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Se i cittadini e le cittadine si chiedono perché si pagano le tasse, è tempo di dare delle risposte concrete: ad esempio, fatturando i costi dei servizi pubblici offerti. La lotta all’evasione fiscale passa (anche) dall’educazione civica per il direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini

Emettere una fattura con i costi della sanità o dell’istruzione pubblica a chi ne usufruisce è una buona strada per dare risposte tangibili a chi si chiede perché si pagano le tasse?

È questa la proposta che arriva dal direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernestro Maria Ruffini, durante l’audizione del 24 luglio scorso presso la Commissione parlamentare di vigilanza sull’Anagrafe tributaria.

(Anche) dall’educazione civica passa la lotta all’evasione fiscale.

Il tax gap, la differenza tra gettito teorico e gettito effettivo, per il triennio 2018-2020 ha raggiunto la cifra di circa 96,3 miliardi di euro e, senza dubbio, le misure di contrasto devono essere capillari e seguire più linee direttive.

Perché si pagano le tasse? Fatturare i costi dei servizi pubblici per sciogliere i dubbi: la proposta di Ruffini

È culturale, quindi, ma anche estremamente concreta l’azione da mettere in campo per convincere i cittadini e le cittadine a versare le imposte, secondo il numero uno dell’Agenzia delle Entrate.

“Non è vero che le tasse si pagano a fronte di nessun servizio” e già nel cassetto fiscale di ogni contribuente è disponibile una panoramica dell’utilizzo delle somme versate.


Ma, con un intervento del Legislatore, si potrebbero mettere in campo azioni di comunicazione ancora più dirette.

Ruffini, ipotizza, “una fattura per i servizi resi (nell’ambito del Sistema Sanitario Nazionale), del costo: quanto sono costati quei servizi, quanto ti è costata la sala operatoria, l’anestesista, il chirurgo, le medicine, con il dettaglio di “quanto paghi ti è stato pagato con le tasse che hai versato”.

Allo stesso modo potrebbe essere consegnata una fattura, insieme alle pagelle, ai ragazzi e alle ragazze che concludono l’anno scolastico:

“Questa è la pagella e questo è quanto è costato il servizio di istruzione pubblica e questo servizio di istruzione pubblica ti è stato pagato con le tasse che i tuoi genitori hanno versato, quando torni a casa ringraziali”, ipotizza Ruffini.

“Non penso e non dirò mai che le tasse sono una cosa bellissima, sono bellissime le libere donazioni non i prelievi imposti per legge”, dichiarava a marzo 2024 la premier Giorgia Meloni interpretando il pensiero di molti italiani e molte italiane.

Ma l’operazione di trasparenza, con una traccia costante dei benefici che derivano dai versamenti, potrebbe essere una buona strada per ribaltare il punto di vista dei cittadini e delle cittadine, e non solo, dimostrando che non si tratta di un prelievo di denaro da parte dello Stato, entità estranea e astratta, ma di quel contributo al funzionamento dello Stato previsto dalla Costituzione, che si traduce anche in un investimento sui servizi di cui si potrà beneficiare: dalla Sanità all’Istruzione. D’altronde è proprio da prospettive nuove che nascono le rivoluzioni culturali.

 

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