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Tagli alle agevolazioni fiscali per finanziare, almeno in parte, la legge di Bilancio. Il conto della manovra, a legislazione invariata, vale già 20 miliardi di euro. Ma se le poste da finanziare sono già fissate (15 miliardi per confermare la riduzione del cuneo fiscale e per abbassare l’Irpef in favore del ceto medio, più altre misure, tra cui il rinnovo degli statali) molto meno chiaro è il versante delle coperture. È vero che il gettito fiscale sta andando bene, ma reperire risorse, considerato tra l’altro che l’Europa non consentirà operazioni in deficit, non è semplice.

Così il governo mette nel mirino le tax expenditures, vale a dire l’enorme pacchetto di agevolazioni fiscali (detrazioni, deduzioni e bonus di varia natura) attraverso le quali i contribuenti riducono, in sede di dichiarazione dei redditi, le imposte da pagare. Questa giungla di norme (sono oltre 600) vale circa 80 miliardi e palazzo Chigi, preoccupato per la dinamica di spesa (c’è stata una proliferazione di norme del 50 per cento negli ultimi 10 anni) punta ad un taglio.

Di quanto? Circa 3 miliardi. Non di più, anche perché tra pensioni, lavoro e sanità oltre l’80 per cento delle tax expenditure è intoccabile, a meno di non voler scatenare una rivolta sociale. Tuttavia sono molte le voci che, dal mutuo scuola dei figli delle famiglie più ricche all’abbonamento ai mezzi pubblici passando per le spese veterinarie sono molte le spese che potrebbero subire un taglio. A rischio anche le agevolazioni energetiche su autotrasporto, mentre, ovviamente, i contributi ai partiti non correrebbero alcun rischio. Un tradizionale totem inviolabile in parlamento che scatena di frequente vivaci polemiche popolari.

Occorre ricordare che già nella scorsa legge di Bilancio il governo ha ridotto le agevolazioni fiscali operando un giro di vite su coloro che guadagnano più di 50 mila euro lordi all’anno (parliamo di chi ha uno stipendio di circa 2.700 euro netti al mese) ai quali sono stati tolti 260 euro forfettari. L’ipotesi allo studio prevede di inasprire la misura su questa platea. Una operazione che avrebbe effetti peggiorativi sul ceti medio (lo stesso al quale, con l’altra mano, si pensa di ridurre l’Irpef).

Già da quest’anno è infatti stato stabilito i bonus ridotti sono tutti quelli che garantiscono una detrazione del 19% della spesa sostenuta, ad esempio, sugli interessi pagati per i mutui ipotecari per l’acquisto dell’abitazione principale; sulle spese di istruzione scolastica, comprese quelle per i corsi di laurea; sui i canoni di locazione per studenti fuori sede; sull’attività sportiva dei figli; sull’abbonamento ai mezzi pubblici; sulle spese per studenti con DSA; sulla assistenza personale per i non autosufficienti; sui premi pagati per l’assicurazione contro il rischio morte o invalidità; sulle spese veterinarie e su quelle funebri. Nella pratica questo significa che visto che i 260 euro di taglio sono il 19% della spesa che deriva complessivamente dalle voci che abbiamo appena visto, lo Stato elimina ben 1.368 euro di spese detraibili sostenute dal 2024.

Fortunatamente il governo ha «salvato» dalla scure alcune spese che continuano a poter esser detratte interamente nella dichiarazione dei redditi che verrà presentata nel 2025 sui redditi 2024. Ad esempio: le spese mediche; le spese sostenute per l’integrazione e l’autosufficienza dei disabili; l’acquisto di auto per disabili; le polizze assicurative per eventi calamitosi sostenute in caso di cessione del credito per interventi relativi al Sismabonus. Ma ora queste voci potrebbero essere messe a dieta. O addirittura cancellate.

 

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