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ANNA MARIA SCARNATO

Entrata nell’agone politico con candidature in varie tornate elettorali ad iniziare dalle comunali fino alle politiche, maturando esperienze nella giunta locale e soprattutto consapevolezza che il contributo nel raccogliere consensi per un partito spesso è generosità, altruismo e voglia di spendersi come membro civitatis alla migliore idea per il proprio paese, provincia o nazione che sia, non poche volte mi sono chiesta se fosse errato un tipo di partecipazione alla vita civile senza la presunzione di correre anche per me stessa, di interpretare una candidatura di servizio al fine di vedere realizzare un progetto comune e concreto a fronte di tanti esempi di ambizione sfrenata di soggetti che, pur di arrivare a sedere sui banchi istituzionali o rivestire alte cariche in società di rilievo, finiscono per vivere in modo competitivo anche in tutto il resto e nella continua sfida a primeggiare, ad occupare un posto per dimostrare di valere, di esistere per realizzarsi, concentrandosi molto su se stessi. Sono quelli che perdono di vista il valore del bene comune, per arrivare a guadagnare sempre più, a possedere macchine, palazzi, fare vacanze esclusive e frequentare il Gotha del governo, “l’elite” il più delle volte composta da materialisti e idealisti, tra
speculatori e redditieri” (secondo la giusta interpretazione della Treccani) che aggiunge a compendio, la tendenza a concentrare il potere, la ricchezza e onori nelle proprie mani, imponendosi alla quasi totalità della popolazione. E’ questa la giusta via, vivere una gara ed essere schiavi della propria identità nell’essere generosi per un fine comune o schiavi della propria immagine costruita al di sopra di una condizione di confronto e comparazione, scelte univoche su temi e risposte ai problemi sociali? Considerata l’ascesa di molte persone che arrivano ad un risultato concreto, al successo elettorale, pubblicizzando i propri talenti, che purtroppo spesso esistono solo nella loro presunzione o vengono maleficamente usati, si è portati verso la tentazione di un convincimento che una sana ambizione non basta se si vuole guardare ai bisogni comuni. Chi guarda più se stesso è l’uomo che oggi con la furbizia più del talento, convince gli altri a portarlo su nelle classifiche competitive. E’ allora che si arriva, spinti dalla ingenuità dilagante ed anche dall’ignoranza di persone che non sanno il valore di un voto sprecato, inutile alla crescita di un territorio, anzi dannoso, si giunge a mete che esaltano l’essere. Se ci si guarda intorno, se si ascolta il tono di certi interventi di politici che invece di porsi come curiosi e “attenti alunni di classe” del primo anno, comunque arrivati per ultimi nei consessi istituzionali appena entrati in carica, pretendono già di sfidare con tono stentoreo e voler insegnare ciò che fa comodo per partito preso, strumentalizzare politicamente le questioni di merito, rivolgendo colpe al passato di governi opposti anziché cercare un modo per riparare agli errori di un consenso schiavo e fatto promoter della peggior parte politica di governo nazionale, pare trovarsi tra “adulatori” di sé, “incantatori” di sottopalchi che ora è necessario ridimensionare dall’ego sfrenato di cui sono prigionieri. Amanti della immagine positiva di sé che non è un difetto, anzi, ma lo diventa se pensano di riuscire ad andare avanti, sempre più avanti, convincendo chi gli sta di fronte a fare quello che giova al raggiungimento del loro obiettivo. E’ un’ambizione negativa, che può trasformarsi in un problema se hanno bisogno di utilizzare toni e argomenti illusori per spuntarla senza dare forma ad un contenuto, poiché si sta bleffando sulla realtà, è un’ambizione dove trovano posto strategie e compromessi che mettono da parte ogni dimensione di valore, il meglio di ogni significato deliberativo per lo sviluppo della comunità. Vien da chiedersi dove erano quando come amministratori locali potevano chiedere a chi governava la Casa di comunità per la loro gente, dove quando occorreva esprimere con forza il dissenso per l’allocazione del deposito di scorie radioattive nelle pregiate zone storico-agricole del territorio, quali distrazioni ricreative avessero fatto perdere loro l’opportunità di far entrare nella ZES, invece, le attività commerciali e artigiane locali. Muti quando si trattava di chiedere anche per gli altri territori il godimento delle royalties, distribuiti solo al comune di Viggiano per fare e rifare i marciapiedi e ad altri comuni che risentono dell’inquinamento dovuto alle estrazioni di petrolio. L’acqua è di tutti, il petrolio è di tutti e le
scorie radioattive silentemente da sotterrare nel sud della Regione. Ora continua la crisi identitaria di personaggi prestati alla politica che continueranno a chiedere solo poteri per grandi sogni personali e lo scranno come occasione per rilanciare da una posizione più alta l’immagine da vendere come impegno civico per il territorio. E continuerà anche l’atteggiamento di gridare al nemico, all’invidia sociale per coprire l’inefficacia amministrativa che ha forse favorito pochi, creando nella rimanente parte un’esclusione dai diritti sacrosanti ad un concorso giusto, rimpiazzando le uscite dal servizio con i cosiddetti dirigenti assunti a t.d. ex art.110 del TUEL per “l’arruolamento” e “l’allineamento” di incompetenti, ancor più legittimati dall’assenza della formazione di una graduatoria di merito comparativo. Molti “immigrati”, “esportati” dai vicini comuni, pronti al ritorno, con un livello economico più alto La crisi identitaria porta al tradimento dei valori di appartenenza al territorio e l’accomodamento a nuove tesi che di politica non sanno nulla. E’ la politica “commerciale” che gli stessi hanno condannato e vista come limite di una politica
sfacciata da demonizzare in tutte le salse. La professione di insegnante, scelta e mai abbandonata per la politica, è quella che mi ha fatto conoscere il valore educativo delle fiabe. Cito quella “della Volpe e il Corvo” di Esopo perché rende bene l’idea di come l’astuzia della prima è premiata dalla “fiducia” carpita del secondo. Di come l’adulazione, l’interesse per l’altro, usato per il proprio scopo, può produrre un danno per chi si è fidato troppo. E…… ”Il corvo di fronte ad un’astuta volpe, apre il becco per far sentire la sua voce, incurante di come questo gesto gli faccia perdere il formaggio, vero obiettivo della volpe. Il corvo rimase così a bocca asciutta”. Il “Corvo rappresenta la vittima della incapacità ad analizzare bene le situazioni”, i molti cittadini che non hanno compreso il
rischio che uomini, come le volpi capaci di progettare idee vincenti per raggiungere obiettivi personali, infischiandosene delle conseguenze dell’Autonomia differenziata di cui cantano lodi, della cessione della gestione dell’Acqua a Roma e ai privati, dell’aumento delle trivellazioni, che tutto ciò rischia di togliere molti “bocconi” dalla bocca delle famiglie meridionali e più specificatamente della Basilicata, oltre che costituire un danno per l’ambiente e la salute dell’uomo.
Sono rimasti incantati dalla “ninna”, la Ninfa dell’acqua che attirava giù di un pozzo ingannatore, secondo antiche leggende popolari raccontate dai nonni lucani, ed anche dai miei, per dissuadere a specchiarsi in quelle acque, gli ingenui che non hanno pensato all’inganno teso al popolo che si è fidato della parola ammaliatrice, di un illusione ottica, riconfermando il governo Bardi. Ecco, forse in un pozzo si è finiti? Pur nel raggiungimento di un successo elettorale ma non funzionale ad
una vision politica critica e indipendente dal partito di riferimento, una parvenza di impegno fine solo a se stesso, in questa contraddizione di mezzi e fini, prima o poi resteranno travolti questi politici che dimostrano di non amare la loro terra né la popolazione a cui negano diritti sacrosanti. E nel “pozzo” della Ninna cadranno governanti e cittadini lucani. Chi opererà il disincanto? Intanto un’opposizione come quella mostrata nel consiglio regionale scorso, dotta, cosciente e allarmata dalle conseguenze di ciò che sembra sedimentarsi nella maggioranza consensuale alla frammentarietà dell’Italia, intenzionata a proseguire l’iter di riconoscimento della Legge Calderoli per le Autonomie, è in grado di riaffermare i valori della Costituzione innanzitutto con garbo e rispetto invitando la maggioranza a scrivere un’altra storia per la Basilicata, capace di far sperare i lucani a non cedere alla rassegnazione e all’imitazione di modelli vacui.

 


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