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Un mezzo flop. Solo il 40% delle mamme lavoratrici che potevano chiedere il bonus mamme l’ha fatto. In sei mesi secondo l’Inps hanno presentato la domanda 484.730 lavoratrici su 800 mila aventi diritto. Nel dettaglio: 362.726 madri di due figli e 122.004 madri di tre. Niente boom di richieste. Come mai? In parte non è così conveniente come sembrava, c’è poi il ruolo giocato dal taglio del cuneo fiscale e infine un procedimento che ci ha messo del tempo a diventare chiaro.

La norma, introdotta con la Legge di bilancio, introduce un esonero del 100% in busta paga dei contributi previdenziali per invalidità, vecchiaia e superstiti a carico. Riguarda le lavoratrici dipendenti a tempo indeterminato con due o tre o più figli. Dai tre minori in su il bonus scade il 31 dicembre 2026, mentre per le mamme con due figli stop a fine 2024. Sono escluse precarie, autonome e collaboratrici domestiche. Per le mamme con tre o più figli lo sgravio è valido fino ai 18 anni del figlio più giovane. Se si hanno due figli, fino ai 10 anni di quello più piccolo. Lo sgravio massimo in entrambi i casi è di 3 mila euro lordi l’anno, circa 250 euro al mese. Ma netti significa 1.700 euro annui, circa 142 euro al mese. E questa quota massima si raggiunge solo se la retribuzione tocca e supera i 27.500 euro lordi. Al di sotto di questa soglia lo sgravio è minore.

Poche richieste. Il 37% delle lavoratrici agricole dipendenti ha fatto domanda: 687 su 1.865. Più di 5 su 10 (56%) tra le dipendenti pubbliche (62.500 su 112 mila) e nel settore privato il 62% (422 mila su 680 mila). In generale quattro lavoratrici su dieci aventi diritto non hanno ancora fatto richiesta. Perché?

La confusione iniziale. Non c’è un limite di reddito, ma un tetto all’incentivo (i 3mila euro). Così molte lavoratrici sopra i 35mila euro hanno pensato (e pensano) di non poter fare richiesta, come avviene per il taglio del cuneo fiscale. Seconda ragione la modalità: solo a febbraio, all’uscita della circolare INPS di chiarimento, le lavoratrici hanno compreso che andavano comunicati i dati e la richiesta al proprio datore di lavoro e non era tutto “automatico”. Ma la ragione numero uno è certamente il divieto di cumulare il bonus con il taglio del cuneo. Entro i 35mila euro di reddito annuo le lavoratrici (e i lavoratori) hanno diritto al taglio del cuneo fiscale (6/7%) quindi più conveniente e scelto maggiormente.

C’è poi un’ultima ragione che può aver influito sul mezzo flop del bonus mamme: gli effetti sull’ISEE. L’aumento del reddito lordo fa aumentare l’ISEE e questo non solo ha conseguenze sull’accesso ai servizi e agevolazioni (mense scolastiche, bonus nidi ecc.), ma anche sull’importo dell’assegno unico. Una mamma con famiglia di quattro componenti (figli minori) che ottiene lo sgravio massimo di 3mila euro l’anno e un ISEE di partenza di 20.166,92 lo vedrà cresciuto di 1.127,00 con una diminuzione di 5,70 euro al mese per ogni figlio.

Ecco perché quattro lavoratrici su dieci non hanno chiesto il bonus mamme. Ed ecco perché potrebbero avanzare risorse sui 450 milioni stanziati. Ma l’autunno è vicino e nella prossima Manovra il governo dovrà decidere cosa rinnovare e cosa sacrificare. Su una spesa prevista intorno ai 30 miliardi, il taglio del cuneo e la riforma dell’Irpef pesano quasi la metà. Il Bonus mamme per chi ha solo due figli scade il 31 dicembre. Facile prevedere che sarà uno dei primi a saltare.



 

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