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”Cultura: dai bandi alle singole convenzioni, ecco cosa cambierebbe”

L’assessore Antoniozzi parla della nuova visione della politica culturale

VITERBO – Mezzo milione di euro investiti quest’anno dal Comune nella cultura, l’intenzione di sostituire il metodo dei bandi con le convenzioni e poi i lavori per la presentazione di Viterbo Capitale della cultura europea 2033 e il progetto per il Centro di produzione teatrale. Il vicesindaco e assessore alla cultura, Alfonso Antoniozzi, parla della nuova visione della politica culturale.

 

”Per il mio personale punto di vista cultura – dice – è tutto quanto non si limiti al mero intrattenimento e si sforzi di prendersi cura della crescita individuale dell’essere umano come singolo e della società come corpo collettivo, dunque gli eventi per me più significativi sono quelli che remano in questa direzione, che suggeriscono una chiave di lettura della nostra vita e della nostra società diversa da quella che pensiamo di avere in tasca, che ci mettono in contatto con le altrui esperienze di vita, che ci stimolano, che ci pungolano, magari persino che ci indignano ma che non ci lasciano né indifferenti né tantomeno accontentati” .

Ma quanto investe in cultura il Comune di Viterbo?

”Non posso dare una cifra precisa perché varia di anno in anno a seconda delle disponibilità del bilancio dell’Ente. Nell’anno corrente, se togliamo dal computo il sostegno alle feste patronali , le spese per la Macchina di Santa Rosa e il contributo al Consorzio Biblioteche (che sono, di fatto, spese ricorrenti e che pure vanno ascritte nel bilancio del settore), tra stagioni teatrali invernale ed estiva, fondi del bando cultura, eventi in convenzione, sostegni diretti e indiretti alle iniziative superiamo tranquillamente il mezzo milione di euro. Giova ricordare sempre che ogni euro investito in cultura, come una veloce ricerca in rete potrà confermarle, è bene investito. Per farle un esempio: il solo Festival Barocco Stradella, che pure può essere considerato un evento di nicchia, ha avuto una ricaduta economica verso artisti, professionisti, servizi e aziende viterbesi di poco meno di 58.000 euro a fronte di un investimento di 22.500 euro da parte dell’Amministrazione”.

Antoniozzi vorrebbe indirizzare la politica fuori dal confini cittadini

”Mi piacerebbe – dice – ci fosse da parte di ciascuno di noi, me compreso, ogni giorno, la consapevole presa di coscienza del fatto che la soglia di porta Faul non segna i confini del mondo”.

L’intento dell’assessore è quello di puntare su alcuni qualificati piuttosto che distribuire a pioggia i fondi. Da qui l’intenzione di passare dal bando per la cultura alle singole convenzioni.

”Questa decisione – spiega – consentirebbe alle realtà in crescita, come pure a quelle realtà già adulte ma le cui disponibilità economiche e, per conseguenza, le cui capacità di programmazione sono in sofferenza perché in attesa, ogni anno, delle decisioni e dei tempi a volte biblici dei meccanismi amministrativi, di avere la certezza di un gruzzolo su cui contare e grazie al quale poter cominciare a immaginare una programmazione triennale e lungimirante.

Il nostro regolamento è al momento particolarmente stringente: chiede dieci anni di presenza sul territorio e almeno trentamila euro di investimento sull’evento per cui si chiede di essere messi in convenzione.

Se il consiglio comunale sarà dell’opinione, mi piacerebbe allargarne un poco le maglie ovviamente immaginando una forma di contributo meno importante di quello riservato a chi, al momento, ottempera alle attuali condizioni regolamentari e altrettanto ovviamente subordinando la scelta dei destinatari degli eventuali contributi a una procedura di evidenza pubblica”.

Riguardo ai lavori per la candidatura di Viterbo a Capitale europea della Cultura 2033, Antoniozzi rivela che: ”il processo, che è ancora in culla, è esso stesso motore che rema verso una direzione internazionale. Già oggi esistono sul territorio realtà culturali che interagiscono in maniera fruttuosa con altrettante realtà europee. Un nome per tutti? Quartieri dell’Arte. Non si deve però pensare che per aggiudicarsi il titolo bisogni dimostrare di essere una realtà che abbia già una dimensione internazionale, altrimenti Berlino sarebbe capitale europea della cultura a vita. L’istituzione premia invece il progetto più valido che remi verso questa direzione, e che lo faccia applicando una metodologia che metta in rete tutti gli agenti del territorio sia culturali che imprenditoriali che politici. E’ un progetto a tutto campo che non può, anzi non deve, essere gestito direttamente dall’Amministrazione ma da un soggetto terzo massimamente partecipato in cui l’Amministrazione dovrà certamente far la sua parte. Stiamo lavorando alla costituzione di questo soggetto”.

Il progetto che invece non decolla è il Centro di produzione teatrale.

”Si va avanti – dice Antoniozzi – a piccolissimi passi, restando in attesa di un cenno di vita da parte delle realtà imprenditoriali che pure già collaborano alla vita culturale della città. Mi auguro che credano nelle potenzialità del teatro Unione come moltiplicatore di cultura e di economia così come accade in ogni città che abbia avuto il coraggio di rendere il proprio teatro un centro produttivo”.



 

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