetti, tutti professionisti validissimi e molto competenti, intenzionati a dare vita a un contenitore veramente indipendente, non legato quindi a interessi particolari e a lobby che non siano quelli delle aziende che quotidianamente lavorano per promuovere la diffusione del fotovoltaico nel nostro Paese”.

 

Perché la nomina di referenti regionali?

Negli ultimi anni l’organizzazione nazionale è cresciuta in dimensione, persone e struttura. Nel nostro Paese siamo di fronte a una legislazione nazionale che però prevede in capo alle regioni voce in capitolo su diversi aspetti di ordine burocratico e amministrativo. Così è ad esempio per l’ultimo Decreto Legge Agricoltura varato dal ministro Lollobrigida e anche, e soprattutto, per il cosiddetto “Decreto Aree Idonee” ad opera del Ministero dell’Ambiente e Sicurezza Energetica; una misura attesa da anni, deputata a dire a tutti i soggetti coinvolti dove si può e dove non si può installare un impianto sulla base di criteri quali ad esempio la presenza di terreni fertili. Il 21 giugno scorso il ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin ha emesso il decreto demandando però alle Regioni la definizione di una serie di elementi pratici. Da qui l’urgenza di stabilire referenti capaci di interloquire con le Regioni in questa delicata fase. Per il Piemonte a rappresentare l’organizzazione dei produttori, installatori e professionisti sarò io.

 

Si discute sugli impianti a terra.

Sì, il tema è tra i punti maggiormente dibattuti. L’unica localizzazione dove non sono previsti vincoli sono infatti i tetti. Diversamente bisogna dialogare con le Regioni e le organizzazioni agricole, alla ricerca di compromessi che consentano di salvaguardare l’ambiente, le colture e i terreni fertili, ma che al contempo non rappresentino vincoli eccessivi alle aziende, al mondo della produzione e anche alla riduzione del consumo di carburanti fossili, in casi specifici oggi messi in discussione.

 

Cioè?

Il mondo dell’agricoltura oggi chiede che non si possano più fare impianti a terra se non con particolari limitazioni o particolari tipologie di impianti, come quelle del cosiddetto “agri-voltaico”, che però richiedono opere molto costose e in verità occupano molto più spazio. Sul punto non c’è uniformità di vedute persino tra ministeri dello stesso governo. Con questa legge il dicastero dell’Ambiente ha dato le sue regole, assegnando a ogni Regione certi target di megawatt di potenza da raggiungere, e affidando però alle stesse il compito di fissare i paletti entro i quali muoversi per installare impianti.

 

Serve maggiore chiarezza, in sostanza.

Esatto. Da una parte ci sono i fondi Pnnr e leggi come quella sull’”agri-voltaico” che puntano a sovvenzionare lo sviluppo del solare e delle rinnovabili con addirittura l’80% a fondo perduto, dall’altra ci sono i mille laccioli che oggi rappresentano un grosso ostacolo sulla posa di impianti a terra. Il problema è che senza questi ultimi non è possibile raggiungere gli obiettivi che come Paese ci siamo prefissati, in termini di impianti “green” funzionanti. Le organizzazioni agricole sono abbastanza contrarie, ma tanti associati non lo sono perché vedono nell’agrivoltaico una integrazione interessante al loro reddito. Da qui il vivace dibattito in corso. L’anno scorso la nostra Regione era intervenuta per bloccare tutti gli impianti a terra, salvo poi autorizzare quelli il cui apposito iter era già stato avviato.

E ora?

Adesso si tratta di intavolare un confronto col nuovo esecutivo regionale e gli altri portatori di interesse in campo. L’obiettivo in questa fase deve essere quello di andare a cercare di trovare un compromesso in modo tale che ci sia maggiore disponibilità all’utilizzo di terreni, ma con dei vincoli di tutela del territorio. Il tema sul quale intendo porre molto l’accento è che il territorio e l’ambiente vanno certamente tutelati, ma al contempo occorre dare alle imprese la possibilità di poter installare impianti in terreni di pertinenza delle sedi produttive, quando i tetti dei capannoni non bastano come superficie di impianti per l’autoconsumo, cosa che avviene nel 70% dei casi”.

Guardate quindi alle aziende.

Assolutamente. E in questo senso quello dei limiti all realizzazione di impianti solari è un tema che tocca da vicino la competitività delle nostre imprese, che quando possono produrre direttamente l’energia che consumano hanno un grosso vantaggio competitivo, specie in un contesto di prezzi al Pun ancora alti e volatili.  

La vostra richiesta quindi qual è?

Chiediamo che non ci si ponga vincoli, quando siamo in presenza di una pertinenza. Questo peraltro rappresenta anche un vantaggio ambientale, perché un terreno che si voglia destinare all’agri-voltaico deve subire una cementificazione e le opere costano due o tre volte un normale impianto a terra. Quando l’impianto è a servizio dell’azienda, secondo la regola che chiediamo di istituire, deve potersi utilizzare qualsiasi tipo di terreno che sia nelle immediate vicinanze della sede aziendale. Questo sempre che non si parli di terreni pregiati, ma in questo senso va ricordato che tutte le zone dove è presente e operante una denominazione di origine sono per questa loro stessa natura vincolati e già protetti.

Siete per un compromesso.

Senz’altro. Sul fotovoltaico c’è molto ostruzionismo e molta attenzione sui rischi collegati al proliferare di grandi impianti. Io personalmente condivido parte di queste perplessità: credo che occorra attenzione nella scelta dei luoghi idonei a ospitarli. Sono profondamente convinto che la realizzazione di impianti in posti sbagliati non faccia bene a nessuno, a noi del solare per primi. Di contro però ci sono le esigenze non soltanto del nostro settore, ma di tutto il sistema produttivo italiano, la sua competitività e anche la sua capacità di soddisfare i sempre più fondamentali criteri di sostenibilità Esg, in capo alle aziende medie e grandi. E poi, affatto secondari, ci sono gli obiettivi di capacità di produzione di energia rinnovabile che il Paese si è dato e che ovviamente hanno riflessi diretti sulla riduzione del ricorso alle fonti fossili.

 



 

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