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Una spada di Damocle pesantissima pende sulla testa di Talete, la procedura d’infrazione aperta dall’Unione europea nel 2014 per la contaminazione da arsenico ammonta a 25 milioni di euro. Per evitare quel che sarebbe un autentico salasso, potenzialmente fatale per i suoi fragilissimi equilibri finanziari, la società idrica viterbese dovrà dimostrare carte alla mano di aver superato pienamente l’emergenza che ormai infuria da oltre un decennio. Altrimenti bisognerà valutare strade alternative.

A fare un focus su quella che sembra essere una situazione di estremo pericolo è stato l’amministratore unico Salvatore Genova, che, durante un convegno all’Unitus, ha affrontato pubblicamente la questione. “Confidiamo tutti in un annullamento della procedura d’infrazione, o quantomeno in una sensibile riduzione della stessa”, ha detto Genova, da poco riconfermato numero uno di Talete dall’assemblea dei soci. Ma Bruxelles in questi anni non ha mai aperto il minimo spiraglio a una risoluzione “pacifica” della questione. Se dovesse riconfermarsi al governo dell’Ue l’alleanza tra popolari, socialisti e verdi, probabilmente tutto sarà ancor più difficile, in quanto le problematiche ambientali e d’inquinamento sono considerate di cruciale importanza.

Il rischio, dunque, è quello che non venga applicato nessuno sconto qualora Talete non fosse in grado di certificare un superamento dell’emergenza legata alla contaminazione delle acque. Nel dettaglio, la società dovrà fornire dati che mostrino un sostanziale miglioramento della qualità dell’acqua erogata ai cittadini, notoriamente infestata dall’arsenico e da altri metalli pesanti a tal punto che, molto spesso, vari Comuni della Tuscia sono costretti a dover emanare ordinanze di non potabilità. A favore di Talete, se così si può dire, c’è un solo fattore, come evidenzia lo stesso Genova: “È un problema di tutto il territorio viterbese, ricco di metalli pesanti e gas inerti come ad esempio il radon”. E andare a modificare questa situazione, o magari soltanto tentare di alleviarla, è perciò molto complicato. 

Fatto sta che, salvo clamorosi colpi di scena, l’Ue ha da tempo avviato la procedura d’infrazione comunitaria. Pertanto, la maxi-multa è una possibilità ad oggi molto concreta. Difatti, sebbene la situazione sia migliorata nel corso degli anni, talvolta i dati di monitoraggio dei bacini idrici viterbesi segnalano uno sforamento delle quantità di metalli pesanti consentite dai parametri europei. Ciò significa che Genova deve tentare di correre ai ripari e vagliare ogni soluzione possibile per evitare la sanzione milionaria.

Una strada è quella del finanziamento da parte della Regione al progetto per la ricerca di fonti d’acqua potabile e incontaminata. Di pari passo andrebbe la richiesta di riconoscimento della calamità derivante dalla qualità della acque dalle quali Talete si approvvigiona per erogare il servizio idrico. La terza strada è connessa, invece, alla privatizzazione della società: qualora dovesse subentrare il famigerato socio privato – che si tratti di Acea o Suez, come più volte paventato nei mesi scorsi, oppure chiunque altro -, bisognerà che quest’ultimo esborsi di tasca propria diverse risorse per favorire la potabilizzazione. Tutto molto complicato, anche perché non è rimasto così tanto tempo a disposizione. Si tratta, a tutti gli effetti, di una corsa contro il tempo. 

 

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