A voler applicare lo schema consegnato da Giambattista Vico sui corsi e i ricorsi della storia, si potrebbe dire che quanto accadrà venerdì prossimo al preziosissimo esemplare del suo saggio fondamentale sulla “Scienza Nuova” rientri appieno nella fase ciclica della barbarie del senso: quella che subentra alla barbarie della riflessione, tratto caratteristico dell’età delle nazioni che il filosofo napoletano disse degli uomini, successiva a quella degli dei e all’altra degli eroi, il fatale punto di approdo nello stato selvaggio da cui ricomincia scandita con lo stesso ordine una nuova storia destinata a rifare lo stesso percorso.
L’annuncio
Nell’attesa che ciò avvenga, occorre registrare l’annuncio che viene dalla casa d’aste Finarte, dove nella sede romana il 5 luglio verrà battuta una rarissima prima edizione dell’opera di Vico con correzioni manoscritte al testo apportate dal suo autore almeno in una decina di pagine e altre integrazioni e revisioni attribuibili ai lettori a lui vicini, il cenacolo dei fedeli consiglieri. Si tratta di un volume stampato a Napoli nel 1725 da Felice Mosca, offerto da Finarte d’intesa con il proprietario privato a stima a richiesta. Ma il valore assolutamente importante trascende le categorie della bibliomania per vedersi riconosciuta l’entità – definita più di un secolo e mezzo fa da Francesco De Sanctis – di testo in grado di spiegare «la storia ideale eterna, la logica della storia, applicabile a tutte le storie particolari».
«Il veicolo con cui il concetto di sviluppo storico entrò finalmente nel pensiero dell’Europa occidentale», spiega Fabio Bertolo, esperto di manoscritti e libri antichi della casa d’aste. Un documento che appartiene dunque alla cultura di ogni tempo, patrimonio dell’umanità e testimonianza straordinaria dell’esercizio del pensiero universale. Se questo è, l’eccezionale copia – così presentata da Finarte può mai finire al centro di una sequenza che pare tratta da «La migliore offerta», il film di Giuseppe Tornatore del 2013, per giunta nel duecentottantesimo anniversario della morte di Vico e alla vigilia del trecentesmo dell’opera?
La storia del testo
La vicenda della “Scienza Nuova” – il cui titolo completo è “Principi di una scienza nuova intorno alla natura delle nazioni per la quale si ritrovano i principi di altro sistema del diritto naturale delle genti”, lievemente modificato nelle edizioni successive al 1725 è segnata da contingenze editoriali che restituiscono l’atmosfera di quel tempo. Nelle intenzioni di Giambattista Vico doveva essere ben più corposa, ma il mancato finanziamento del principe Lorenzo Corsini al quale è dedicata come il frontespizio rivela, lo indusse a stampare una versione diversa e ridotta rispetto al manoscritto originario. Tirata in mille copie a proprie spese, elaborata in un mese circa, presenta una sua facies peculiare. La descrizione resa da Finarte contribuisce ad alimentare la fascinazione del cultore: «Fregio calcografico al frontespizio, capilettera e titoli correnti, esemplare in barbe, consuete bruniture della carta, legatura coeva in pieno vitello biondo con impressioni a secco ai piatti, cornice dorata ad unico filetto, al dorso 5 nervi a separare sei comparti con decorazioni in oro, titolo su tassello in pelle nera, mancanze alla cuffia superiore e difetti a quella inferiore e alle cerniere».
Le versioni successive
Il filosofo la rivide del 1730 e la modificò ulteriormente nel 1744 per esporvi la propria concezione di una scienza propriamente umana a fondamento della cui certezza sta la possibilità di assumere il fatto, ossia ciò che si compie o si produce, come vero, in polemica con il razionalismo scientifico e metafisico cartesiano. L’uomo conosce in senso completo soltanto ciò che fa: non la natura, bensì la storia che comprende allora l’espressione linguistica e artistica, le istituzioni sociali, religiose e politiche. È sottolinea – il «mondo delle nazioni, o sia mondo civile» di cui è possibile ritrovare i principi «entro le modificazioni della nostra medesima mente umana». «È una psicologia applicata alla storia», sigillava il giudizio Francesco De Sanctis nella suaStoria della letteratura italiana. Enrico Niuzzo, nel saggio che accompagna il volume «Giambattista Vico, La Scienza Nuova 1725», pubblicato da Edizioni di Storia e Letteratura nel 2023, aggiunge che si delinea attraverso «una scrittura di grande linearità e precipua bellezza sulla quale il consueto bisogno di Vico di ritornare sulle sue opere per ripensarle e perfezionarle non ebbe modo, se non estremamente contenuto, di esercitarsi nei tempi esigui della sua lavorazione per la pubblicazione e della sua stessa prima circolazione».
Il nuovo capitolo
Oggi, la messa all’asta dell’esemplare del 1725 va a comporre un ulteriore capitolo del romanzo, declinato nel registro del giallo giudiziario, dei libri antichi a Napoli. Ancora Vico, suo malgrado, ne è il protagonista: rimanda al caso della scomparsa accertata dodici anni dei volumi della Biblioteca dei Girolamini per il cui reato venne accusato l’allora direttore della Biblioteca, Marino Massimo De Caro, poi reo confesso e condannato nel 2015 è stato condannato in via definitiva a sette anni di reclusione per peculato con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Lo storico Sergio Luzzatto, nel 2019, vi ha scritto il libro “Max Fox o le relazioni pericolose”. Le prime edizioni su cui si era creato il fondo di circa 159.700 titoli, tra cui 94 incunaboli, cinquemila cinquecentine e numerosi manoscritti, erano state donate proprio da Giambattista Vico assieme alle prime edizioni di tutte le sue opere. Una sala del complesso è a lui dedicata. Va senza dire che la “Scienza Nuova” meriterebbe di trovarvi posto.
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