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di Daniele Bovi 

In attesa dell’ufficialità a proposito di nomi e deleghe della giunta di Vittoria Ferdinandi, la sindaca potrebbe tenere per sé quella relativa alla partecipazione; uno dei temi che sono stati al centro della campagna elettorale della 37enne e che, stando a quanto promesso, dovrebbe trasformarsi in uno dei primi atti del nuovo esecutivo di Palazzo dei Priori.

NOMI E DELEGHE DELLA POSSIBILE GIUNTA FERDINANDI

Il problema Dal 2007 ormai le circoscrizioni sono state abolite ma il tema di come tenere insieme un territorio – quello del Comune – che è tra i più grandi d’Italia, di come avvicinare l’amministrazione ai cittadini e di come coinvolgerli nelle decisioni rimane centrale. Un problema per ora senza soluzioni. All’ultimo tuffo la precedente giunta ha approvato un modello basato sui «Tavoli territoriali», con alcune modifiche apportate in commissione e poi in consiglio. Uno schema che con tutta probabilità sarà smontato per far posto a quello immaginato da Ferdinandi in campagna elettorale. 

IL MODELLO APPROVATO DALLA VECCHIA GIUNTA

Coinvolgimento Il tema della partecipazione è quello che, anche simbolicamente, apre le 112 pagine del programma: partecipazione intesa non come «supplenza ai compiti del Comune», bensì come una «visione di gestione condivisa e inclusiva del territorio che si integra con il modello rappresentativo che il consiglio e la giunta incarnano». «La partecipazione – è detto ancora nel programma – non è politica rappresentativa di prossimità ma coinvolgimento diretto delle comunità insediate, non è risposta ai bisogni della maggioranza, ma ricerca del pensiero divergente per trovare metodi di costruzione di visioni collettive in grado di rappresentare anche le minoranze, non è delega alla popolazione in tutte le scelte, ma è dialogo e trasparenza riguardo quelle che sono le decisioni tecnico politiche del Comune e quelle che sono le aree e i temi aperti».

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Il modello Fatta questa premessa per così dire metodologica e scartata, per ovvie ragione, una replica fuori tempo massimo delle circoscrizioni, in concreto quale potrebbe essere il modello per la città? Nel complesso il momento della partecipazione deve essere «tempestivo», cioè deve svolgersi prima di una progettazione; trasparente nel senso della massima condivisione delle informazioni e in grado di «tenere in debito conto le osservazioni di ogni soggettività coinvolta», attraverso ad esempio pareri obbligatori anche se non vincolanti. In concreto si parla di istituire delle «Case della partecipazione», corrispondenti indicativamente ai territori delle ex circoscrizioni e con sedi in edifici pubblici. Ad animarle saranno coloro che, gratuitamente, vorranno dare il proprio contributo in termini di «funzioni consultive, di informazione e di proposta nei confronti di consiglio e giunta». 

Il ruolo Il tutto dovrà essere meglio precisato in un regolamento ad hoc ma, in generale, all’interno delle Case si potrà approfondire la conoscenza di alcune problematiche del territorio, collaborare alla programmazione di eventi e attività di ogni tipo, partecipare in modo attivo all’elaborazione di progetti, suggerire interventi e fornire pareri sul bilancio partecipativo. Su richiesta di gruppi di cittadini poi potranno essere aperte consulte tematiche (dalla famiglia agli stranieri, dai giovani fino a coloro che si occupano di volontariato, animali e così via), con un ruolo di indirizzo e consultivo. 

Il Consiglio L’altro pezzo essenziale del modello è il «Consiglio di cittadinanza» che «nasce come elemento di coordinamento tra le realtà partecipative territoriali e tematiche al fine di confrontarsi riguardo le attività svolte, i temi comuni e cercare soluzioni condivise rispetto temi conflittuali che coinvolgono più aree strategiche del Comune». A farne parte saranno coloro che sono attivi in uno degli organismi citati in precedenza, e che avranno come referente l’assessore alla Partecipazione (quindi probabilmente Ferdinandi); questo Consiglio «si riunirà periodicamente e ogni volta che sarà presente una proposta strategica da discutere». Anche in questo caso, la macchina andrà messa a punto in concreto in termini di metodi e strumenti.

Processi partecipativi L’obiettivo è anche quello di «non prendere decisioni con votazioni di maggioranza ma tramite processi partecipativi per la costruzione di visioni condivise in grado di tener conto anche dei bisogni emergenti e delle visioni divergenti delle minoranze». Una volta trovata una condivisione, la proposta sarà portata in consiglio comunale, che si impegnerà a valutarle e a «motivarne puntualmente le ragioni tecnico/politiche del loro rifiuto». La giunta e il consiglio poi «si obbligano a richiedere parere non vincolante al Consiglio di cittadinanza sulle materie di sua competenza e riguardo strategiche proposte urbanistiche di trasformazione del territorio». 

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