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Il Sud è condannato a essere in coda in tutti gli indicatori se manca una visione integrata della politica industriale e non solo. Ecco perché le misure in arrivo devono avere un ancoraggio preciso a un disegno chiaro. È il messaggio che, tra le altre cose, arriva da Siracusa dove si è svolto il convegno, organizzato dalla Piccola industria di Confindustria Sicilia di cui è presidente Sebastiano Bongiovanni, dedicato proprio alla questione meridionale oggi nel contesto europeo. Da un lato l’analisi degli economisti, dall’altro il punto di vista degli imprenditori. In mezzo, se così si può dire, la politica in questo caso rappresentata dall’assessore regionale alle Attività produttive Edy Tamajo.

Ed è stata un’occasione per fare il punto, in un quadro certo più generale, sulle misure che il governo ha avviato e che riguardano proprio il Mezzogiorno: la Zes unica, per esempio, e la gestione dei Fondi europei. Il Mezzogiorno, sembra di capire, è un’area con parecchie criticità ma non marginale. Lo dice con chiarezza Alessandro Albanese, presidente di Confindustria Sicilia: «La questione meridionale è una questione culturale. Un territorio istruito è un territorio che ha margini di crescita e il sud è strategico per la produzione manifatturiera italiana – dice Albanese –. I numeri ci dicono che la raffinazione per il 68% è al sud, l’automotive per il 50% è al sud , i veicoli leggeri 100% al sud, per il 50% le estrazioni, le produzioni alimentari, la Produzione energetica da fonte fossile. Dunque una Sicilia strategica per l’Italia». E quindi? Sul tavolo un ritaglio del Corriere della Sera del 1972, messo lì da Bongiovanni. Titolo: “Il divario tra Nord e Sud verrà colmato solo nel 2020”. Siamo nel 2023 e Luca Bianchi, direttore della Svimez, parla ancora di doppio divario e resta aperto il tema della migrazione da Sud verso Nord. «Migrazione – ha spiegato Bianchi – che riguarda soprattutto la fascia molto scolarizzata: il 36% degli emigrati dalla Sicilia nel 2021 sono laureati». Un chiaro riferimento alle opportunità, con riferimento alla Sicilia certo, dove è evidente la distonia tra investimenti formativi e la domanda di lavoro su smart specialization.

Ma al di là di tutto il dibattito ha riportato l’attenzione alle misure del governo e volute dal ministro Fitto. In particolare le Zes: «L’idea di una Zona unica è positiva – ha detto in apertura Bongiovanni – ma va mantenuto l’ancoraggio dell’attuale strategia industriale di sviluppo. È imprescindibile assicurare continuità agli strumenti di incentivazione e semplificazione esistenti. Sul sistema Zes è opportuno un coinvolgimento più attivo e stabile degli attori economici e sociali, sia nella Cabina di regia che nella Struttura di missione. Confindustria non farà mancare il proprio contributo». E sulla questione è stato ancora più chiaro Vito Grassi, vice presidente Confindustria e Presidente del Consiglio delle Rappresentanze regionali e per le Politiche di coesione territoriale di Confindustria: «“Una valutazione nel complesso positiva su un provvedimento che ha l’indubbio merito di riavviare il dibattito sullo sviluppo del Mezzogiorno e definire un quadro composito di misure per il rilancio dell’economia meridionale facendo perno sulle aree Zes e Zls (zone logistiche semplificate) – ha detto –. È decisivo spendere bene i fondi, che oggi non mancano, perché lo sviluppo del Sud è necessario per una crescita robusta dell’Italia e per una convergenza verso l’Europa». Sottolineando però la necessità di una presenza dei rappresentanti degli industriali nelle strutture di governance delle Zes: «Chiederemo di entrare nelle strutture di missione e nella cabina di regia per quyel che concerne il Fondo sviluppo e coesione. Intanto va detto che non c’è più la cifra né ci sono le percentuali di incentivazione: sono tutti fondi da trovare. Vedremo cosa si concretizzerà nella legge» ha detto ancora. Per quanto riguarda i Fondi di sviluppo e coesione, Grassi ha dato un giudizio positivo, ribadendo in fondo quanto ha illustrato nel corso dell’audizione parlamentare che si è svolta nei giorni scorsi, ma «vedere i Fondi sviluppo e coesione solo a supporto del Pnrr sarebbe sbagliato. È essenziale che il FSC diventi realmente uno strumento di sostegno agli investimenti».

Punto di vista un po’ diverso sulla questione Zes dell’assessore Tamajo: «Questa Zes unica di cui si parla: vorrei comprendere se è un tentativo di accentramento; legata esclusivamente ad un obiettivo politico nazionale o una vera e propria occasione per il sud Italia – dice –. La ipotetica pericolosità di accentrare a Roma questo sistema, può comportare il rischio di un’immobilismo economico. Mi auguro che le regioni e le amministrazioni locali possano svolgere il loro importante ruolo rispetto a questo stravolgimento delle Zes. Accentrare le zone economiche speciali con una unica cabina di regia, può essere pericoloso per le imprese siciliane e lo sviluppo della Sicilia. Ma sono convinto che il governo romano saprà dare risposte concrete alla nostra Isola e al Meridione».

 

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