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Riceviamo e pubblichiamo integralmente la nota di replica a firma di Simona Carbone, direttore generale dell’azienda ospedaliera universitaria Dulbecco di Catanzaro in merito a un articolo pubblicato sulla nostra testata nella giornata di ieri “Negata la richiesta di non andare in pensione, ora a Catanzaro il reparto di Terapia del dolore rischia di chiudere

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Su LaC news24 è apparso ieri, 4 agosto, un articolo dal titolo “Negata la richiesta di non andare in pensione, ora a Catanzaro il reparto di Terapia del dolore rischia di chiudere”. Il pezzo è un duro pamphlet in cui viene fortemente censurata la condotta dell’Azienda Ospedaliera di Catanzaro per non aver mantenuto in servizio, oltre il 70° anno di età, il dirigente medico Responsabile della struttura di Terapia del Dolore presso l’Ospedale Pugliese, collocato quindi in pensione per raggiunti limiti di età dallo scorso 1 maggio.

Ritengo doveroso, senza entrare nel merito delle opinabili considerazioni personali riportate nell’articolo, che comunque, pur non condividendole, rispetto, fugare i dubbi insinuati circa gli effetti deleteri per l’assistenza sanitaria che il pensionamento del medico in questione avrebbe causato.

L’ambulatorio di Terapia del dolore ha dato un importante contributo assistenziale fornendo prestazioni sanitarie alla numerosa utenza che ha bisogno di attenuare, o comunque controllare, il dolore causato dalle patologie di cui soffrono. Tale ambulatorio, insieme all’altra struttura di Cure Palliative di questa Azienda Ospedaliera Universitaria (AOU), fa parte di una più ampia Rete di assistenza costituita da una aggregazione funzionale ed integrata di servizi, sia distrettuali (di competenza dell’ASP) che ospedalieri (di competenza di questa AOU), che operano in modo sinergico per garantire il diritto di accesso alla terapia del dolore a tutti i cittadini.

I servizi erogati da questa Azienda Ospedaliera non sono mai stati interrotti, anche perché rientrano nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).

Entrambi i servizi deputati al trattamento cronico e/o acuto del dolore sono stati e sono regolarmente erogati da questa Azienda Ospedaliera, senza alcuna soluzione di continuità, dal Dipartimento Oncoematologico presso l’Ospedale De Lellis. Le Cure Palliative fanno capo alla struttura diretta dal dott. Squillace mentre la Terapia del dolore è assicurata dalla struttura oggi diretta dal dott. Pietro Maglio, medico anestesista al pari del suo predecessore, dott.Russo, in pensione dal 30 aprile u.s..

Pertanto, contrariamente al dubbio artatamente instillato nell’articolo stampa, nel riportare le considerazioni personali del medico pensionato, l’attenzione dedicata da questa AOU alla linea assistenziale correlata alla rete della terapia del dolore è stata e continua ad essere elevata. Il personale che coadiuva la struttura è quello della struttura complessa di anestesia e rianimazione che deve comunque contribuire ad assicurare la continuità assistenziale.

Prova ne è che dal 1° maggio u.s. la sola struttura di Terapia del dolore ha erogato 120 procedure in regime di daysurgery, 368 prestazioni ambulatoriali di presa in carico di nuovi pazienti e 30 consulenze specialistiche interne. Risultati importanti che confermano il trend.

Pur comprendendo, sul piano personale, l’amarezza del medico pensionato trasfusa nell’articolo, non posso esimermi dal formulare alcune, brevi considerazioni conclusive. L’AOU Dulbecco rappresenta una importante variabile di miglioramento della qualità dell’assistenza sanitaria nell’area centro della Regione, tale ruolo potrà essere assolto, superata la prima e complessa fase di definizione del suo modello organizzativo, riuscendo ad intercettare le migliori competenze ed esperienze professionali, giovani meritevoli di un nuovo spazio entro cui trasfondere le proprie energie. Il management dell’Azienda, pur tra le mille e notorie difficoltà, ha il dovere di rendersi interprete di questa visione nuova e accompagnare il processo di radicale cambiamento superando le comprensibili resistenze che ogni mutamento organizzativo porta con se. Rinunciare a tali spinte visionarie significherebbe accettare un approccio distopico che, al contrario, è finalizzato al mantenimento dell’esistente.

 

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