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Anche se l’attuale contesa per le materie prime critiche ha per teatro la comunità internazionale più che i palcoscenici locali, è possibile fare ricerca e sviluppo d’eccellenza in questo settore anche in Italia. Purché si rinforzi la capacità di fare sistema, sia tra i singoli gruppi di ricerca sia tra accademia e industria. È questa la fotografia, scattata dalla Società chimica italiana e dal Consorzio interuniversitario nazionale per la scienza e tecnologia dei materiali, che ritrae la salute della ricerca nazionale nel settore.

La chimica svolge un ruolo centrale nello sviluppo di tecnologie per riciclare le materie prime critiche, ma anche nella ricerca di materiali sostitutivi che riducano questa dipendenza. Tramite un questionario, l’indagine ha raccolto 537 risposte che forniscono uno spaccato delle opinioni e delle priorità all’interno delle due comunità scientifiche, nonché informazioni utili a orientare la ricerca e le politiche di indirizzo, anche a livello normativo. Infatti, con l’entrata in vigore del regolamento sulle materie prime critiche, lo scorso maggio l’Unione Europea si è imposta di garantire agli stati membri un approvvigionamento sicuro e sostenibile delle risorse necessarie a plasmare un futuro più verde.

Materie critiche e materie strategiche
Dal litio al cobalto, passando il rame e il nichel, le materie prime definite critiche – per ragioni sia geologiche che geopolitiche – per l’economia continentale sono attualmente 34, e 17 di queste sono ritenute strategiche (ovvero materie prime di cui si prevede una crescita esponenziale in termini di approvvigionamento, che hanno esigenze di produzione complesse e sono quindi esposte a un rischio più elevato di problemi di approvvigionamento). Diversificare l’approvvigionamento, che oggi dipende dalle importazioni, significa proteggere la transizione energetica – nonché quella digitale – da perturbazioni esterne. Per farlo l’Unione Europea punta, entro il 2030, a estrarre dentro i propri confini almeno il dieci per cento del proprio consumo annuo, a trasformarne al proprio interno il 40 per cento e a ricavarne dal riciclaggio il 25 per cento. Per adeguare la normativa nazionale sul settore minerario agli obiettivi e agli standard europei, il governo italiano ha approvato alla fine di giugno un decreto-legge specifico, nel quale si caldeggia inoltre l’elaborazione di una lista nazionale di materie prime critiche e strategiche.

Tornando all’indagine, le materie prime critiche più ricorrenti tra le attività di ricerca dei rispondenti sono risultate rame, cobalto e nichel, seguite da litio, silicio, metalli del gruppo del platino (platinum group metals, PGM) e alluminio. Circa un terzo dei ricercatori è impegnato in attività di ricerca per trovare alternative e sostituire i materiali critici. Proprio la sostituzione con elementi abbondanti e lo sviluppo di materiali alternativi, con ridotta criticità e minore contenuto di materie prime critiche e strategiche a parità di prestazione, costituiscono il principale indirizzo su cui, secondo i rispondenti, dovrebbero concentrarsi gli sforzi del paese. Le attività in atto riguardano settori rilevanti per la transizione energetica come la produzione di batterie, magneti, celle solari e idrogeno.

Recupero e riciclo
Il secondo indirizzo riguarda il recupero e il riciclo delle materie prime critiche, e in primis delle terre rare, tramite strategie avanzate come lo sfruttamento delle “miniere urbane” costitute dalla grande massa di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), ovvero dispositivi che hanno cessato di essere utili agli utenti o non assolvono più la funzione originaria, quali elettrodomestici non più funzionanti, laptop e smartphone obsoleti o lampadine esauste. Proprio i RAEE rappresentano un nervo scoperto anche per l’altrimenti virtuosa economia circolare italiana: nonostante le agevolazioni, la raccolta rimane oltre 30 punti percentuali sotto l’obiettivo europeo, fissato al 65 per cento del totale rispetto all’immesso sul mercato nei tre anni precedenti.

Altrettanto importante è il recupero del fosforo, uno degli elementi più critici per gli equilibri sociali e di sviluppo del pianeta, principalmente dalle acque reflue. Per quanto riguarda la compenetrazione tra pubblico e privato, la maggioranza (64,9 per cento) dei rispondenti al questionario sono ricercatori accademici e, in minor numero, di enti di ricerca pubblici, i quali svolgono la propria attività in modo indipendente, senza collaborazioni con aziende. Quelle in essere riguardano prevalentemente il settore energetico, quello agrochimico, il trattamento delle acque reflue, il settore ceramico e i RAEE.

Una questione cruciale per lo sviluppo economico
“Le materie prime critiche sono una questione strategica per lo sviluppo economico nazionale ed europeo. In un contesto globale sempre più sfidante, abbiamo il dovere di mettere a sistema le ricerche in corso e le eccellenze scientifiche esistenti in Italia, rendendole note e disponibili anche al di fuori del mondo accademico, con l’intento di favorire nuove sinergie”, premette Gianluca Farinola, professore di chimica organica presso l’Università Aldo Moro di Bari e presidente della Società chimica italiana, che dal 26 al 30 agosto si riunirà a Milano per il suo XXVIII Congresso nazionale, “Chimica, elementi di futuro”, dedicato principalmente al contributo della chimica allo sviluppo sostenibile.

“L’indagine ci restituisce lo stato dell’arte della ricerca in Italia, come premessa allo sviluppo e al rafforzamento delle collaborazioni e della ricerca pubblico-privata integrata e di sistema su questi temi, l’unica in grado di far compiere progressi sostanziali nell’applicazione industriale dei molteplici studi in corso nei laboratori di ricerca italiani”, conclude Farinola. “Questa integrazione dovrebbe essere promossa anche attraverso bandi di finanziamento che possano risultare attraenti non solo per la ricerca accademica ma anche per l’industria: il nostro auspicio è che questi dati aiutino il legislatore per un quadro normativo tarato sulle esigenze reali e volto a valorizzare il contributo della scienza e della ricerca.”

 

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