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C’è un avanzo da 3,1 miliardi di euro nelle casse dell’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (Inail). Emerge dal bilancio consolidato del 2023 che, approvato di recente, “parla” di un debito minore per lo Stato, ma che rappresenta anche un’anomalia.

Questa, quanto meno, la lettura dei numeri data dall’edizione online de La Repubblica, che riscontra poco impegno nella principale mission dell’istituto che è quella di prevenire malattie, infortuni e morti sul lavoro.

Dopo aver richiamato una recente esternazione della Corte dei conti, secondo la quale questo disavanzo desta perplessità se raffrontato alle gravi carenze sul lato degli infortuni sul lavoro, e sottolineato con in sindacati come ci sia necessità di assunzione di ispettori, prevenzione e formazione dei lavoratori, Valentina Conte scrive: “Per queste voci Inail spende briciole, se paragonate all’avanzo monstre. È sotto organico di 1.900 unità. Ha 190 ispettori contro un fabbisogno di 300. Nel frattempo l’economia va, Pil e occupazione crescono: così i premi pagati da imprese e lavoratori che gonfiano le entrate Inail. Gli indennizzi e le rendite, cioè le uscite, invece si abbassano, anche per tetti e franchigie poco generosi, introdotti nel tempo”.

A comporre il quadro dipinto dal quotidiano nazionale anche quegli incentivi a fondo perduto che Inail rivolge alle imprese che migliorano le condizioni di sicurezza, il cosiddetto Bando ISI, sui quali si registrano forti ritardi, oltre allo sconto in tariffi (se investi in sicurezza, paghi un premio più basso), per il quale c’è uno stanziamento di appena 200 milioni di euro e pochissime aziende beneificiarie rispetto a quelle da coinvolgere.

E questo – si legge – perché le imprese ritengono già di pagare una “tassa occulta”. Tariffe abbassate nel 2019 (di un miliardo e mezzo), ma per il sistema imprenditoriale sempre troppo alte rispetto a quanto poi Inail spende in prevenzione. L’anno scorso l’Istituto ha aumentato il budget per la formazione dei lavoratori, ma da 10 a 50 milioni. Davvero un’inezia.

E pensare che Inail ha una missione ampia. Potrebbe investire in sanità, scuola, infrastrutture sociali. I soldi ci sono, 5 miliardi fermi per la sola sanità. Mancano i progetti. E nell’inazione, senza una cabina di regia anche con le Regioni, tutto si ferma. Ma il denaro non dorme mai. E finisce nelle casse del Mef, il ministero dell’Economia che ci blinda i conti”.

E ancora: “Un equilibrio garantito da Inail in due modi. Alimentando la cassaforte della Tesoreria, come detto. Ma anche acquistando titoli di Stato. Di recente il Mef ha alzato da uno a due miliardi il plafond di acquisti di Bot e Btp. Intanto i lavoratori continuano a morire nei cantieri e nei campi, ad infortunarsi, ad ammalarsi. La sanità non funziona. Le scuole cadono a pezzi. Gli ispettori del lavoro non hanno neanche il software per fare le buste paga.

Anche a questo potrebbe contribuire Inail. Persino ad investire nell’economia reale, dagli immobili ai progetti di economia verde. Nulla di questo accade. Un problema per un Istituto che al pari dell’Inps, ora è un fortino della destra, in particolare di FdI che ha voluto Fabrizio D’Ascenzo, l’ex rettore di Economia dell’università La Sapienza, come presidente.

Non che D’Ascenzo ignori i nodi visto che nella “Relazione sulla performance 2023” elenca tra i punti di debolezza dell’Inail «l’insufficiente capacità di spesa». E tra le «minacce» i «limiti all’autonomia gestionale dell’ente» che incassa molto e spende poco.

Anche il Civ, il Comitato presieduto da Guglielmo Loy in rappresentanza di imprese e sindacati, a dicembre scriveva che il maxi avanzo è una «patologia», non fisiologia, «un’incongruenza, non un valore». E «ormai non più sostenibile». E pensare che nel bilancio preventivo l’avanzo era “solo” a 2,3 miliardi. A consuntivo siamo a 3,1 miliardi”.

Fonte: La Repubblica

 

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