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Siamo testimoni del progressivo risveglio di Napoli. Con il concorso finanziario del governo è stato immaginato un percorso di rigenerazione urbana che bisogna fare di tutto per realizzare. In particolare l’accelerazione della crescita del flusso turistico ha acceso i riflettori su una città che si conferma la meta italiana principale. Oltre che il ponte europeo sul continente africano.

In Italia una banca come Intesa Sanpaolo ha stanziato 10 miliardi di euro di cui 3 destinati al Mezzogiorno per irrobustire l’offerta turistica. Per riqualificare gli standard qualitativi delle strutture ricettive, digitalizzando e curando che non si producano danni ambientali.

La proposta 

Vogliamo esporre una piccola idea che, se realizzata, potrebbe rappresentare una strada originale. L’esplosione del turismo provoca in città non soltanto consensi. Ma anche le proteste di quanti si sentono, e non senza ragione, asfissiati dalla massa di visitatori che la invadono. C’è da temere che possa avvenire anche qui quanto si sta verificando in quasi tutta l’Europa. Barcellona è tappezzata di manifesti contro il turismo. Così anche in Francia.

“Tourism go home” (turismo va a casa) sta diventando un mantra anche a difesa della sostenibilità ambientale. Insomma il sovraffollamento turistico “mordi e fuggi”, è un grosso problema anche per il Bel Paese. In giro per l’Europa il rigurgito antituristico si manifesta dopo che esso ha già prodotto i suoi benefici economici. Sorge così la necessità di gestire il rigetto da parte di larghi strati della popolazione, in Italia. In particolare nel Mezzogiorno, si pone un quesito fondamentale: come governare questa rozza abbuffata e magari convertirla in un costante flusso produttivo? In questa stagione in cui si afferma un nuovo paradigma, come sostenuto nelle pagine de Il Mattino, vogliamo come già detto produrre una piccola proposta.

Una delle tecniche per rendere compatibile l’impresa del turismo con la sostenibilità ambientale consiste nel creare percorsi di turismo “esperienziale”. Cioè sforzarsi di calare il turista nel modello di vita del cittadino. Farlo attrarre dalla conoscenza dei meccanismi del quotidiano della città. Per un certo verso è quel che è accaduto con un moto spontaneo ai Quartieri Spagnoli. Dove molti bassi sono diventati piccole locande, pur restando a viverci le stesse persone. Semplicemente esse ricevono i turisti e “ vendono” caffè, bibite, piatti di pasta al ragù…e ci parlano. Interagiscono con loro.

Il modello

Noi pensiamo ad un modello che proietta il turista nella comprensione dell’ambiente visitato non limitando la percezione al giudizio estetico passivo indotto dall’opera d’arte o dal sito. Ma integrando questo giudizio con veri e propri percorsi di contatto sociale . L’interazione tra turisti e strati di popolazione porterebbe un effetto benefico a tutto il sistema: al turista che sfugge all’astratta banalità dei luoghi comuni. Ai napoletani che avrebbero un’occasione di interagire con soggetti di altra formazione e cultura. Parafrasando Orazio potremmo dire che alla fine “Parthenope capta ferum victorem cepit”.

Le istituzioni 

Il Comune potrebbe sollecitare l’offerta da parte di operatori del settore di percorsi turistici esperienziali in cui la visita dei luoghi partenopei è accompagnata da guide specializzate e da famiglie napoletane che adottano il turista. Così da permettergli di fare esperienza del modo di vivere e di pensare del cittadino locale.

Il Comune, secondo uno specifico regolamento, potrebbe riconoscere un bonus alle famiglie che si impegnano in questa direzione. Magari prevedendo uno sconto sulla Tari, la tassa rifiuti. Le risorse che il Comune non incassa dalla famiglia potrebbe recuperarle dall’operatore turistico che ha venduto un pacchetto di turismo esperienza.

A Napoli ci sono le condizioni migliori per progettare questo nuovo tipo di turismo. Un soggiorno che offra al turista una percezione profonda dell’identità partenopea, prescindendo dalla inclinazione al “mordi e fuggi”.

Un’idea di offerta turistica che ambisce a realizzare alcuni obiettivi: la selezione qualitativa del turista; il mantenimento dell’attuale struttura di terziario collegato al servizio turistico; l’acculturamento diffuso delle famiglie locali spinte ad offrire un servizio di qualità per far leva sul giudizio del turista.

Se Napoli non avesse avuto la fortuna di possedere una ricchezza inestimabile in termini di bellezze naturali, artistiche e paesaggistiche, difficilmente quest’idea avrebbe potuto sortire un effetto fecondo. Ma il semplice possesso di uno status naturale ed artistico idilliaco non autorizza a raccogliere frutti acerbi.



 

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