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Il mutuo erogato in funzione solutoria di un debito pregresso non è di per sé invalido. In ogni caso, il comune presupposto per l’eventuale riconoscimento delle ipotesi di nullità del mutuo garantito da MCC – in particolare per contrarietà all’ordine pubblico – sarebbe dato dalla consapevolezza in capo alla Banca erogante il mutuo dello stato di dissesto in cui versava la società al momento del perfezionamento del contratto (della cui prova è onerato il Curatore). Inoltre, è da ritenersi consolidato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità che esclude che, anche in caso di ritenuta violazione dei precetti penali previsti dalla Legge Fallimentare e oggi dal Codice della Crisi, si possa dar luogo ad ipotesi di nullità dei relativi contratti

Tribunale di Monza, decreto n. 737/2024 del 4 luglio 2024.

Il provvedimento oggetto del presente commento, ottenuto nell’ambito di un giudizio seguito dallo Studio, affronta la ormai (purtroppo) nota tematica della asserita nullità dei mutui garantiti da MCC.

Nel caso qui esaminato, nell’ambito della verifica crediti di una Liquidazione Giudiziale, il Curatore e poi il Giudice Delegato avevano escluso dal passivo il credito della Banca.

Secondo la prospettazione della Procedura, dalla documentazione prodotta dalla Banca e, in particolare, dai conti correnti in essere tra la società in bonis e la Banca risultava che la somma di € 758.450,00 di cui al mutuo chirografario sottoscritto in data 7.10.2020 (oggetto dell’insinuazione) veniva accreditata in pari data sul conto corrente n° xxx intrattenuto dalla società in bonis con la Banca e in pari data veniva “girata”, con bonifico bancario, sul conto corrente n° yyy (intrattenuto dalla società con la medesima Banca) a copertura del saldo negativo di detto conto (pari, al 30.09.2020, ad € 477.394,25) che veniva così totalmente azzerato.

Sempre secondo la Procedura, a seguito di tali operazioni, sarebbero stati sussistenti i presupposti per un’azione revocatoria ordinaria tenuto conto che il mutuo chirografario rientrava tra le misure di sostegno di cui al Decreto Legge 8 aprile 2020 n° 23 garantite dal Fondo di Garanzia a favore delle piccole e medie imprese ex Legge 662/96. L’utilizzo delle somme mutuate per coprire perdite pregresse e/o altre posizioni debitorie, anziché per l’effettiva “ripresa” dell’attività (pagamento stipendi, fornitori ecc.), determinerebbe la nullità dell’operazione.

La Banca proponeva opposizione allo stato passivo contestando l’infondatezza dell’eccezione di nullità del mutuo in quanto, in primo luogo, ha avuto ad oggetto un importo di misura tale da risultare conforme al dettato dell’art. 13, comma 1, lett. e), D.L. n. 23/2020. Tale norma prevede, altresì, che l’importo mutuato possa essere pacificamente destinato ad operazioni di rinegoziazione del debito del mutuatario nei confronti della Banca mutuante, purché almeno il 25% dell’importo erogato costituisca credito aggiuntivo per il mutuatario stesso (previsione ripresa anche dall’art. 1 dell’addendum contrattuale al mutuo).

Inoltre la Banca in ogni caso deduceva che, quand’anche non vi fosse stato rispetto della previsione legislativa e contrattuale, la conseguenza non avrebbe potuto essere la nullità del contratto posto che non era stata fornita alcuna prova a supporto dello stato di conoscenza o conoscibilità, da parte della Banca stessa, dello stato di insolvenza dell’imprenditore, né alcunché era stato provato al fine di stabilire se la concessione del finanziamento avesse avuto reale efficienza causale nella posticipazione della declaratoria “di fallimento”, ovvero nell’aggravio del dissesto.

Ancora la Banca contestava la mancata prova da parte della Curatela della sussistenza dei presupposti per la violazione di norme penali e, anche qualora lo avesse fattola violazione dei precetti penali non avrebbe dato luogo a ipotesi di nullità dei relativi contratti. Infine, la Banca contestava la genericità dell’eccezione revocatoria formulata, nonché l’infondatezza della stessa per omessa dimostrazione dei presupposti recati dalla normativa (eventus damni, scientia damni e consilium fraudis), i cui oneri di allegazione e probatorio sono, come noto, interamente in capo al Curatore.

Il Tribunale di Monza, con una attenta motivazione, ha accolto integralmente l’opposizione spiegata dalla Banca e rigettato l’eccezione di nullità e la eccezione di revocatoria ordinaria in via breve proposta dalla Liquidazione.

In merito alla asserita nullità del contratto di finanziamento, nel proprio provvedimento Il Tribunale ha affermato che, in forza dell’orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimità e di merito, il mutuo erogato in funzione solutoria di un debito pregresso non è di per sé invalido (cfr. Cass. Civ., Sez. III, 25.07.2022, n. 23149). Ancora, in risposta alla tesi sostenuta dalla Curatela, il Tribunale ha osservato che una recentissima pronuncia della Corte Suprema ha chiarito che il mutuo per ripianare un debito preesistente non è una mera dilazione del pagamento, ma comporta un effettivo spostamento di denaro. L’accredito delle somme erogate e il loro utilizzo per estinguere il debito preesistente costituiscono una datio rei giuridica che purga il patrimonio del mutuatario da una posta negativa (cfr. Cass. Civ., Sez. I, 27.04.2024, n. 5151).

Tanto premesso, il Collegio ha affermato che il solo censurato intento programmatico di ripianamento non impedisce alla Banca di ottenere l’ammissione al passivo.

Nel merito, poi, il Tribunale ha accertato il pieno rispetto da parte della Banca tanto delle condizioni recate dal D.L. n. 23/2020, quanto da quelle portate dal regolamento contrattuale, rigettando le eccezioni della Curatela anche sotto questo profilo. Del resto “(…) la norma chiarisce, anzitutto, che l’importo erogato può essere utilizzato, ancorché parzialmente, per operazioni di rinegoziazione di debiti pregressi (ovvero, per operazioni di ripianamento; ciò costituisce un ulteriore elemento a comprova della validità del mutuo solutorio, come già illustrato nel punto di cui sopra). Successivamente, la norma precisa che, in aggiunta al margine destinato all’effetto di rinegoziazione/ripianamento, il nuovo finanziamento deve apportare ulteriore liquidità pari ad almeno il 25% dell’importo debitorio oggetto di rinegoziazione”. Ebbene nel caso di specie la Banca ha provato di aver rispettato tale limite.

In relazione invece agli ulteriori profili di nullità e alla asserita revocabilità in via ordinaria dell’operazione, il Collegio ha rigetto l’eccezione in quanto in giudizio è mancata una qualsivoglia prova del c.d. presupposto soggettivo di conoscenza o conoscibilità dello stato di insolvenza del debitore da parte della Banca che la Curatela avrebbe dovuto fornire, tanto per vedere accogliere la domanda di nullità (sia essa per contrarietà a norme imperative, all’ordine pubblico ovvero al buon costume), quanto per vedere accogliere l’azione revocatoria ordinaria.

Sul punto pare interessante riportare il passaggio motivazionale del Tribunale di Monza, il quale ha affermato che “Infatti, l’evoluzione giurisprudenziale di merito e di legittimità in ordine ai finanziamenti assistiti da garanzie statali e dichiarati invalidi per violazione di norme inderogabili aventi carattere imperativo perché dettate a protezione di interessi generali (Tribunale di Asti, 08.01.2024), ovvero per illiceità della causa per contrarietà al buon costume, come integrato dalle regole di leale svolgimento delle relazioni competitive di mercato, o all’ordine pubblico, rilevando come principio di ordine pubblico quello che vieta la prosecuzione di imprese che versino in stato di crisi non reversibile (Cass. Civ., Sez. I, n.4736 del 19.02.2024), si è sempre fondata sul presupposto dell’accertamento della consapevolezza da parte del finanziatore dello stato di dissesto della società poi dichiarata fallita, ovvero sottoposta a liquidazione giudiziale. Più precisamente, il sopra menzionato Tribunale di Asti ha sancito che “si deve quindi in primo luogo valutare se la società opponente avesse consapevolezza delle condizioni di dissesto in cui versava la [ndr. Società fallita] al momento di perfezionamento del contratto, essendo tale consapevolezza necessario presupposto per l’integrazione delle ipotesi di nullità prospettate”, aggiungendo che tale consapevolezza costituisce “un dato che può essere provato anche per presunzioni e dunque sulla scorta del complessivo apprezzamento degli elementi a disposizione”. La pronuncia di Cassazione n. 4736/2024, invece, nella misura in cui ha statuito che va giudicato illecito il mutuo funzionale a una strategia di occultamento del dissesto, richiamando precedenti del medesimo consesso che si sono pronunciati in punto di erogazione di somme di denaro in favore di un’impresa già in stato di decozione e volte a ritardare la dichiarazione di finanziamento, adottando una condotta avente attitudine “predatoria” nei confronti di soggetti economici in dissesto, presuppone l’implicito riconoscimento di consapevolezza del soggetto finanziatore. Infine, con sentenza n. 16706/2020 del 05.08.2020, la Sezione Prima della medesima Corte di Cassazione (richiamata dalla pronuncia sopra menzionata) ha cristallizzato il medesimo principio facendo espresso riferimento a “condotte consapevolmente compartecipative nel mantenere al di fuori della concorsualità l’imprenditore”, ancorando la disapprovazione dell’ordinamento a “condotte di occultamento o pratiche di egoistica ritrazione d’interesse singolare a fronte di una insolvenza oramai coinvolgente in termini di rischio di adempimento verso una massa di soggetti creditori”: tali espressioni, rievocano un concetto di consapevolezza e di coinvolgimento soggettivo, tale da rendere del tutto noto o conoscibile lo stato di insolvenza del finanziato e, quindi, dare origine ai profili di illiceità idonei a invalidare il contratto di finanziamento”.

Peraltro, tale orientamento è stato confermato sempre dal Tribunale di Monza con la sentenza n. sentenza n. 1718/2024 pubblicata il 13 giugno 2024, resa all’esito di un giudizio “gemello” promosso dalla Curatela stessa contro la Banca ricorrente. Qui il Tribunale ha rigettato la domanda di nullità – di fatto ripercorrendo gli stessi passaggi motivazionali dell’ordinanza sopra esaminata.

Da un lato, infatti, ha affermato che il comune presupposto per il riconoscimento delle diverse ipotesi di nullità contestate dalla Procedura nel caso di specie è dato dalla consapevolezza in capo alla Banca erogante il mutuo dello stato di dissesto in cui versava la società al momento del perfezionamento del contratto. D’altro lato che deve essere inoltre considerato il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità che esclude che, anche in caso di ritenuta violazione dei precetti penali previsti dalla Legge Fallimentare e oggi dal Codice della Crisi, si possa dar luogo ad ipotesi di nullità dei relativi contratti (cfr. Cass. 22 febbraio 2021, n. 4694, in motivazione).

In conclusione, il Tribunale ha accolto l’opposizione allo stato passivo promossa dalla Banca e per l’effetto ha ammesso la stessa al passivo della Liquidazione Giudiziale coma da domanda.

 

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