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Quando si tratta di offrire ai cittadini le prestazioni sanitarie essenziali, siano esse gratuite o prevedano il pagamento di un ticket, l’Emilia-Romagna è la migliore regione d’Italia. Si conferma infatti prima seguita da Veneto, Toscana, Lombardia e Provincia Autonoma di Trento.

Lo attesta il monitoraggio della Fondazione Gimbe che, partendo dai dati del ministero della Salute, testimonia la capacità delle Regioni di utilizzare le risorse dello Stato per garantire i servizi essenziali, i cosiddetti Lea (Livelli essenziali di assistenza) individuati dal Servizio sanitario nazionale.

L’Emilia-Romagna ottiene un punteggio totale di 285,2, migliorando ulteriormente la propria performance: 4 punti in più rispetto al precedente anno preso in considerazione, il 2021: nello specifico, il punteggio è la somma dei 96,13 punti ottenuti in prevenzione collettiva e sanità pubblica, 95,57 in assistenza distrettuale, 93,5 in assistenza ospedaliera.

“Questi dati confermano che investire nella sanità pubblica è la scelta più giusta per garantire la salute dei cittadini – commentano la presidente della Regione facente funzioni, Irene Priolo, e l’assessore alle Politiche per la salute, Raffaele Donini -. Continueremo a difendere in tutte le sedi il diritto universale alla salute, provando con grande responsabilità a valorizzare al massimo le risorse statali anche quando, come continuiamo a ribadire, non sono sufficienti a coprire gli accresciuti bisogni. La qualità del servizio sanitario dell’Emilia-Romagna si colloca tuttavia in un contesto nazionale che preoccupa. Dieci regioni peggiorano i loro servizi e quelle adempienti sono solo 13, una in meno rispetto all’anno scorso. Uno scenario che con la riforma dell’autonomia differenziata, così come approvata, è destinato a peggiorare soprattutto per le regioni più in difficoltà”.

“Un attestato che ci ripaga delle tante fatiche di questi 5 anni – concludono presidente e assessore- tanto più difficoltosi se pensiamo ai durissimi anni della pandemia, rispondendo al mandato che ci hanno dato i cittadini. Questo risultato non sarebbe stato raggiunto senza l’impegno quotidiano e la professionalità dei lavoratori del nostro servizio sanitario. Nel ringraziarli ribadiamo ancora una volta che non si può continuare a tenere sotto pressione un comparto che ha bisogno di risorse adeguate dal Governo. Solo con maggiori investimenti sarà possibile continuare a garantire servizi di qualità ai cittadini delle regioni promosse e migliorare quelli delle regioni inadempienti”.

Ogni anno il ministero della Salute valuta l’erogazione dei Lea, ovvero delle prestazioni sanitarie che le Regioni devono garantire. Una sorta di pagella per i servizi sanitari regionali che identifica le Regioni che sono promosse perché adempienti, le quali meritano di accedere alla quota di finanziamento premiale. Le Regioni inadempienti vengono sottoposte ai piani di rientro, che prevedono uno specifico affiancamento da parte del ministero della Salute: nelle situazioni più critiche si può arrivare al commissariamento.

Dal 2020 la “Griglia Lea” è stata sostituita da 22 indicatori Core del Nuovo Sistema di Garanzia (Nsg), suddivisi in tre aree: prevenzione collettiva e sanità pubblica, assistenza distrettuale e assistenza ospedaliera. In ogni area le Regioni vengono considerate adempienti se raggiungono almeno 60 punti su 100 in tutte le aree. Se il punteggio è inferiore a 60 anche in una sola area, la Regione risulta inadempiente. La novità è che mentre nel 2020 e nel 2021, segnati dall’emergenza pandemica, il monitoraggio ha avuto solo un ruolo informativo, per il 2022 per la prima volta i risultati degli indicatori CORE vengono utilizzati a scopo valutativo.

Considerato che il ministero della Salute non sintetizza in un punteggio unico la valutazione degli adempimenti Lea, la Fondazione Gimbe ha elaborato una classifica di Regioni e Province Autonome sommando i punteggi ottenuti nelle tre aree prevenzione, distrettuale e ospedaliera.

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