Prestiti personali immediati

Mutui e prestiti aziendali

Utilizza la funzionalità di ricerca interna #finsubito.

Agevolazioni - Finanziamenti - Ricerca immobili

Puoi trovare una risposta alle tue domande.

 

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito
#finsubito news video
#finsubitoaste
01_post_Lazio
Abruzzo
Agevolazioni
Agevolazioni #finsubito
Alghero aste
Cagliari aste
Chieti
Emilia Romagna aste
Firenze aste
Italia aste
L'Aquila
Lazio aste
Lombardia aste
News aste
Olbia aste
Post dalla rete
Roma aste
Sardegna aste
Sassari aste
Toscana aste
Zes agevolazioni
   


MantaGroup è una delle aziende più dinamiche nel panorama industriale foggiano. La holding della famiglia Frisoli comincia negli anni Ottanta da Orsara di Puglia, costruendo in quarant’anni una solida reputazione e importanti partnership industriali con due tra i principali gruppi metalmeccanici del paese, Leonardo e gruppo Cnh industrial, attivi in provincia di Foggia dai tempi in cui il fondatore Domenico Frisoli muoveva i primi passi imprenditoriali. Una storia quasi a braccetto. Oggi Mantagroup è l’asse di riferimento con due importanti derivazioni: TMC, il nucleo dell’azienda di famiglia e AVIOMAN azienda brindisina acquisita tre anni fa.

Core-business è la grande industria metalmeccanica: di Leonardo il gruppo Manta costruisce le più importanti componenti d’ala fissa degli aerei di linea di Boeing e ATR e anche sull’ala rotante, c’è lo zampino dell’azienda foggiana su quasi tutti gli elicotteri più importanti in circolazione (AW109-119-139-169-189-609-249 NH90 EH101). Con FCA e Iveco Group, Manta partecipa inoltre ai programmi di lavorazione dei più diffusi propulsori montati sui veicoli commerciali e sulle macchine agricole (F1A, F1C, F5, F28) negli stabilimenti di Foggia e Torino. “L’eccellenza non è un’azione, ma un’abitudine”, il motto della famiglia Frisoli che prende in prestito una celebre frase attribuita ad Aristotele. Una fabbrica nata dall’intuizione di Domenico Frisoli, il pioniere del gruppo, premiata ancora una volta nel giugno scorso con l’Alta Onorificenza di Bilancio – Premio Industria Felix 2024, quale “Miglior impresa per performance gestionale e affidabilità finanziaria Cerved con sede legale nella Regione Puglia”. Un riconoscimento che segue quello ottenuto nel 2023 nella sala della Regina a Montecitorio, MantaGroup premiata tra le cento eccellenze italiane per l’innovazione dei processi industriali. Oggi il gruppo MantaGroup (con le collegate TMC e Avioman) è una realtà con 150 dipendenti, per un fatturato di 22 milioni di euro.

MantaGroup dunque un’eccellenza foggiana, che si muove con sempre maggiore disinvoltura nel panorama industriale pugliese e dell’Aerospace che proprio in questa regione conta programmi di sviluppo tra i più innovativi. Michele Frisoli, amministratore delegato di MantaGroup e di Apulia Aerospace Consortium (il corsorzio delle aziende aeronautiche pugliesi) e Romina Frisoli (responsabile risorse umane), sono due ex cittadini del mondo, formazione svolta quasi tutta all’estero, che intorno ai trent’anni hanno risposto all’invito di papà Domenico che proponeva loro di prendere le redini del gruppo e dunque di tornare a casa nell’azienda di famiglia. Una scommessa vinta, oppure ancora adesso un azzardo? “Spesso – risponde Michele Frisoli – soprattutto per noi meridionali il richiamo al territorio diventa una scusa per piangerci addosso e non fare niente. Se la smettessimo con questo modo di pensare e cominciassimo a ragionare su quelle che sono le nostre possibilità, probabilmente potremmo ricavare dal nostro cambio di mentalità sorprese positive. E’ quello che stiamo provando a fare qui a Foggia. Ho vissuto diciassette anni lontano da casa, Milano era la mia base di partenza: ho avuto a che fare con molte teste, viaggiato molto. E’ evidente che quando scendi al Sud si trovano limiti oggettivi infrastrutturali molto forti, anche burocratici spesso i più insuperabili. Però se ti ci metti di ‘buzzo buono’, ti accorgerai che trovi un sacco di gente disposta a venirti incontro ed a mettersi in sintonia con te. Noi queste persone le abbiamo trovate”.  

Siete stati appena premiati con lAlta Onorificenza di Bilancio grazie a due vostre aziende: Avioman (meccanica di precisione) e TMC specializzata nelle verniciature industriali automatizzate. Aziende che riflettono il know-how di Manta Group, una delle poche aziende del territorio specializzate nell’indotto di due grandi gruppi industriali, Leonardo e FPT Industrial. Come avete fatto a convincerli che c’era da fidarsi di voi?

I nostri committenti sono da un lato molto esigenti, dall’altro ci trasmettono una capacità di azione straordinaria. Le nostre aziende conservano ciascuna una propria autonomia con un focus specifico su un determinato settore. Il contatto con i clienti è stato per noi fondamentale per capire come muoverci, le indicazioni emerse fungono da acceleratore di quello che facciamo. E’ evidente che ci muoviamo in un momento in cui sull’industria italiana pendono una serie di punti interrogativi, che non dipendono dalla clientela ma da una strategia paese non sempre chiara. Oggi l’aeronautica sta vivendo un momento di spolvero molto forte, è un mercato globale che in Italia promette crescita tendenziale. La nostra mission è consentire ai nostri clienti di raggiungere e mantenere una leadership nei loro settori, tutte le nostre aziende sono al servizio del cliente.    

Il segreto del vostro successo è nella famiglia, concetto che richiama spesso nelle sue interviste. Quanto è cresciuta Manta Group da quando lei e sua sorella Romina avete fatto ritorno a casa per dar manforte a papà Domenico, il fondatore e geniale precursore di questo piccolo grande impero in espansione?

MantaGroup ha avuto un percorso di crescita interessante negli ultimi dieci anni, nulla sarebbe potuto accadere se nostro papà non fosse stato uno di quei meridionali folli del controesodo: lui acquisì negli anni Ottanta l’industria TMC e la portò da Milano a Foggia contro ogni idea di buonsenso dell’epoca. Da allora di tempo ne è trascorso, quando dieci anni fa io e mia sorella Romina siamo rientrati in azienda, c’è stato un cambio radicale di visione nell’approccio. Non che quello di papà fosse sbagliato, sia chiaro, ma il mercato evolve e bisogna seguire il trend. Su questo, devo dire, papà è stato bravissimo a farci da guida, ci ha consentito di prendere decisioni anche sbagliate e di questo personalmente lo ringrazio. Il suo investimento in me e mia sorella però è partito molti anni prima, quando eravamo a Orsara, un paesino di 3mila anime: mio padre è partito da qui, senza aver fatto l’università né aver mai partecipato a un solo master. Ma ha sempre avuto una visione d’impresa fuori dal comune: ha voluto per noi che andassimo a studiare all’estero, che imparassimo le lingue straniere. Ci ha spinti molto sul concetto di educazione, ha voluto che ci mettessimo in discussione su un mercato competitivo. E sulla base di questi requisiti, una volta tornati a casa, sono concetti che si traducono in valore. Questa impostazione ci ha anche permesso di portare nelle nostre aziende la crescita di un volume di produzione negli anni quadruplicato. Mantagroup resta ovviamente al centro di tutte le nostre strategie.  

Lei e sua sorella vi siete formati all’estero, ma avete ceduto al richiamo delle origini. Chissà quante volte le avranno chiesto se si è mai pentito della scelta. E cosa si aspetta che possa riservarle il futuro?

Me l’hanno chiesto tantissime volte: “Chi te l’ha fatto fare?”, mi dicevano in tanti.

Me l’hanno chiesto tantissime volte: “Chi te l’ha fatto fare?”, mi dicevano in tanti. Non nascondo che diverse volte me lo sono chiesto anch’io. Avevo una mia carriera da seguire, lavoravo alla McKinsey & Co (Romina dapprima alla General Electric, poi alla Rocket Internet in Brasile: ndr), si viaggiava tantissimo. Ero in una struttura ben definita, mi muovevo in una prospettiva positiva. Però ci sono alcune cose su cui non è possibile derogare e questo va oltre anche il guadagno, l’aspetto finanziario, il proprio ego. Ci sono cose di cui ci si rende conto dopo: chi siamo, da dove proveniamo, il retaggio delle origini, perchè siamo così. E’ sulla base di queste riflessioni che ho scelto una sfida professionale che è anche una riscoperta di me stesso: devo dire che oggi, a posteriori, sono molto contento della scelta fatta. A volte mi dico cosa avrei fatto se mi fossi trovato in un contesto meno ostile qual è quello in cui dobbiamo operare oggi, vorremmo sentirci parte attiva di un luogo in cui ci si consenta di fare le cose. Qui invece c’è un apparato burocratico enorme, una scarsità di conoscenze molto forte, mancano le risorse. Però se è una sfida, allora bisogna fare i conti anche con tutto questo e le persone che riusciamo a formare sono il risultato di cui andare orgogliosi: coloro che domani andranno all’estero e che renderanno onore al nostro gruppo.

Potrebbero anche rimanere qui, sviluppare sul format di Mantagroup un percorso d’impresa, una crescita industriale che in fondo forse è la vera sfida di un gruppo giovane ma già strutturato come il vostro.

Noi vorremmo sviluppare le competenze locali, ma è evidente che non si può pensare di rivolgersi solo a committenti locali. Uno dei nostri grossi limiti, almeno sul piano logistico, è non trovarsi dalla parte dove sorge il sole e per raggiungere i nostri riferimenti dobbiamo sempre andare altrove. L’”head quarter” dei nostri clienti si trova a centinaia di chilometri dal nostro luogo di produzione e questo, se da un lato è scomodo per la distanza, dall’altro ci obbliga a lavorare in un territorio difficile che ci sprona a fare sempre meglio: se siamo arrivati a un obiettivo, e ancora non basta, dobbiamo subito darci un altro traguardo spostando l’asticella più avanti. Però anche questa è formazione: quando dico che le nostre risorse umane devono crescere significa che, rappresentando la nostra azienda, i nostri ragazzi sono chiamati a fare bella figura in contesti solo nominalmente migliori dei nostri.  

Forse è proprio questo il punto: magari poi si scopre che nelle aree deputate a fare un certo tipo d’impresa manchino le qualità che invece si trovano in provincia. Non è solo l’abito a fare il monaco, a Foggia come in altre aree più decentrate. Non crede?

Il tema è poter aprire, a Foggia, una finestra sul mondo

Il confronto per noi è fondamentale. Se sei in un ecosistema che ti permette di acquisire e valutare certi modelli di riferimento, magari pur disponendo di un potenziale inferiore, si riesce comunque a fare la differenza. Chi è abituato al confronto riesce in realtà a rivelarsi anche più abile e più bravo di chi è considerato migliore. Il tema è poter aprire, a Foggia, una finestra sul mondo che ci consenta di tenere aperto un confronto con altre realtà più performanti. E’ questo che fa la differenza a mi avviso. Nel nostro gruppo di lavoro abbiamo assunto neolaureati al politecnico di Bari, qualcuno proviene anche dall’università di Foggia: non presentano dal punto di vista della loro preparazione anomalie o buchi di apprendimento, ma si ritrovano sicuramente tra le mani una componente in meno dovuta al limitato confronto acquisito nell’ambito delle esperienze lavorative pregresse. 

Si può fare impresa a Foggia partendo da alcuni storici vizi di forma e che non mutano nonostante un generale grado di insoddisfazione? L’area industriale fornisce alle aziende i servizi essenziali (fogna, illuminazione, la vigilanza è stata potenziata da poco). Cosa pensate si debba fare per venir fuori da un quadro desolante?

Sarebbe un momento favorevole per il consorzio Asi di Foggia, l’ampliamento di cui si parla da tempo potrebbe spianare l’arrivo di nuove aziende. Ma continuano a essere erogati pochi servizi. La fibra per le connessioni internet è arrivata, ma ancora depotenziata: dovrebbe viaggiare a mille, invece arriviamo a cento ed è un grosso limite per tutte le aziende. Non c’è ancora la fornitura del gas: quando ci viene detto che per avere l’allaccio dobbiamo fare noi un investimento sulla rete, la ritengo una risposta folle. Le normative per la costruzione di nuove infrastrutture nella zona industriale sono obsolete, sussistono una serie di richieste e rimandi senza senso. Nella zona industriale se uno vuole fare qualcosa, bisogna che glielo lascino fare, o quantomeno va trovato il modo affinché si trovi la soluzione, tecnica e normativa, per farglielo fare. A volte abbiamo la sensazione che si punti a bloccare l’iniziativa, piuttosto che incentivarla: è così che si pensa di attrarre nuovi investimenti? Noi siamo tra i pochi pazzi che hanno continuato a investire su nuovi progetti industriali, investendo milioni di euro negli ultimi anni. Avrei voluto confrontarmi con un sistema in grado di facilitare questi processi, al fine di creare nuova occupazione. Siamo invece ancora molto indietro: abbiamo un sistema di videosorveglianza con le telecamere puntate ma ancora spente, le strade sono un colabrodo. Sarebbe utile collocare all’ingresso dell’area Asi una mappa interattiva che indichi a chiunque arrivi dove sono i lotti industriali, come sono collocate le aziende così come avviene in tutte le aree industriali che si rispettino. Cose banali che non richiedono neanche investimenti mastodontici. Sono queste le cose che chiediamo, parliamo di servizi fondamentali per le imprese. E non è necessario andare a Milano per trovarli, in Campania è così regolarmente. Se è questa è la base, come volete che possa progredire un sistema del genere?

Nella zona industriale non abbiamo internet e videosorveglianza. Le strade sono un colabrodo

Manta Group è diventata una terra promessa per tantissimi giovani, chi ne parla tra i dipendenti sfoggia un senso di appartenenza difficilmente riscontrabile in altre aziende. Lei per primo ha rilanciato l’azienda di famiglia con l’obiettivo di valorizzare i talenti, di dare una possibilità a chi merita, evitando che siano costretti a emigrare. Sono previsti ulteriori piani di espansione occupazionale?

Nelle nostre tre aziende abbiamo con noi 150 persone:  120 lavorano in Mantagroup e TMC a Foggia, 30 alla Avioman con sede a Brindisi. Stiamo pianificando nuovi interventi sul piano industriale, ad oggi se guardo le prossime scadenze a breve e medio termine non vediamo incrementi sostanziali nell’occupazione. Se non negli step-up: vogliamo elevare la professionalità di chi lavora con noi, trasformare le persone da operatore a gestore di macchina e da gestore di macchina a controllore di gruppi di macchine. Siamo convinti che possiamo fare più efficienza elevando la competenza dei nostri lavoratori e per me elevare il grado di competenza ha la stessa efficacia di un aumento dell’occupazione perchè significa poter disporre di professionalità spendibili su scala nazionale. I nostri ragazzi devono essere rispettati e rispettabili nel panorama nazionale. 

Durante il Covid avete provato a diversificare puntando sulla produzione di mascherine. Come ricorda quell’esperienza anche alla luce degli scandali poi denunciati da inchieste della magistratura in alcune regioni?

E’ stata un’iniziativa nata dall’esigenza: le cliniche non avevano mascherine e la nostra azienda, essendo considerata strategica come tutte le imprese aeronautiche, rimase in piena attività su disposizione del prefetto mentre TMC chiuse essendo del settore automotive. Siamo partiti con quella riconversione per soddisfare inizialmente un fabbisogno locale, alcune case di cura non avevano adeguate protezioni per il personale sanitario e garantimmo noi una quota di forniture. E’ stata dunque un’iniziativa nata dallo spirito di servizio, non c’era affatto un’idea di business alla base. Poi ci venne presentata una richiesta da parte della Protezione civile, istituimmo una task-force con i ragazzi attraverso la quale il gruppo tirò fuori forti motivazioni aziendali. Un’esperienza, da questo punto di vista, che rifarei. Molte persone sarebbero dovute andare in cassa integrazione, abbiamo messo su un nucleo di ricerca e sviluppo avanzato. Certificammo la prima mascherina in tre settimane, la Protezione civile ci chiese un aiuto per 3-4 mesi. E’ stata una cavalcata stimolante e stressante, dalle distorsioni enormi: siamo partiti da un costo di mascherina non industriale, avendo appena varato una riconversione sul piano economico i ricavi erano appena maggiori dei costi di produzione. Quando abbiamo industrializzato la produzione siamo scesi a un quarto del costo d’uscita, ma il prezzo era ancora troppo alto, almeno una volta e mezza il prezzo di una mascherina cinese. A gennaio 2021 facemmo l’ultima fornitura all’Asl di Foggia, quando poi ci rendemmo conto che non avremmo potuto reggere quei prezzi abbiamo mantenuto in piedi la produzione delle mascherine solo per qualche committente locale che ancora le richiedeva.

Quale impressione ricava da questa esperienza, lavorare in emergenza conviene solo ai furbi? 

 Ritengo una follia che lo Stato spenda capitali pubblici per incentivare una produzione, in questo caso mascherine sanitarie, senza valutare bene i costi sebbene fossimo in uno stato di emergenza qual è quello in cui abbiamo operato. Anche noi abbiamo preso fondi per la riconversione, ma quando si investono fondi pubblici bisognerebbe pensarci due volte specie se si investe su un beneficio teorico di breve termine. Resto dell’idea che se si acquista da un’azienda produttrice italiana a 10 e da un’azienda estera a 4, l’impatto sul valore aggiunto e sul Pil in realtà porterà a un costo effettivo fuori mercato. Non voglio essere keynesiano a tutti i costi invocando l’intervento dello Stato, però qualche riflessione andrebbe fatta. Non punto il dito sulle responsabilità, probabilmente anche l’ente pubblico avrà avuto il suo tornaconto. Dico soltanto che un sistema di questo tipo mi sembra sballato. 

Cosa consiglierebbe a un giovane che dopo il diploma, o la laurea, non sapesse da dove cominciare? Lei in fondo ha girato il mondo per studio e lavoro, ma c’era la fabbrica di papà a fare da scudo, oggi rilanciata alla grande. E chi non avesse alcun aiuto?

L’unico consiglio che mi sento di poter dare è vivere l’esperienza, andare fuori dal proprio recinto, prendere gli schiaffi. I nostri ragazzi custodiscono ancora il concetto di comfort, assicurato dalle famiglie, che non invoglia a rischiare. Credo che i ragazzi debbano andarsene, vivere le esperienze. Il muscolo da allenare di più tra le giovani generazioni si chiama resilienza. I giovani sono curiosi, ma la curiosità si esaurisce subito se non si va al fondo delle cose, solo così i risultati arrivano. All’esercizio dell’80/20 sono buoni tutti, dove 20 è lo sforzo, 80 il risultato. La qualità però si fa nell’ultimo miglio. I vecchi dicevano: “‘a coda è a peggio scurciat” (la coda è la più malandata), questo perchè il livello di dettaglio è complicato. Ma è lì che fai la qualità. L’80/20 lasciamolo fare a chi lavora per la massa, per il low-cost, per il mercato basso. I giovani devono puntare all’eccellenza, per fare ciò bisogna apprendere cose nuove, andar fuori, allenarsi alla resilienza.  Anche le porte chiuse se è il caso: poco male, se per avere un obiettivo e voglia di riuscire bisogna rialzarsi e insistere. Perchè poi nel lungo termine quel muscolo porterà al risultato e anche ad apprezzare sé stessi. 

A Foggia si cambia rotta: il nuovo sindaco si è insediato a ottobre, la nuova governance della Camera di commercio appena qualche settimana fa. Se dovesse assegnare un punteggio, da 1 a 10, sulla fiducia che lei personalmente ripone su questi mutamenti che voto darebbe?  

La politica dovrebbe creare lavoro e favorire gli investimenti. Il resto sono fantasie

Non conosco i nuovi componenti di giunta del Comune e nemmeno la sindaca. Mi permetto però una provocazione: in questi dieci anni, da quando sono rientrato in Italia, ho sentito parlare di cultura d’impresa in tutte le salse. Noi ogni anno sponsorizziamo numerose iniziative. Io credo che un’amministrazione pubblica debba avere la sua stella cometa, un obiettivo di fondo da perseguire in un territorio come questo. E qui a mio avviso gli obiettivi prioritari dovrebbero essere due: creazione di posti di lavoro e le condizioni per un ambiente sano che incoraggi nuovi investimenti. Tutto il resto sono fantasie. Quando diciamo che a Foggia si vive male perchè, ad esempio, si parcheggia in doppia fila o si passa con il rosso al semaforo, sono rimproveri legittimi in presenza di un benessere diffuso. Non dico che non bisogna redarguire chi si rende responsabile di certi comportamenti. Ma qui i problemi sono altri e corriamo invece il rischio di delegittimare la nostra realtà puntando il dito su certi diffusi mali senza andare a fondo del problema. Un’amministrazione dovrebbe invece contestualizzare la situazione e domandarsi di cosa ha davvero bisogno questa città? Posti di lavoro. E come si creano nuove opportunità? Supportando gli insediamenti industriali, spalancando le porte a chi vuol investire.

Non tocca solo al Comune farsi carico del dramma occupazionale, specie dei giovani. E c’è ancora un forte deficit sulla formazione. Da dove si comincia?

Il Comune dovrebbe mettersi alla testa di un processo che permetta, nei modi e nei termini più appropriati, di combattere e contribuire a instaurare comportamenti che contrastino l’illegalità diffusa, la “mala gestio” di certe pratiche aziendali come quella di cui ci siamo scandalizzati dopo quanto accaduto a Latina, con il bracciante indiano brutalizzato dal suo datore di lavoro. Problemi che sappiamo essere ben presenti anche nel nostro territorio, ma cosa si fa per la prevenzione? Viene piuttosto combattuta l’intraprendenza. Non ho visto ancora da parte dell’amministrazione comunale un segnale che promuova un messaggio di legalità e di attenzione verso il sistema d’impresa e di quanti vi lavorano. Forse è ancora troppo presto. Ma è quello che auspico per il futuro di questa provincia. Credo anche che non si possa pensare di vivere solo di turismo in questa provincia, sarebbe una follia. Qui bisogna creare posti di lavoro dodici mesi all’anno, con uno stipendio dignitoso che consenta alle famiglie di vivere serenamente: 900-1000 euro al mese non sono uno stipendio dignitoso. Bisogna fare in modo che le persone guadagnino dignitosamente e diventino professionali, solo questo porterà le persone a conquistare soddisfazioni personali ed a sentirsi appagati. E’ in questo scenario che può nascere e svilupparsi un ecosistema in cui la gente progredisca e ravvisi il gusto di vivere, in questo modo sì che si avrebbero tante più persone impegnate attivamente per la crescita del territorio in cui viviamo. Sarebbe bello riscoprire anche un meccanismo di orgoglio territoriale che in questi anni invece è stato soffocato dal sottosviluppo, dal piangersi addosso. Finché non realizzeremo occasioni di lavoro a sufficienza, potremo fare tutti gli sforzi di questo mondo. Finché non creeremo un ambiente frizzante per l’imprenditoria, non serviranno a nulla i buoni propositi. 

Questo ciclo di interviste si pone proprio questo scopo: aprire alla discussione, fornire consigli e suggerimenti agli stakeholder del territorio, aprirli all’ascolto cosa non sempre avvenuta in passato. 

Per me ascoltare è stato un passaggio fondamentale per la mia attività. Cerco in tal senso di dare il mio contributo, spero lo facciano anche i nostri amministratori in termini di ascolto e di confronto. Altrimenti rischiamo di fare gli stessi errori del passato, l’errore in cui non dobbiamo cadere è abbandonarsi al fiume in piena anche se in piena non è. E comunque dovremmo imparare dai salmoni che il fiume lo risalgono. 

Seguici anche su Instagram – Clicca qui

Ricevi gratuitamente le notizie sul tuo Messenger di Facebook. Ecco come



 

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Informativa sui diritti di autore

La legge sul diritto d’autore art. 70 consente l’utilizzazione libera del materiale laddove ricorrano determinate condizioni:  la citazione o riproduzione di brani o parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi qualora siano effettuati per uso di critica, discussione, insegnamento o ricerca scientifica entro i limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera citata o riprodotta.

Vuoi richiedere la rimozione dell’articolo?

Clicca qui

 

 

 

Per richiedere la rimozione dell’articolo clicca qui

La rete #dessonews è un aggregatore di news e replica gli articoli senza fini di lucro ma con finalità di critica, discussione od insegnamento,

come previsto dall’art. 70 legge sul diritto d’autore e art. 41 della costituzione Italiana. Al termine di ciascun articolo è indicata la provenienza dell’articolo.

Il presente sito contiene link ad altri siti Internet, che non sono sotto il controllo di #adessonews; la pubblicazione dei suddetti link sul presente sito non comporta l’approvazione o l’avallo da parte di #adessonews dei relativi siti e dei loro contenuti; né implica alcuna forma di garanzia da parte di quest’ultima.

L’utente, quindi, riconosce che #adessonews non è responsabile, a titolo meramente esemplificativo, della veridicità, correttezza, completezza, del rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e/o industriale, della legalità e/o di alcun altro aspetto dei suddetti siti Internet, né risponde della loro eventuale contrarietà all’ordine pubblico, al buon costume e/o comunque alla morale. #adessonews, pertanto, non si assume alcuna responsabilità per i link ad altri siti Internet e/o per i contenuti presenti sul sito e/o nei suddetti siti.

Per richiedere la rimozione dell’articolo clicca qui