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In materia di transfer pricing l’Amministrazione Finanziaria deve fornire la prova della transazione a un tasso inferiore a quello normale. Spetta, invece, alla società contribuente fornire la prova contraria, dimostrando che la gratuità del finanziamento è dipeso da ragioni commerciali interne al gruppo, connesse al ruolo assunto dalla controllante a sostegno delle consociate.

Lo ha chiarito la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia nella sentenza 6.05.2024, n. 1291. Nel caso esaminato, con riferimento al periodo d’imposta 2016, l’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti di 2 società un avviso di accertamento con il quale, in applicazione della disciplina sui prezzi di trasferimento (ex art. 110, c. 7 del Tuir), venivano recuperati a tassazione ricavi non dichiarati dalle società a titolo di interessi maturati su crediti corrisposti alle società collegate, aventi sede in Belgio e in Lussemburgo.

In particolare, il Fisco non riconosceva la pattuizione di tassi di interesse pari a zero o in base ai tassi Euribor a 12 mesi ridotti dello 0,5 e individuava per i finanziamenti un tasso pari al 2,46% riportandosi al bollettino statistico della Banca d’Italia e al 5,32% per i prestiti obbligazionari. Al riguardo, nel richiamare i principi espressi dalla Cassazione (sent. nn. 13850/2021, 27636/2021; 998/2024) e della Corte di Giustizia Europea (Cgue 24.02.2022, causa C-257/20), il collegio d’appello ha osservato che, in caso di finanziamento infragruppo erogato dalla società controllante a una società veicolo estera, l’Amministrazione Finanziaria deve fornire la prova della transazione a un tasso di interesse inferiore a quello normale, quantificato in base al tasso di interesse di mercato.

Dall’altro lato, il contribuente può fornire la prova contraria, dimostrando l’aderenza del tasso d’interesse applicato a quello di mercato e che la natura infruttifera del finanziamento è dipesa da “ragioni commerciali” interne al gruppo. In coerenza con quanto sopra, nel caso in esame le ragioni commerciali a giustificazione dei tassi pattuiti sono state individuate in diversi elementi, tra i quali:

  • perdite reiterate delle controllate (e la conseguente riduzione del patrimonio netto delle stesse e crescita del fabbisogno finanziario stante le difficoltà ad accedere al credito bancario);
  • assoggettamento del gruppo a un piano di ristrutturazione del debito (ex art. 67 L.F.) con postergazione dei finanziamenti dei soci;
  • assenza di merito creditizio delle controllate estere.

Per completezza si ricorda che la fruttuosità (obbligata) dei finanziamenti infragruppo sulla base del valore normale rappresenta una delle questioni maggiormente controverse ormai da tempo, tanto è vero che a Cassazione non ha ancora assunto un orientamento univoco in materia. A titolo esemplificativo, secondo la sentenza n. 15005/2015, i finanziamenti infruttiferi non dovrebbero rientrare nell’ambito applicativo transfer pricing (in senso analogo: Cass. nn. 27087/2014 e 7361/2024).

Con successiva sentenza (7493/2016), la Cassazione ha deciso in modo diametralmente opposto, riconoscendo la rilevanza fiscale dei finanziamenti infruttiferi ai fini della corretta determinazione dei prezzi di trasferimento infragruppo (si vedano anche Cass. nn. 27636/2021 e 13850/2021).

 

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