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(AGENPARL) – Roma, 28 Luglio 2024

(AGENPARL) – dom 28 luglio 2024 Reg.Dec.
REPUBBLICA ITALIANA
N. 1746
Reg.Ric.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato
la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 1746 del 1992, proposto dal Ministero per i Beni
culturali ed ambientali, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e
difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è
domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12,
contro
la società Pisagua Immobiliare, in persona del legale rappresentante pro
tempore, non costituitosi in giudizio,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sez. II
bis, 20 settembre 1991, n. 1395, e per la reiezione del ricorso di primo grado
n. 2397 del 1988;
Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;
Vista l’ordinanza della Sezione del 27 novembre 1992, con cui è
stata sospesa l’esecutività della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 33
della legge 6 dicembre 1971, n. 1034;
Vista la decisione interlocutoria della Sezione, n. 1187 del 2
settembre 1998;
Anno: 1992
1746/1992fd
Vista l’ulteriore documentazione, depositata in esecuzione della
decisione interlocutoria;
Visti gli atti tutti del giudizio;
Data per letta la relazione del Consigliere di Stato Luigi Maruotti
all’udienza del 13 febbraio 2001;
Udito l’avvocato dello Stato Fiorilli per il Ministero per i Beni
culturali ed ambientali;
Considerato in fatto e in diritto quanto segue:
Fatto
1. Con decreto del 23 febbraio 1988, il Ministero per i Beni culturali
ed ambientali ha dichiarato di particolare interesse archeologico un’ampia
area posta nei pressi della via Appia Antica.
Col ricorso di primo grado, proposto al TAR per il Lazio, la società
odierna appellata ha impugnato tale decreto, per la parte con cui il vincolo è
stato imposto sui terreni di sua proprietà.
Il TAR, con la sentenza n. 1394 del 1991, ha accolto il ricorso ed ha
annullato il decreto impugnato, nei limiti indicati in motivazione.
2. Con l’appello in esame, il Ministero per i Beni culturali ed
ambientali ha impugnato la sentenza del TAR ed ha chiesto che, in sua
riforma, il ricorso di primo grado sia respinto.
La Sezione, con l’ordinanza n. 1015 del 1992, ha sospeso
l’esecutività della sentenza, ai sensi dell’articolo 33 della legge 6 dicembre
1971, n. 1034.
Con la decisione interlocutoria n. 1185 del 1998, la Sezione ha
disposto incombenti istruttori.
1746/1992fd
Ministero
successivamente
depositato
ulteriore
documentazione.
La società appellata non si è costituita nella presente fase del
giudizio.
3. All’udienza del 13 febbraio 2001 la causa è stata trattenuta per la
decisione.
Diritto
1. Nel presente giudizio, è controversa la legittimità del decreto di
data 23 febbraio 1988, con cui il Ministro per i Beni culturali ed ambientali
ha dichiarato di particolare interesse archeologico un’ampia area posta nei
pressi della via Appia Antica e, in particolare, i terreni di proprietà della
società odierna appellata.
Con la sentenza impugnata, il TAR per il Lazio ha annullato il
decreto nei limiti del loro interesse, poiché esso sarebbe affetto da eccesso
di potere per insufficiente motivazione e per difetto di istruttoria.
Ad avviso del TAR, per l’imposizione del vincolo archeologico:
– non basta «la mera presunzione di esistenza del deposito
archeologico»;
– occorre il concreto accertamento che il bene rientri nell’ambito
delle categorie della legge 1° giugno 1939, n. 1089 (altrimenti si avrebbe
una limitazione del diritto di proprietà senza indennizzo) e cioè che sia
previamente accertata l’esistenza di reperti archeologici;
– in concreto, non vi è stata alcuna «attività istruttoria di ricognizione
e ricerca di presenze archeologiche», anche in considerazione del fatto che
1746/1992fd
non vi è stato il rinvenimento di reperti archeologici sulle aree degli
appellati e neppure il sopralluogo da parte della Sovrintendenza.
2. Con l’appello in esame, il Ministero per i Beni culturali ed
ambientali ha dedotto che:
a) la legge n. 1089 del 1939 consente di imporre il vincolo
archeologico «in funzione meramente conservatrice» «dei resti archeologici
ancora nascosti, la cui esistenza in sito è altrimenti conosciuta sulla base di
fonti storiche e documentali»;
b) nella specie, il vincolo è stato imposto sulle fasce laterali al
tracciato della via Appia Antica, la cui importanza storica, quale
fondamentale via consolare, è stata testimoniata sin dall’epoca di Tito Livio
e da tutti gli scrittori, i disegnatori ed i vedutisti che hanno segnalato la
presenza di reperti archeologici, confermata dal loro continuo rinvenimento,
documentato dal XVI secolo;
c) l’Amministrazione può imporre il vincolo su un’area considerata
unitariamente per il suo obiettivo carattere archeologico, senza la necessità
di verificare se i singoli terreni nascondano reperti archeologici.
3. Ritiene la Sezione che tali censure siano fondate e vadano accolte.
Va premesso che, per la giurisprudenza di questo Consiglio, il
provvedimento di imposizione del vincolo archeologico, ai sensi della legge
1° giugno 1939, n. 1089, costituisce espressione di valutazioni tecnicodiscrezionali, sindacabili sotto il profilo della congruità e della logicità della
motivazione (Sez. VI, 15 novembre 1999, n. 1811; Sez. VI, 20 ottobre 1998,
n. 1398; Sez. VI, 19 luglio 1996, n. 950; Sez. VI, 19 settembre 1992, n. 674;
Sez. VI, 26 settembre 1991, n. 596).
1746/1992fd
Per salvaguardare l’integrità, il decoro e il godimento del complesso
archeologico
consentire
ricerche
adhuc
integra,
l’Amministrazione può sottoporre al vincolo un’ampia area, considerata
come parco o complesso archeologico, dove vi sono stati i più antichi
insediamenti o sono stati rinvenuti reperti (Cons. giust. Amm., 29 dicembre
1997, n. 579; Sez. VI, 11 ottobre 1996, n. 1316; Sez. VI, 19 luglio 1996, n.
950; Sez. VI, 26 settembre 1991, n. 596).
In tal caso, per l’imposizione del vincolo non è necessario che siano
stati riportati alla luce tutti i reperti (Cons. giust. Amm., 29 dicembre 1997,
n. 579; Sez. VI, 11 ottobre 1996, n. 1316; Sez. VI, 19 luglio 1996, n. 950;
Sez. VI, 18 novembre 1991, n. 874), bastando che essi siano stati rinvenuti
in alcuni terreni tra quelli vincolati (Sez. VI, 6 ottobre 1999, n. 1309; Sez.
VI, 29 novembre 1985, n. 616).
Dalla motivazione del provvedimento di vincolo, peraltro, devono
emergere le specifiche ragioni che manifestino la razionalità della
valutazione sulla unitarietà della zona di pregio archeologico (Sez. VI, 1°
ottobre 1996, n. 1275).
riguardo,
l’Amministrazione
attribuire
rilievo
determinante a mere ipotesi scientifiche (in quanto la giacenza sotterranea di
reperti va desunta anche da elementi obiettivi e da rinvenimenti: Sez. VI, 13
aprile 1992, n. 261; Sez. VI, 13 aprile 1991, n. 194), ma può motivatamente
rilevare (con una valutazione di per sé insindacabile: Sez. VI, 5 settembre
1989, n. 1194) che i ruderi disseminati su una vasta estensione di terreno (di
epoca storica o preistorica) facciano parte di un complesso inscindibile,
anche rispetto ai probabili assetti viari: oltre alla loro scoperta e
1746/1992fd
valorizzazione in funzione della conoscenza e delle ricerche nei vari settori
scientifici, i beni archeologici possono essere tutelati anche in funzione della
immutabilità o della conservazione dell’unitario contesto ambientale in cui
si trovano (cfr. Cons. giust. Amm., 18 ottobre 1989, n. 400; Sez. VI, 22
dicembre 1983, n. 923).
Ciò premesso, osserva la Sezione che il decreto impugnato in primo
grado non sia affetto dai profili di eccesso di potere, rilevati nella sentenza
impugnata.
Dalla imponente documentazione acquisita nel corso del giudizio,
emerge che il decreto di imposizione del vincolo (con la precedente
proposta di vincolo) ha riguardato il comprensorio dell’Appia Antica e, in
particolare, le fasce laterali all’antico tracciato, al cui interno si trovano i
terreni degli appellati.
Per tale comprensorio, risulta dalle fonti più antiche e da quelle
medievali (abbondantemente studiate nelle più varie discipline) una densa
presenza di insediamenti, dei quali alcuni risultano documentati da
disegnatori e vedutisti e altri sono stati progressivamente posti alla luce, nel
corso del tempo.
Il contestato decreto ministeriale:
– ha diffusamente evidenziato come i due lati della regina viarum
siano caratterizzati da una sequenza ininterrotta di sepolcri, materiali lapidei
e marmorei, di ruderi e strutture antiche appartenenti ad edifici collegati con
la strada;
– ha constatato come tali reperti siano più volte emersi nel corso di
lavori agricoli o di urbanizzazione;
1746/1992fd
– ha concluso nel senso che tutta l’area ivi presa in considerazione
faccia parte di un insieme unico ed inscindibile, costituente un’area
archeologica da salvaguardare.
Ad avviso della Sezione, tali considerazioni risultano razionali e
adeguatamente motivate.
La presenza di reperti archeologici, ancora non portati alla luce,
risulta nella zona non solo dalla letteratura e dagli studi scientifici, ma anche
dal continuo ritrovamento (di per sé non contestato ed incontestabile) di
reperti in occasione di lavori agricoli o di urbanizzazione, cui pure è stato
fatto riferimento nel decreto impugnato.
In considerazione della storia della città di Roma e della particolare
importanza della via Appia, specie in prossimità dell’Urbe, la motivazione
del provvedimento di imposizione del vincolo nella specie si può
considerare sufficiente: il Ministero ha ben potuto richiamare sinteticamente
gli studi ed i ritrovamenti riguardanti il comprensorio dell’Appia Antica,
poiché il suo eccezionale valore archeologico, di mondiale notorietà,
rendeva superflua una motivazione che richiamasse dettagliatamente gli
innumerevoli rinvenimenti dei ruderi e dei reperti.
Non importa, pertanto, che il decreto ministeriale non abbia
analiticamente esposto che nei terreni degli appellati sono stati rinvenuti
reperti (peraltro da considerare esistenti, secondo le acquisite deduzioni
della Sovrintendenza archeologica), poiché le medesime aree vanno
sicuramente considerate parte della unitaria area archeologica sulla base di
elementi quanto mai univoci, e non di mere ipotesi scientifiche.
1746/1992fd
Il provvedimento impugnato in primo grado va pertanto considerato
adeguatamente motivato e basato su una specifica istruttoria.
Infine, non possono considerarsi pertinenti le osservazioni della
società appellata, condivise dalla sentenza impugnata, sulle limitazioni poste
al diritto di proprietà senza indennizzo, dal momento che l’atto che impone
il vincolo archeologico (come quello che impone un vincolo artistico,
storico, ambientale, paesistico) mira a salvaguardare un’area facente parte di
una intera categoria di beni, sottoposte dalla legge ad un peculiare regime
giuridico, per le loro predeterminate caratteristiche oggettive (cfr. Corte
Cost., 20 maggio 1999, n. 179).
4. Per le ragioni che precedono, l’appello è fondato e va accolto. Per
l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso di primo
grado.
La condanna al pagamento delle spese e degli onorari dei due gradi
del giudizio può seguire, come di regola, la soccombenza. Di essa è fatta
liquidazione nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie
l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo
grado n. 2396 del 1988, proposto al TAR per il Lazio.
in favore del Ministero appellante, per spese ed onorari dei due gradi del
giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa.
1746/1992fd
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi il giorno 13 febbraio
2001, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, con l’intervento
dei signori:
Giovanni
Ruoppolo
Presidente
Sergio
Santoro
Consigliere
Calogero
Piscitello
Consigliere
Luigi
Maruotti
Consigliere estensore
Giuseppe
Romeo
Consigliere
IL PRESIDENTE
L’ESTENSORE
IL SEGRETARIO
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il……………………………….
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)
Addi…………………….copia conforme alla presente è stata trasmessa
al Ministero………………………………………………………………………………….
a norma dell’art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642
Il Direttore della Segreteria

 

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