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Dopo i confini, le ribellioni, i naviganti, i conflitti e i demoni, stavolta tocca ai tradimenti.

Sarà infatti questo il tema della sesta edizione del Festival della storia che si terrà negli spazi della Mole Vanvitelliana di Ancona, da giovedì 29 agosto fino a domenica 1° settembre.

Il Festival sarà presentato ai media venerdì 23 agosto, alle ore 11.30, presso la Sala Giunta del Comune di Ancona, alla presenza del Sindaco Daniele Silvetti, della Presidente del Festival Valentina Conti e del Consulente scientifico professor Fulvio Cammarano.

Un tema affascinante quello dei tradimenti, denso di risvolti inaspettati, che spesso ha causato vere e proprie ‘deviazioni’ del corso della Storia e che sarà affrontato, discusso, approfondito durante i 24 incontri in programma di questa edizione del Festival della storia, presieduto dall’editrice Valentina Conti.

Si comincerà il 29 agosto alle 17 nell’Auditorium della Mole, con la lectio magistralis di Emilio Gentile, professore emerito di Storia Contemporanea alla Sapienza di Roma, tra i massimi studiosi di storia del fascismo. Con il significativo titolo “25 luglio 1943: un processo al regime totalitario”, aprirà un ricco programma, in cui protagoniste e protagonisti dell’indagine sulla storia rifletteranno su momenti e fenomeni, in cui alcune svolte hanno assunto l’aspetto di tradimenti. Tra gli altri, si segnala l’intervento dell’ex-segretario del Pci e DS, Achille Occhetto, che, dialogando con Paolo Marconi, il 30 agosto alle 18, parlerà della “Bolognina, una svolta epocale”. Sarà l’editorialista del Corriere della Sera, Angelo Panebianco, a svelare “Il tradimento degli intellettuali”, dialogando, il 1° settembre alle 18, con Francesco Maria Tiberi, mentre di “Tradimenti tra teatro e cinema” parlerà l’attore e regista Luca Barbareschi, il 31 agosto alle 19, rispondendo alle provocazioni di Valentina Conti.

Di occupazione e sottoccupazione, di operai e di padroni si tratterà con gli interventi di due autorevoli esperti: Cesare Damiano, già ministro del Lavoro e della Previdenza sociale, e Marco Bentivogli, coordinatore di BASE Italia, attivista ed esperto di politiche del lavoro e innovazione industriale, che è stato segretario generale della Federazione Italiana Metalmeccanici Cisl.

E poi, se l’Europa e gli Usa hanno contribuito a definire e modellare l’ordine globale in cui viviamo, quanto e quando lo hanno tradito, adottando spesso standard duali e contraddittori? Ne parlano Eugenio Mazzarella, professore emerito di Filosofia teoretica all’Università di Napoli Federico II, nel dialogo “Un fantasma si aggira per l’Europa” e Mario Del Pero, docente di Storia Internazionale a SciencesPo, Parigi, con “America: libertà o impero?”.

Il programma non tralascia la storia antica, di cui sarà interprete il professor Giovanni Brizzi, né il Risorgimento, che tratterà lo storico Carmine Pinto. Molte altre sono le aree di indagine, dalla letteratura all’architettura, alla musica, con l’intervento di Alberto Maria Banti, che insegna Storia contemporanea all’Università di Pisa. E poi il concerto “Sono solo canzonette?”, la sera di sabato 31 agosto, durante il quale Riccardo Mei e Luca Pecchia, con la complicità di Massimo Papini e Paolo Marconi, rifletteranno sul rapporto tra la canzone e la storia, tra i cantautori e la canzone d’amore tradizionale. Le religioni “tradite”, cristianesimo ed ebraismo, saranno affrontate da diversi punti di vista, come pure l’uso del linguaggio nella creazione poetica e nella traduzione. E ancora, non si tralascerà di interpretare la storia delle donne al potere e di quelle costrette, in tutti i tempi, a fronteggiare l’impatto della guerra sulla società civile.

Tutti gli eventi sono a ingresso gratuito e senza prenotazione.

Un festival, un concept

Tradire significa, seguendo l’etimologia della parola, consegnare al nemico. Per questo è qualcosa che nelle nostre società si accompagna inevitabilmente all’infamia. Nella visione di Dante Alighieri – che aveva davanti ai suoi occhi i suggestivi mosaici del Giudizio Universale visibili nel Battistero di Firenze e probabilmente realizzati da Coppo di Marcovaldo –, il tradimento è il peccato più grave: se ne è macchiato addirittura Lucifero, l’angelo ribelle che, precipitato da Dio al centro della Terra, stritola tra le fauci Giuda, Bruto e Cassio.

Di tradimenti è piena la nostra vita. E la Storia. Ma, come per tutti i concetti, lo slittamento di senso è dietro l’angolo. Perché l’idea di tradimento è ovviamente opinabile: cioè dipende da che parte si sta. Si tradiscono persone e si tradiscono ideali, ma allo stesso tempo veniamo traditi dalle persone e dagli ideali. Il tornaconto personale è spesso utilizzato come spartiacque per condannare il tradimento. Rimane pur sempre difficile distinguerlo dal mutamento delle situazioni.

Qualche caso. Napoleone ha tradito la Rivoluzione francese, o ne è stato il concreto esecutore? Senza Giuda non ci sarebbe stato il cristianesimo; e oggi, chi sono i Giuda con i quali condividiamo gli scossoni della storia? Siamo noi stessi, quando cambiamo prospettiva. Ma adeguarla significa tradirla? La dimensione morale che caratterizza il binomio fedeltà/tradimento non rappresenta, dal punto di vista storico, un riferimento assoluto. Per esempio i fratelli Bandiera, così cari al risorgimento italiano, hanno tradito l’impero austriaco o sono stati fedeli all’ideale della causa italiana? Si può dire che hanno abbandonato un ordine in cui non credevano per guardare al futuro.

L’edizione numero sei del Festival della storia offrirà a tutti l’opportunità di soffermarsi e riflettere sul tradimento – categoria del comportamento umano così controversa – sempre capace di sollevare indignazione, ma al contempo di costringere a riflettere, anche a partire dalle storie individuali, sulle mille declinazioni del suo significato.

Tocca come sempre alla Storia, con il fondamentale contributo delle altre scienze sociali e umane, il difficile compito di indagare la complessità, distinguere le varietà delle esperienze, contestualizzare, ambiti questi ineludibili della ricerca storica senza i quali rimane solo lo spazio per la semplificazione, l’appiattimento concettuale e per il presentismo, virus letali per i valori della libertà e della democrazia.

 

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