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Dopo un mandato di tre anni e mezzo, il 15 luglio la prima ministra dell’Estonia, Kaja Kallas, si è dimessa dal suo incarico per sostituire Josep Borrell nel ruolo di Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza. 

La scelta di Kallas, che guiderà il governo a interim fino all’inizio ad agosto (quando avverrà la formazione del nuovo esecutivo), non ha sorpreso il pubblico, né gli altri rappresentanti del governo estone: sebbene le dimissioni siano arrivate formalmente solo lunedì, al termine del Summit Nato tenutosi a Washington, il suo successore era già stato scelto il 29 giugno. La decisione è stata presa durante una riunione straordinaria, a porte chiuse, del partito alla guida del governo, Reform, anche se Kallas avrebbe preferito una nomina durante una plenaria dell’intero parlamento. 

La scelta è ricaduta all’unanimità su Kristen Michal, il ministro dell’Ambiente del governo Kallas. Dopo la ratifica delle dimissioni, Michal è stato incaricato dal presidente Alar Karis di avviare le trattative per una nuova coalizione di governo nel Riigikogu, il parlamento unicamerale del Paese baltico.  

La coalizione attualmente al potere è formata da tre partiti moderati: Reform, il partito Socialdemocratico (Sde) e i liberali Eesti 200, che insieme costituiscono la maggioranza (sessantacinque seggi su centouno). Il nuovo capo del governo sembra essere ottimista, e ha dichiarato che si aspetta di raggiungere un accordo preliminare entro la fine della settimana. 

Michal è un volto noto della politica estone, e probabilmente questa è una delle ragioni per cui i negoziati stanno procedendo così velocemente. La sua ribalta sulle scene risale al 1996 da membro del consiglio comunale di Tallinn; nel 2003 diventa segretario generale di Reform, ruolo ricoperto fino al 2011, quando diventa ministro della Giustizia. Nel 2015 arriva la nomina a ministro degli Affari economici e delle Infrastrutture, e nel 2023 come ministro dell’Ambiente. 

Nonostante la brillante carriera politica, Michal è stato anche uno dei protagonisti di un’inchiesta, risalente al 2012, su un finanziamento illecito di Reform per cui i suoi membri avrebbero ricevuto fondi da esterni che avrebbero poi riciclato (anche se senza trarne profitto personalmente) per finanziare il partito. Il denaro sarebbe stato scambiato dentro a sacchetti della spesa, e per questo la faccenda ha preso comunemente il nome di «Scandalo delle buste di plastica». A ottobre dello stesso anno, le accuse sono cadute per mancanza di prove. Tuttavia, data la carenza di fiducia da parte dei cittadini estoni a seguito dell’inchiesta, Michal si è dimesso dal ruolo di ministro della Giustizia. 

A indagini concluse, però, anche l’allora segretario di Reform, Hanno Pevkur, che oggi ricopre il ruolo di ministro della Difesa, è stato accusato di essere coinvolto nello scandalo dopo la desecretazione di alcuni documenti. Pevkur ha sempre negato le accuse ed effettivamente non è mai stato indagato. Lo stesso Pevkur, poche settimane fa, aveva espresso anche il suo interesse alla candidatura per la guida del governo, in realtà improbabile a causa del suo coinvolgimento nello «scandalo delle munizioni». Così, il ministro ha deciso di farsi da parte per evitare l’allungamento dei tempi nella formazione di un nuovo esecutivo: «L’Europa è in guerra, e in una situazione simile all’Estonia non serve una crisi di governo, né futili competizione politiche», ha detto. 

La differenza maggiore tra Kallas e Michal riguarda i punti di interesse del governo: la prima è sempre stata coinvolta nella politica estera, mentre il secondo sembra voler guardare con più enfasi alle manovre a livello nazionale, nonostante abbia sottolineato come garantire la difesa e la sicurezza del Paese rimanga uno dei punti di maggiore importanza. Il primo ministro designato ha spiegato che potrebbe essere necessaria l’introduzione di una tassa temporanea mirata ad aumentare il budget per le spese militari: una possibilità appoggiata sia dalla maggioranza, sia dall’opposizione.

Michal ha inoltre dichiarato che un altro punto cruciale del suo governo riguarderà alcune manovre per stimolare l’economia nazionale, in particolare per l’aumento della competitività e per il pareggio del bilancio statale, che si vuole rendere più trasparente: «Il budget dovrebbe essere presentato in modo da permettere al pubblico e alla stampa di capire spese ed entrate del governo. Questo sarebbe utile anche agli organi decisionali per avere un quadro più chiaro della situazione».

Per quanto riguarda la politica estera, Michal ha dichiarato che manterrà la linea filo-ucraina portata avanti da Kallas, spiegando che Tallinn ha bisogno di essere de-russificata, e che il culto della personalità attorno a Vladimir Putin dovrà essere decostruito. Inoltre, ha annunciato che il Paese non collaborerà con aziende e individui che giustificano la guerra a Kyjiv: «Aiutare il popolo ucraino non è abbastanza, dobbiamo cambiare la nostra mentalità e iniziare a chiamare le cose col proprio nome in modo da poter fare fronte comune contro ogni sfida futura». 

Il mandato da ministro dell’Ambiente del nuovo primo ministro ha visto una particolare attenzione per la transizione energetica: un approccio che, salvo stravolgimenti, rimarrà intatto durante il suo mandato da capo del governo. A ottobre, l’esecutivo ha presentato una delle riforme più ambiziose nell’ambito delle politiche climatiche nella storia del Paese: l’obiettivo è coprire il cento per cento della domanda elettrica tramite fonti rinnovabili entro il 2030, nell’ottica della neutralità carbonica al 2050. Per farlo, Michal vuole puntare soprattutto sui parchi eolici onshore, installati a terra. 

Fonte: Iea.org

L’Estonia, ricordiamo, ha un mix energetico obsoleto, fondato principalmente sul carbone (sessantatré per cento). Le foreste del Paese, che negli scorsi decenni hanno assorbito quantità significative di gas serra, sono diventate una fonte netta di emissioni: un po’ come sta succedendo in Amazzonia, che emette più CO2 di quanta ne assorba. Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), di recente l’Estonia sta accelerando con l’installazione delle pompe di calore al posto delle caldaie a gas, contribuendo così alla decarbonizzazione dell’edilizia. 

A febbraio, però, il governo ha fatto un passo indietro rispetto agli obiettivi annunciati da Michal, decidendo di investire molto più denaro sull’eolico offshore – in mare –, che porterebbe a un risparmio sul costo dell’elettricità, abbassandolo dagli attuali nove centesimi/kWh a 6,6 centesimi. Il progetto, però, richiederebbe uno sforzo economico maggiore, dal momento che in Estonia non esistono ancora impianti eolici offshore

Entrambe le iniziative sono state criticate dalle stesse aziende incaricate di costruire le infrastrutture: secondo i rappresentanti di Utilitas e Saare Wind Energy, gli obiettivi sarebbero troppo ambiziosi, sia dal punto di vista temporale, sia da quello economico. Secondo Priit Koit, amministratore delegato di Utilitas, per poter raggiungere gli obiettivi fissati per il 2030 è fondamentale diminuire l’uso delle fonti fossili da subito, e per questo la costruzione di nuovi impianti eolici dovrebbe essere affiancata da altre soluzioni applicabili già oggi (il fotovoltaico, per esempio). 

Michal è anche un sostenitore dell’uso dell’energia nucleare, che a suo parere potrebbe essere una risorsa preziosa se abbinata ad altre fonti di energia rinnovabile, nonostante l’alleato Sde sia assolutamente contrario alla costruzione di impianti sul territorio nazionale. «L’energia rinnovabile è meno costosa delle fonti fossili. L’energia nucleare potrebbe essere un’opzione da considerare nei prossimi decenni», ha dichiarato. 

 

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