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Esclusi dal probabile processo che ci sarà ma “solo” per truffa ai danni dello Stato, gli “esodati” di Casa Zero proveranno a rientrare nel procedimento di cui è titolare il pubblico ministero Massimo De Bortoli. Una gran parte degli oltre mille che sarebbero stati truffati nel cosiddetto “scandalo del Superbonus” presenteranno una memoria scritta in cui tenteranno di aggirare la decisione della Procura che di fatto ha chiesto l’archiviazione proprio per quei reati che sarebbero stati commessi e che avrebbero visto come vittime le persone, rimaste incagliate sull’esecuzione di lavori mai finiti o persino mai iniziati dalle società del gruppo di Nervesa della Battaglia

Si tratta di una scommessa legale che peraltro riguarda solo coloro i quali hanno presentato querela e che lamenterebbero dei danni diretti subiti dal comportamento di Casa Zero, come ad esempio il cambio degli infissi – quelli vecchi rimossi e quelli nuovi mai installati- operazione sugli impianti di riscaldamento della casa o dell’acqua o il rifacimento del tetto, solo per fare alcuni esempi. Gli avvocati, tra cui Maria Bruschi, tenterebbero insomma di avere queste posizioni riconosciute non tanto come parti civili quanto come “danneggiati” e che quindi potenzialmente in grado di far valere in sede di processo penale le proprie ragioni civilistiche. In alternativa rimane soltanto l’opposizione all’archiviazione, da presentare entro settembre.

L’ultima istanza per i truffati è il fallimento. Nel caso in cui la massa di debiti, circa 12 milioni e mezzo di euro, risultasse non solvibile potrebbe scattare una indagine per bancarotta in cui teoricamente gli “esodati” potrebbero tornare in campo come parti offese.

I privati sono stati infatti esclusi dall’inchiesta chiusa nello scorso maggio che vede indagate a vario titolo otto persone per i reati di associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato e ricettazione. Sono accusati, secondo le contestazioni della Procura, di aver fatto fatto sottoscrivere ai clienti contratti di appalto riguardanti interventi edilizi relativi ad opere per le quali erano previste le agevolazioni del 110% e la relativa opzione per usufruire del bonus attraverso lo sconto in fattura o anche la cessione del credito corrispondente alla detrazione fiscale. Poi avrebbero emesso numerose fatture che, contrariamente a quanto sarebbe successo nella realtà, documentavano l’avvenuta esecuzione dei lavori relativi al primo stato di avanzamento – ma talvolta anche del secondo – sulla base di asseverazioni che il magistrato considera essere state falsamente attestanti l’esecuzione degli interventi che invece non sarebbero stati, in tutto o in parte, ancora effettuati. Le dichiarazioni, trasmesse per via telematica all’Enea, avrebbero contenuto anche la sussistenza dei requisiti tecnici e la congruità delle spese sostenute.

 

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