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Ancora niente libertà: il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti resta ai domiciliari nella villa di Ameglia. Questa mattina il tribunale del Riesame ha depositato il suo verdetto, molto atteso dalla sua parte politica ma anche dall’opposizione e dal mondo imprenditoriale.

Un verdetto che mantiene lo stallo della politica ligure che dura ormai da più di due mesi. Ma anche un’ordinanza molto attesa dalla stessa Procura, il cui lavoro per la prima volta è finito al vaglio di magistrati che non si erano mai occupati finora dell’indagine.

Toti è stato arrestato lo scorso 7 maggio, accusato di corruzione e voto di scambio. Contestazioni che potrebbero aggravarsi nelle prossime settimane.

Sul fronte politico la decisione potrebbe avere pesanti ripercussioni e spingere a una riflessione da parte degli alleati del centro destra circa l’opportunità o meno di presentare delle dimissioni.

Le parole dei giudici

I giudici inchiodano Toti al suo comportamento: «Con Spinelli e Moncada (Esselunga, ndr) si è mosso non già come la figura ideale di pubblico amministratore che ha voluto delineare nella sua memoria ma quasi come l’amministratore di una società privata che concordi con taluni azionisti di riferimento le linee strategiche della propria azione gestionale».

E ancora: «Non era Toti a delineare i propri piani e a discuterli mediando con i vari operatori del settore, ma era Spinelli a discutere i propri piani d’impresa con il Presidente nel mentre questi gli sollecitava finanziamenti per il proprio movimento politico».

Il Tribunale del Riesame concentra la sua attenzione sull’interrogatorio reso da Toti : «Vi si coglie è indubbio lo sforzo dell’indagato di apparire trasparente… ma alla resa dei conti sono le parole pronunciate e non l’atteggiamento interiore del dichiarante quelle con le quali occorre confrontarsi….Il lungo verbale è infarcito di non ricordo….un inciso che non brilla per chiarezza e trasparenza. La scelta di farsi interrogare non è un beau geste…».

E poi la stoccata: «C’era molto poco da ammettere di fronte a captazioni che restituiscono il quadro di un pubblico amministratore di rango apicale che , nel sollecitare costantemente finanziamenti per il proprio comitato elettorale conversa amabilmente con gli stessi finanziatori di pratiche amministrative di loro interesse per le quali si impegna ad intervenire presso le sedi competenti».

“Può favorire chi lo ha finanziato”

Quanto ai motivi che spingono i giudici a non revocare i domiciliari il pericolo di reiterazione del reato è quello ritenuto più urgente. Ecco perchè: «Se è stato necessario per l’indagato farsi spiegare dagli inquirenti che è vietato scambiare la promessa o l’accettazione di utilità di qualsiasi tipo con favori elargiti nell’esercizio della propria funzione pubblica… continua indubbiamente a sussistere il concreto e attuale pericolo che egli commetta altri fatti di analoga indole nella convinzione di operare legittimamente anche a prescindere da imminenti consultazioni elettorali. Ad esempio inducendo taluno a dargli o promettergli nuove utilità per finanziare il proprio movimento politico, adoperandosi per favorire un proprio grande elettore che partecipi ad una gara ad evidenza pubblica pubblica per l’aggiudicazione di un appalto per opere pubbliche e così via…».

Il finanziamento politico diventa un “prezzo”

I giudici sottolineano poi un principio di buon senso ancor prima che una norma giuridica.

«Che pubblico ufficiale e amministrato non debbano scambiarsi reciproche utilità è un postulato che sembra fondarsi sul diritto naturale ancor prima che su quello positivo. Se è pacifico che sollecitare finanziamenti a un movimento politico sia un comportamento del tutto lecito, è di palmare evidenza che concordarne l’erogazione in cambio di favori direttamente incidenti sulla posizione del finanziatore integra una forma di corruzione in quanto trasforma l’erogazione liberale…. nel prezzo per l’esercizio di poteri e funzioni del pubblico ufficiale».

Quanto all’imprenditore, e non si può non pensare ad Aldo Spinelli, che finanzia «un conto è appoggiare la strategia politica di un movimento sotto il profilo delle scelte generali… tutt’altro è pagare i concretissimi favori concordati».

Il Tribunale del Riesame conclude quindi: «Se Toti ha dato prova di non essere stato a parte di questi principi… appare indubbio che ne persista la peculiare pericolosità riferita al rischio che reiteri consumazione di delitti di analoga indole sulla sua personalissima convinzione di agire per il bene comune».

Il difensore: “Dimissioni sarebbero la soluzione”

«Con questo tipo di impostazione e con la necessità ribadita dal Riesame di non interferire sull’attività politico-amministrativa, l’unica soluzione che taglierebbe la testa al toro sarebbe quella delle dimissioni».

Lo ha detto Stefano Savi, legale difensore di Giovanni Toti, parlando con la stampa fuori da palazzo di Giustizia di Genova, dopo la decisione del Riesame. «Il solo fatto che ci sia un provvedimento almeno in parte atteso – sottolinea però l’avvocato – non costituisce di per sè automaticamente alcun presupposto per cambiare qualsiasi cosa. Toti sta finendo di leggere le 33 pagine: non credo abbia già maturato prospettive future, certamente il provvedimento sarà valutato sotto tutti i profili. Per quello che ne può scaturire sotto il profilo delle scelte politiche, è una decisione che merita ponderazione».

L’avvocato ha sottolineato che il suo assistito «si difende, come la Costituzione gli permette. Valuterà le scelte politiche da fare, che non sono di natura personale, ma collettive. Questo provvedimento pesa, ma può essere impugnato» ha aggiunto il legale, riferendosi alla preparazione del ricorso in Cassazione.

«La nostra prospettiva risponde alle esigenze personali di Toti sotto il profilo del processo penale, ma anche alla responsabilità che gli elettori gli hanno conferito per la gestione della Liguria – ha concluso – saranno prese delle decisioni tenendo conto di tutte e due queste cose».

Le fasi dell’inchiesta

Dopo gli arresti del 7 magigo il presidente della Regione si è subito avvalso della facoltà di non rispondere di fronte alla giudice per le indagini preliminari Paola Faggioni, che nei suoi confronti ha disposto i domiciliari come disposto dalla Procura guidata da Nicola Piacente.

Toti però ha chiesto e ottenuto dai pm Federico Manotti e Luca Monteverde, insieme all’aggiunto Vittorio Ranieri Miniati, di farsi interrogare relativamente presto.

E il 23 maggio, nella caserma della Gdf dentro l’area portuale (inaccessibile a giornalisti e curiosi) ha risposto alle oltre 150 domande preparate dagli inquirenti: “Tutti i finanziamenti che ho ricevuto sono tracciati, non mi sono mai messo in tasca niente, ho sempre agito per il bene pubblico”, la linea difensiva portata avanti fin dall’inizio.

Dopo l’interrogatorio e passate le elezioni europee, il governatore che ha sempre escluso l’ipotesi dimissioni ha chiesto alla giudice la revoca o, in subordine, l’attenuazione dei domiciliari. Ma il 14 giugno è arrivato un secco no: “C’è ancora il pericolo di reiterazione di reato e di inquinamento probatorio”.

Da qui la decisione di fare appello al tribunale del Riesame: non sul merito dell’inchiesta che fra gli altri coinvolge anche l’imprenditore Aldo Spinelli (ai domiciliari) e l’ex presidente dell’Autorità portuale Paolo Signorini (in carcere), ma esclusivamente sulla sussistenza delle esigenze cautelari. La discussione in aula, un’ora e mezza in cui ha parlato l’avvocato Savi senza che Toti si presentasse, è avvenuta lunedì scorso.

Nell’ambito di queste mosse, due passi fondamentali. Il primo, l’ammissione di non “chiedere più finanziamenti nelle modalità” contestate dalla Procura. Il secondo, la dichiarazione, sempre tramite avvocato, di non presentarsi alle prossime regionali del 2025 per un terzo mandato, che seppur contrario a quanto stabilito dal Parlamento è sempre stato un cavallo di battaglia di Toti prima del deflagrare dell’inchiesta.

Per quanto riguarda l’attività politica del presidente, nelle scorse settimane si è verificato un qualcosa di mai visto in inchieste di questo tipo: Procura e gip hanno autorizzato Toti a incontrare politici in diverse riprese: quattro appuntamenti fra membri della giunta, leader politici locali e nazionali.

Mosse che però non sono bastate per convincere i giudici del tribunale del Riesame a cancellare, o quantomeno ad attenuare, la misura cautelare nei confronti del presidente.

 

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