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Riceviamo e pubblichiamo in anteprima un articolo di Mario Sabato – Financial & International Consultant – sul funzionamento dei mercati finanziari nei paesi islamici che sarà pubblicato sul prossimo numero di “Leasing Time Magazine”, il mensile di economia e finanza diretto da Gianfranco Antognoli.

Nonostante la finanza islamica non riconosca interessi, si segnala un crescente interesse da parte di talune aziende italiane del segmento corporate e large corporate ad usufruire dei prodotti di tale finanza ancorché non offerti direttamente  in Italia se non per il tramite di poche e grandi banche locali con un Servizio Estero  ben attrezzato, che a loro volta, ricorrono al riguardo e sempre più spesso, alla collaborazione specifica di banche geograficamente ‘vicine’ e cioè in UK, Germania, Francia, Malta o nel Golfo Arabo piuttosto che ‘lontane’ tipo in Indonesia, Malesia: ma di cosa si tratta???

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Una premessa è d’obbligo: la finanza islamica è l’insieme di istituti giuridici, strumenti finanziari ed imprese, corrispondenti alle regole ed alle  tradizioni della cosiddetta Shari’ah, la legge islamica. Tale finanza che è di fatto sempre esistita, si fonda su principi che indicano cosa non  fare, piuttosto che viceversa, in pratica tutto è lecito purché non sia espressamente vietato.

Questo concetto, che è anni luce diverso da quello applicato dalle banche convenzionali world wide quindi anche in Italia, sta attirando l‘attenzione di imprenditori alla ricerca di nuove soluzioni finanziarie ai bisogni aziendali emergenti; tra l’altro i mercati finanziari le richiedono, i Fondi di investimento aumentano ed i clienti si appassionano e questo sta accadendo non solo nei Paesi arabi.

Prodotti di finanza islamica offerti dalle banche che operano in Paesi con normativa non solo finanziaria, ben  diversa dall’Italia:

  • Non profit accounts che raccolgono somme di denaro utilizzabili in ogni momento, senza alcun preavviso e che garantiscono il capitale al cliente;
  • Profit sharing investment accounts che consentono investimenti ed il cui depositante non beneficia della protezione del valore del saldo c/c. Tale conto puo’ attrarre una remunerazione che deriva dalla partecipazione agli utili/perdite della banca secondo accordi.

 Il cliente in questo caso assume un ruolo di investitore tipico di un fondo comune o di azionista senza diritto di voto piuttosto che di depositante tradizionale.

Circa gli impieghi troviamo svariati prodotti che si differenziano in base al livello di partecipazione al rischio tra il cliente finanziato ed il finanziatore. I principali contratti di Profit-loss sharing sono:

  • Mudaraba cioè un contratto di partnership tra un soggetto che alloca il capitale di rischio ed un altro soggetto che provvede invece alla gestione di un progetto concordato pienamente tra le parti interessate. In questo caso i profitti saranno ripartiti secondo degli accordi specifici e le eventuali perdite saranno a carico del solo soggetto che ha apportato   il capitale.
  • Musharaka ovvero una partnership finalizzata alla realizzazione di un’attività, dove entrambi i soci, l’istituzione finanziaria  ed il cliente gestore dell’iniziativa e prenditore dei fondi, apportano il capitale di rischio, con profitti e perdite dell’iniziativa finanziata divisi in base agli accordi tra le parti.
  • Svariate tecniche di finanziamento che non si basano su un vero e proprio contratto bancario di suddivisione degli utili e delle perdite dell’operazione finanziata e che utilizzano soluzioni tecniche contrattuali chiamate Murabaha (scambio) od anche di trasferimento dell’usufrutto di un bene chiamata  Ljara, paragonabile a volte al nostro contratto di Leasing operativo, il tutto con costi e remunerazioni chiare e definite.  

Vale la pena ricordare che la finanza che ci occupa ha aspetti e principi  peculiari che necessitano per il responsabile finanziario dell’azienda interessata,  di una cultura finanziaria ad hoc, la quale permette potenzialità inaspettate se paragonate a quelle offerte dalle banche convenzionali.

In breve ed a seguire alcuni aspetti peculiari di tale finanza:

  • trasparenza, responsabilità sociale e contenimento della speculazione;
  • stretto legame con l’economia reale in quanto ogni operazione deve necessariamente avere dei sottostanti reali affinché la transazione possa definirsi in linea con al legge della Shari’ah. In pratica la merce sottostante ad una operazione bancaria secondo tale finanza deve essere acquistata o venduta da una delle controparti, escludendo il finanziamento dell’acquisto perché di proprietà e quindi già disponibile alla vendita;
  • La segregazione degli asset cosiddetti Islamici da quelli convenzionali;
  • La presenza di un legame molto forte tra gli strumenti dell’attivo con quelli del passivo che consente di far coincidere la finalità della raccolta fondi con quella dell’impiego degli stessi;
  • L’applicazione per alcuni strumenti di finanza, dello schema di partnership con la partecipazione alle perdite od agli utili derivanti dal progetto finanziato (loss & profit sharing) e di conseguenza alla condivisione dei rischi sottostanti.

Per le banche che utilizzano tale finanza, la necessità di dotarsi di un Board parallelo, in carica solo per valutare e deliberare le operazioni sottoposte come conformi o meno alla Shari’ah.

Fin qui si sono analizzati gli aspetti peculiari della finanza Islamica ma in aggiunta ad essi elenchiamo a seguire i principi giuridico-religiosi, che rendono tale finanza immune dalla tossicità che abbiamo purtroppo sperimentato in passato, specie in USA,  per la finanza convenzionale.

  • Masir = divieto di speculazione;
  • Gharar = divieto di stipulare contratti che prevedano irragionevole incertezza od addirittura ambiguità dell’operazione;
  • Riba = divieto assoluto di pagare interessi legati al fattore temporale, quale esito  di una rendita finanziaria non correlata ad attività reale con correlato rischio. 

Per concludere vorrei chiarire la distinzione tra capitali arabi e finanza islamica, dove con il primo termine si identificano genericamente i fondi provenienti dai Paesi arabi e con il secondo, come già accennato in precedenza, il complesso dei contratti finanziari, pratiche transazioni conformi alla legge islamica.

 

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