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Michele de Pascale

La fotografia di Matteo Renzi ed Elly Schlein dopo il goal durante la partita di calcio dei politici contro i cantanti è diventata virale sul web (oltre che sui giornali), anche perché sembra avere suggellato pure un’alleanza politica. Ovvero da un lato il Pd cancella l’astio verso l’ex segretario che se n’era andato sbattendo la porta, dall’altro lui si ritrae da mezzo al guado e si proclama gamba riformista del centrosinistra. Sono gli scherzi della politica: il figliol prodigo che inneggiava al centrismo ritorna quando a governare il Pd è una segretaria che mette la foto di Berlinguer sulla tessera. Comunque il calumet della pace è stato fumato e già sulla raccolta delle firme per il referendum per abolire l’autonomia differenziata la nuova coppia di fatto della politica marcia mano nella mano. La ciliegina sulla torta di questa svolta, che potrebbe costare cara elettoralmente a Giorgia Meloni, avviene in Emilia-Romagna, dove Schlein ha deciso di candidare alla presidenza della Regione, in sostituzione di Stefano Bonaccini volato a Bruxelles, un ex renziano non pentito, un quarantenne che sembra in tutto e per tutto il Renzi della prima ora, quello del Comune di Firenze e che la storia del Pci poi diventato Pd passando nella cruna prodiana dell’Ulivo l’ha leggicchiata a malapena sui libri.

Chi è De Pascale

Si chiama Michele de Pascale e, come Renzi, ha fatto una carriera politica strabiliante: è diventato per caso sindaco di Ravenna (il candidato morì in un incidente d’auto e toccò a lui, sconosciuto segretario locale Pd, tuffarsi in una campagna elettorale in corso), ha fatto bene il suo lavoro tanto da essere poi rieletto con quasi il 60% dei voti, e ora per un altro caso (Bonaccini che se ne va) si ritrova a un passo dalla presidenza della Regione. Ha incominciato la campagna elettorale all’hotel Guercino di Bologna, ospite della giornalista Patrizia Finucci Gallo, e il leitmotiv è stata la parola riformismo.

Contro il jobs act non firma

Perfino sul referendum contro il jobs act, la legge che a suo tempo fu uno dei fiori all’occhiello di Renzi, lui strappa con quella parte del Pd che è corsa a firmare: «In materia giuslavorista è sbagliato ricorrere a un referendum, tra l’altro con un risultato incerto che rischia di provocare delle tensioni. La materia del lavoro va meditata e riformata, quindi bisogna mettere in campo una proposta e impegnarsi per realizzarla. Mi pare questa la strada più appropriata, non un referendum, che non firmerò».

La spina del Verdi per il rigassificatore

I renziani applaudono, faranno parte della coalizione che lo sosterrà alle elezioni di novembre e saranno ben rappresentati nella giunta che, se vittorioso, lui formerà. Del resto tutti gli riconoscono le doti di mediatore, anche al Comune di Ravenna è riuscito a fare passare tutti nell’imbuto: dai 5stelle a ItaliaViva, da Azione a +Europa. Ma lui e il Pd tengono le redini. Ha addirittura escogitato un meccanismo, le consultazioni parallele, per evitare la deriva dei Verdi che contestano, per esempio, il suo sì al rigassificatore in mare e per questo non sono entrati nella maggioranza ravennate: «L’Italia ha bisogno di energia, è un dovere non sottrarci. L’importante è che vengano garantite le condizioni di sicurezza ambientale». Ogni tanto li convoca e dialoga, se non sono tarallucci e vino poco ci manca.

Del resto anche sull’Europa green egli non nasconde le perplessità, con buona pace dei pasdaran dell’ambientalismo. «La nuova Europa», dice, «deve voltare pagina su tante materie: il Covid ha dimostrato la mancanza di un’efficace politica sanitaria, l’ampliarsi delle nuove povertà registra l’inadeguatezza dei meccanismi di contrasto all’impoverimento, sull’ambiente sono stati lanciati degli obiettivi ma senza concretezza, cioè è giusto ridurre le emissioni ma non si può scaricare l’onere che ne consegue su chi non lo può sopportare. In Europa va aperta una pagina nuova, con interventi più mirati, più efficaci, più realistici».

In tanti a chiedere al Pd l’afflato riformista. Eccolo servito.

Cosa faranno i 5stelle?

Ma con un interrogativo di non poco conto: come farlo convivere con la schizofrenia pentastellata e con gli estremismi della sinistra-sinistra? Lui tenta di spiegare: «La prima cosa che dico quando incontro le altre forze politiche è che stiamo lavorando a un programma finalizzato allo sviluppo della regione e quindi le questioni nazionali debbono stare fuori dalla porta. Poi ci possono essere differenze sui singoli problemi e allora bisogna continuare a discutere finchè non si arriva a una sintesi. Il metodo del dialogo stempra le tensioni. Non solo. Se si costruisce unità nei territori è poi più facile accordarsi anche sul piano nazionale. Non bisogna avere paura delle differenze, anzi esse sono un valore. Ma debbono servire per costruire, non per distruggere».

La sfidante Ugolini

La sua contendente alla presidenza è Elena Ugolini, preside di un liceo privato, ex sottosegretaria nel governo Monti, vicina a Comunione e Liberazione, proposta da FdI e sostenuta da tutto il centrodestra. «La rispetto», dice de Pascale, «ma è espressione di una coalizione che esprime un governo che ne combina di tutti i colori. L’ultima è stata la decisione inaspettata e immotivata di rimuovere Fabrizio Curcio dall’incarico di capo della Protezione civile. Durante l’alluvione in Romagna del maggio 2023 il suo contributo e la sua presenza sul campo insieme a noi sono stati determinanti anche nelle operazioni di salvataggio delle persone. Esprimo a Curcio la più piena solidarietà e gratitudine. Senza entrare nel merito di chi gli succederà, non riesco davvero a comprendere le ragioni che abbiano potuto portare il governo Meloni a privare il Paese delle sue competenze e della sua professionalità in un tema così delicato».

…e sul post terremoto non è finita

Col governo c’è anche la questione aperta del post-terremoto: «È passato oltre un anno», dice, «era il 7 giugno 2023, quando a Palazzo Chigi incontrammo la presidente del Consiglio che fece ai romagnoli la famosa promessa “100% degli indennizzi” per chi ha subito i danni dell’alluvione. Ad oggi solo 120 delle 23 mila famiglie colpite hanno ricevuto un parziale indennizzo: siamo allo 0,5%. Chi non ha potuto anticipare con risorse proprie ha ancora le case nelle stesse condizioni di allora».

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