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Il confronto politico italiano è in tutt’altre faccende affaccendato, ma l’intervento del Governatore Fabio Panetta, il bollettino trimestrale della Banca d’Italia, la nota mensile della Confindustria hanno riacceso i riflettori sulla congiuntura economica. Panetta ha parlato con le parole del saggio: “Il prodotto lordo crescerà ancora, ma non bisogna eccedere in ottimismo”, ha detto all’assemblea dell’Assobancaria. Giancarlo Giorgetti ha rassicurato che non servirà una manovra lacrime e sangue per contenere il debito il quale, comunque, andrà ridotto così come il deficit pubblico oggetto della trattativa che si sta per avviare con la Commissione europea, perché <è scattata per l’Italia la procedura d’infrazione per eccesso di disavanzo.

Il bollettino elaborato dall’ufficio studi della banca centrale italiana stima che “il prodotto aumenterà dello 0,6 per cento nel 2024 (dello 0,8 escludendo la correzione per le giornate lavorative), dello 0,9 nel 2025 e dell’1,1 nel 2026”. Se è così, resta lontano l’un per cento sul quale ancora scommette il ministro dell’Economia. Sembra questione di pochi decimali, ma il divario è difficile da colmare perché la situazione economica internazionale non è facile e ancor più perché la politica monetaria resta restrittiva.

Scrive il bollettino: “Il Consiglio (della Bce) continuerà a seguire un approccio guidato dai dati nel determinare livello e durata adeguati della restrizione monetaria, senza vincolarsi a uno specifico sentiero dei tassi ufficiali”. Eppur si muove, ma sempre di “restrizione monetaria” si tratta. I tassi ufficiali sono al 4,25%, l’inflazione diminuirà quest’anno al 2,5%, il costo reale del denaro, dunque, è di oltre un punto e mezzo superiore all’andamento dei prezzi. Lasciamo ancora la parola al bollettino: “La stretta monetaria continua a incidere sul costo del credito. La flessione dei prestiti alle imprese prosegue, seppure attenuandosi; vi contribuiscono non solo una domanda di finanziamento modesta, per via degli alti tassi di interesse e della debolezza degli investimenti, ma anche criteri di offerta restrittivi a causa della diffusa percezione del rischio”. C’è il pericolo che aumentino i prestiti deteriorati se la crescita non decolla. Ma cosa sta impiombando la congiuntura?

Si è ridotta l’attività dell’industria manifatturiera e delle costruzioni che avevano spinto finora. Va il turismo, ma rappresenta, indotto compreso, il 15% del Pil. La congiuntura flash della Confindustria sottolinea che “nel secondo trimestre i servizi hanno frenato pur restando in crescita e l’industria prosegue il calo (nonostante il recupero di maggio). Buoni segnali per i consumi; investimenti ed export tengono, ma non trascinano. Il timido taglio Bce ancora non si legge nei tassi per famiglie e imprese”.

La produzione dopo quattro mesi di calo è risalita a giugno dello 0,5%, nell’insieme però il secondo trimestre registra un punto percentuale in meno. Rallentano i servizi che finora andavano bene. La faccia positiva è l’occupazione che cresce, l’export continua a tirare anche se un po’ meno del passato, gli investimenti che in Italia vanno meglio rispetto alla media europea, spinti anche dagli incentivi pubblici. Gli ordini di beni strumentali, però, si stanno riducendo. I consumi aumentano dello 0,3% molto meno del reddito reale (+3,3%). Le famiglie preferiscono risparmiare, segno anche questo di incertezza sul prossimo futuro. Un comportamento del tutto razionale di fronte a uno scenario mondiale segnato da due guerre e da crescenti tensioni tra le super potenze.

Un grande interrogativo riguarda l’edilizia con la progressiva uscita dalla droga del Superbonus. La Confindustria scrive che “gli investimenti in abitazioni nel 2019-2024, hanno fornito il contributo principale all’espansione complessiva. E sono cresciuti ancora nel 1° trimestre 2024 (+1,5%). Ma, dopo anni di espansione sostenuta da forti incentivi, sono attesi in frenata nel breve termine, forse già a partire dal 2° trimestre appena concluso e ancor più nella seconda metà dell’anno”. Al contrario gli investimenti in fabbricati non residenziali hanno avuto un contributo di appena il 3,8% alla crescita degli ultimi anni, ma stanno aumentando e potranno salire ancora se il Pnrr riuscirà a decollare, compensando così la caduta delle abitazioni. Tutto dipende dall’attuazione del piano. Una doccia fredda è venuta dalla Ragioneria dello Stato: l’ultimo monitoraggio di giugno rivela che sono stati messi a terra appena 49,5 dei 102,5 miliardi incassati fino a oggi.

Potremmo concludere che l’economia italiana è tra color che son sospesi. Il Governo non ha risorse per creare un effetto moltiplicatore con la spesa pubblica. La Banca centrale europea continua a lesinare e la cinghia monetaria rimane stretta. Il Pnrr va troppo a rilento. L’unico messaggio che si può dare alle famiglie e alle imprese è di rimboccarsi le maniche. Un aumento dei salari, sempre più urgente, potrebbe sostenere i redditi senza un impatto negativo sul trend discendente dell’inflazione. L’avvio di un risanamento dei conti dello Stato può rassicurare i mercati tenendo basso lo spread e riducendo il costo del debito. Un aumento della produttività potrà compensare la debolezza degli altri fattori. Aspettando che passi la nottata.

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