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Un ministero per il digitale

Otto italiani su dieci pensano che sarà proprio il digitale a orientare l’economia del pianeta nel futuro. «È quindi impensabile – afferma Di Costanzo – che il Governo italiano non abbia un ministero dedicato a digitale, innovazione e sviluppo della tecnologia, che sono oggi asset fondamentali della vita di un Paese e della vita quotidiana di tutti noi cittadini». Dicastero e ministro con portafoglio sono, per la Fondazione, assolutamente necessari. Sia per assicurare una governance salda al settore, anche dopo la fine del Pnrr e dei massicci investimenti sulla transizione, sia per semplificare i riferimenti istituzionali e i rapporti con tutti gli attori, europei, nazionali e locali. Pesa, secondo il documento, la «dicotomia» tra le competenze sulle imprese, in capo al Mimit, e quelle generali assegnate al Dipartimento Innovazione e Trasformazione Digitale della presidenza del Consiglio. Un ministero ad hoc potrebbe e dovrebbe occuparsi di entrambe le facce della medaglia, facendo in modo che l’Italia giochi efficacemente la sua sfida per la competitività nel mercato globale.

Una nuova politica industriale

Le sole regole non bastano. Se è meritorio che l’Europa sia apripista nel mondo per la regolamentazione dell’intelligenza artificiale, grazie all’AI Act, non si può non riconoscere la fatica nell’innovazione reale, dove il Vecchio Continente è costretto a rincorrere Stati Uniti, Cina e Paesi arabi. Dunque, oltre a una regolazione armonica e alla rimozione delle barriere inutili che limitano la digitalizzazione delle piccole e medie imprese, per la Fondazione Italia Digitale occorre attivare un approccio completo, nel pubblico e nel privato, costruito su sei assi: investimenti significativi in ricerca e sviluppo; incentivi fiscali per incoraggiare gli investimenti delle imprese; agevolazioni, acceleratori e accesso al capitale di rischio per le startup; adozione di tecnologie come l’IA e il cloud computing a tutti i livelli con l’obiettivo dirompere i data-silos e sbloccare le opportunità economiche dei dati nel mercato interno; migliorare e ampliare le infrastrutture con le reti digitali ad altavelocità; collaborare con altri paesi europei per aumentare la visibilità internazionale delle imprese italiane e favorire lo scambio di conoscenze.

Una Pa digitale per cittadini digitali

Per quasi nove interpellati su dieci, la digitalizzazione della Pubblica amministrazione è una delle grandi priorità del Paese. Significa insistere nel percorso di digitalizzazione, che obbliga a cambiare processi e modelli organizzativi e ad alimentare la filiera del Govtech, e nell’offerta di sempre nuovi servizi attraverso l’identità digitale, accelerando il lavoro sul portafoglio digitale in attesa che decolli il wallet europeo, sulle app, su tutti gli strumenti già di uso diffuso e sul cloud, anche nella sanità e nel mercato finanziario. Ma vuol dire anche «investire su nuove figure e procedure, concorsi e ricambio generazionale, formazione e aggiornamento costante». Il documento cita il Public Innovation Manager come dirigente che potrà aiutare a creare un nuovo paradigma di competitità pubblico-privato senza alimentare una futura insostenibile spesa corrente per gli enti locali.

Il digitale per i diritti e per l’ambiente

Il 65% degli italiani ritiene che le città potranno essere più sostenibili se vivremo in città digitalizzate. Non sfugge il contributo che il digitale può offrire tanto sul fronte dell’inclusione, in chiave di partecipazione e di lotta alle discriminazioni, quanto su quello ambientale, con l’esplorazione di tecnologie a basse emissioni di carbonio e soluzioni eco-friendly.

Riconoscere gli e-comunicatori per la Pa

Quasi la metà degli intervistati ritiene che in futuro sempre di più la Pubblica amministrazione dovrà comunicare attraverso i social newtork; per il 41% saranno importanti le chat dirette con i singoli cittadini. Per questo la Fondazione Italia Digitale ripropone la proposta di una riforma della legge 150/2000 sulla comunicazione pubblica affinché siano riconosciute le professionalità dellla comunicazione e informazione digitale e promossi nuovi modelli organizzativi con un’unica «area comunicazione» incaricata di offrire quotidianamente alla popolazione comunicazione, informazione, dialogo e servizi di qualità, anche e soprattutto attraverso le piattaforme digitali.

 

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