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Cantine e vini 27 Lug 2024 16:37

BONASSOLA – Territori, vitigni, altezze che si incontrano. Non può esserci di meglio per dar vita a vini che trasudano passione. A Cà du Ferrà, giovane azienda di Bonassola (La Spezia), i primi si sono incontrati grazie ad Antonio Zoppi, originario del posto, e Aida Forgione, campana che il caso ha voluto fosse anche viticoltrice da generazioni. Grazie al figlio Davide si sono poi incontrati anche i vitigni, come nel ‘Ngilù Colline di Levanto Rosso Doc, che attraversa idealmente il Mediterraneo con sei diverse uve rosse (Sangiovese, Ciliegiolo, Merlot, Grenache, Vermentino Nero, Syrah), nato proprio dall’idea di condensare tutto il rosso dalla Toscana alla Provenza. I dislivelli, poi, sono quelli tipici della Liguria: da 50 a 400 metri, questa azienda coltiva cinque ettari su undici diversi appezzamenti.

Una viticoltura eroica fatta di incastri, nelle strette viuzze tipiche della riviera ligure così come nella piccola cantina, dove Davide, che dal 2016 ha preso in mano l’azienda insieme al marito Giuseppe Aieta, lavora come giocando a Tetris, vinificando necessariamente un prodotto alla volta. Gli va incontro il fatto che i tempi di maturazione, tra i vigneti più bassi e quelli più alti, arrivano ad avere una differenza anche di un mese, per cui la vendemmia è spalmata nel tempo.

Adiacente all’appezzamento più alto – e più panoramico, che ospita anche pic-nic ed eventi – tra muretti a secco e filari terrazzati spunta la vecchia casa del fabbro, che dà il nome all’azienda: una stazione di posta dove il maniscalco assisteva i viandanti ferrando i cavalli (Cà du ferrà, in dialetto).

L’influenza del mare, il riverbero del sole al tramonto, il vento costante e l’esposizione a mezzogiorno creano condizioni ideali alla produzione di vini di qualità, che assumono caratteristiche salmastre. E che dalla vendemmia 2023 portano la “firma” di Graziana Grassini, enologa di fama, allieva di Gianni Tachis e consulente di celebri cantine.

Hanno iniziato con Vermentino, Albarola, Bosco, l’antico Ruzzese (Rossese bianco), una varietà autoctona con acini piccoli, buccia corposa e poca polpa, il raro Vermentino nero, Sangiovese e Ciliegiolo, per poi inserire anche Merlot, Grenache e Syrah. Sei in tutto le referenze, tra cui due passiti di straordinaria piacevolezza, uno frutto di vendemmia anticipata (L’intraprendente, blend di Bosco, Vermentino e Albarola) e uno di vendemmia tardiva, dolce, fresco ed elegante, con sentore misto tra caramello e tabacco nel finale, persuasivo e persistente. Per quest’ultimo, il Diciassettemaggio da uve Ruzzese, Davide e Giuseppe si sono ispirati al mondo dell’arte moderna e dell’alta moda per creare una bottiglia esclusiva che viene immersa nella vernice imperbeabilizzanti delle barche, dello stesso colore turchese pastello di Cà du Ferrà.

Dopo la laurea in Giurisprudenza, Davide ha deciso di abbandonare la frenesia milanese per tornare nella sua Bonassola, sulla riviera di levante, tra il Parco nazionale delle Cinque Terre e Sestri Levante, subendo il richiamo dell’azienda avviata dai genitori nel 2000, che a loro volta avevano abbandonato le proprie professioni per dedicarsi alla terra. Un paese di meno di 800 abitanti sovrastato dal verde dei boschi e della macchia mediterranea tra cui si fanno largo uliveti e vigneti terrazzati diventa così il contesto ideale per sviluppare il progetto di imbottigliamento. Lo segue anche Giuseppe, che aveva conosciuto a Milano nel 2006 e nel frattempo è diventato suo marito, con cui avvia anche un’attività di enoturismo che oggi dà molte soddisfazioni nonostante gli sbocchi sui mercati esteri abbiano comunque la loro importanza.

“Facciamo un lavoro iper parcellare, inevitabilmente artigianale”, raccontano, ricordando le iniziali sperimentazioni compiute insieme al genetista Franco Mannini, a cui si deve proprio la riscoperta del Ruzzese, che hanno portato a scegliere di svolgere il taglio delle uve già in vigna, considerando quanto cambino i profili gustativi in base alle caratteristiche dei terreni, dal pietroso all’argilloso.

Dal vigneto più alto, con vista mozzafiato a 180 gradi sul Mediterraneo, su una placca marina continentale emersa milioni di anni fa, nasce il Luccicante Colline di Levanto Doc, Vermentino in purezza che prende il nome proprio dalla luminosità del mare e dal suo riverbero. L’escursione termica dovuta ai 400 metri di altezza permette di mantenere freschezza, profumi e integrità di frutto al naso. Il Luccicante può essere considerata la massima espressione del territorio e della cantina, nato da vigneti abbandonati che Davide e Giuseppe hanno recuperato sottraendoli ai rovi.

Il lavoro nella minuscola cantina, ospitata in una casetta verde a mezza costa tra un vigneto e l’altro, è scrupoloso e avviene tutto in vasche d’acciaio. L’azienda è all’inizio e tra i progetti ci sono un ampliamento, seppur circoscritto ai ristretti spazi imposti dall’orografia, e la realizzazione di una sala degustazione, oggi forse unico vero limite dell’azienda.

“Da dieci anni portiamo avanti un progetto insieme al Cnr di Torino per il recupero di alcune varietà autoctone”, racconta Davide, “tra cui in particolare il Ruzzese, che arrivava alla corte di papa Paolo III Farnese, in pieno Rinascimento, che abbiamo recuperato e utilizziamo per una versione passito ma al prossimo Vinitaly debutterà una versione secca che promette sorprese”.

Insieme a ‘Ngilù, Luccicante, L’Intraprendente e Diciassettemaggio, completano la gamma il Bonazolae Colline di Levanto Bianco dop, un blend di Vermentino, Albarola e Bosco, e il Magia di Rosa Liguria di Levante Rosato Igp, Sangiovese, Vermentino nero e Syrah. (m.sig.)

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