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Il tema dell’onere della prova nella cessione di crediti in blocco ex art. 58 TUB è oramai divenuto un vero spartiacque nelle corti di merito, arrivando così a distinguere tra tribunali filobancari che richiedono la mera allegazione di un estratto in Gazzetta Ufficiale e gli altri che, invece, impongono oneri ben più gravosi per l’istituto cessionario al fine di dimostrare la propria legittimazione sostanziale e processuale.

L’argomento è stato di recente affrontato dal Tribunale di Napoli Nord, in persona del Giudice dott. Arminio Salvatore Rabuano, che con una sentenza ben argomentata e con ragionamento – che potremmo definire – ermeneutico, interpreta il testo dell’art. 58 TUB che disciplina, come da rubrica, la “Cessione dei rapporti giuridici”, integrandolo con la natura e la normativa civilistica del contratto sotteso a tale disposizione speciale, nonché con l’aspetto gius-processualcivilistico della domanda fatta valere nel relativo giudizio.

*****

Il caso.

Il giudizio posto all’attenzione del Tribunale normanno prende le mosse da un’opposizione a decreto ingiuntivo, azionata da un privato, avverso una società resasi cessionaria ex art. 58 TUB del diritto di credito vantato da altro istituto creditizio, a sua volta divenuto titolare del richiamato diritto, in virtù di un’operazione di fusione ed incorporazione societaria. Nell’opposizione, oltre ad alcune censure preliminari, l’opponente eccepiva la mancata dimostrazione della titolarità del credito da parte dell’opposta e l’inapplicabilità del principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c. rispetto alla circostanza di fatto delle intervenute cessioni del credito azionato in sede monitoria.

Si costituiva nel giudizio di opposizione la società cessionaria, la quale contestava le avverse eccezioni e deduzioni ed affermava tra l’altro – per quanto qui interessa – che la cessione in virtù della quale l’opposta aveva acquisito la titolarità del credito fatto valere in sede monitoria, era stata oggetto di opportuna pubblicità mediante pubblicazione dell’atto di cessione in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, così come prescritto dal disposto di cui all’art. 58 TUB, il che avrebbe reso l’atto di cessione del credito opponibile al debitore ingiunto.

 

La decisione.

Il Giudice, dopo aver negato in sede di prima udienza la concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo e dopo aver concesso i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c., riservava la causa in decisione e concludeva accogliendo l’opposizione e revocando il decreto ingiuntivo opposto, in quanto la società cessionaria non aveva dimostrato la titolarità del diritto di credito, avendo omesso di provare tutte le cessioni della pretesa creditoria oggetto del giudizio, nella misura in cui non aveva prodotto alcun documento identificante la trasmissione dello specifico diritto azionato nei confronti del presunto debitore.

 

Le motivazioni.

Il Tribunale di Napoli Nord, con la sentenza in commento, ha affrontato due temi rilevanti, ovvero il primo sulla domanda giudiziale di chi si assume cessionario del credito millantato e il relativo onere probatorio nel giudizio, alla luce del principio generale di cui all’art. 2697 c.c. e il secondo in ordine al valore specifico della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale in ragione di quanto contenuto nello stesso Testo Unico Bancario.

Sul primo punto, la sentenza commentata così testualmente motiva: “… a) l’atto di cessione è un elemento della causa petendi della domanda di pagamento e, quindi, deve essere oggetto di allegazione e prova da parte di colui che fa valere il diritto di credito ai sensi dell’art. 2697 c.c. Consegue che la questione dell’esistenza dell’atto di cessione non è rilevabile d’ufficio dal giudice ma rientra nel “target” degli oneri di allegazione e prova del soggetto creditore;

  1. b) il contratto di cessione del credito è un contratto consensuale ad effetti traslativi che si perfeziona a seguito dell’accordo intervenuto tra la parte cedente, originaria titolare del credito, e la parte cessionaria.

È, infatti, il consenso unanime espresso dalle parti del negozio di cessione a produrre il passaggio della titolarità del credito proprio dell’atto di cessione, così come prescritto dal principio generale di cui all’art. 1376 c.c.

Ne consegue che, per potersi dare prova dell’intervenuta cessione del credito, il cessionario, che intenda far valere in giudizio la propria posizione creditoria, debba necessariamente allegare e dimostrare l’intervenuto accordo con il soggetto cedente avente ad oggetto il trasferimento della titolarità dello specifico credito di cui si chiede il pagamento in sede giudiziale”.

In altre parole, il Giudice del Tribunale di Napoli Nord non ha fatto altro che applicare il principio oramai consolidato a mente del quale la titolarità della posizione soggettiva vantata in un giudizio, che l’attore ha l’onere di allegare e di provare, attiene al merito della causa, quale elemento costitutivo del diritto fatto valere[1].

A tal proposito, in sentenza ulteriormente si legge: “Circa la centralità della dimostrazione dell’accordo, quale elemento fondamentale da cui deriva l’effetto traslativo prodotto dal contratto consensuale di cessione del credito, si è infatti da ultimo espressa anche la S.C. in Cass. Civ., sez. II, sent. n. 12611/2021, la quale a tal proposito ha precisato che “il cessionario di un credito che agisca nei confronti del debitore ceduto è tenuto a dare prova unicamente del negozio di cessione, quale atto produttivo di effetti traslativi, e non anche della causa della cessione stessa; né il debitore ceduto, al quale sono indifferenti i vizi inerenti al rapporto causale sottostante, può interferire nei rapporti tra cedente e cessionario, poiché il suo interesse si concreta nel compiere un efficace pagamento liberatorio, con la conseguenza che egli è esclusivamente abilitato ad indagare sull’esistenza e sulla validità estrinseca e formale della cessione. A riguardo va osservato che ciò che i Giudici di legittimità precisano e che questo Giudice ribadisce, è il dato secondo cui l’essenzialità dell’allegazione e della prova del negozio di cessione da parte del cessionario che agisce in giudizio per il soddisfacimento del credito risponde alla specifica esigenza di consentire al debitore, anche in conseguenza dell’adozione di una sentenza di condanna, di eseguire un pagamento liberatorio nei confronti dell’effettivo titolare della posizione di credito.”.

Sulla prova del contenuto del contratto di cessione, si segnala in epoca più datata Cass., sez. III, 13/09/2018, n. 22268 o ancora Cass., sez. III, 31/01/2019, n. 2780[2].

Analogamente, vedasi quanto statuito dal Tribunale di Catanzaro, sez. I, con sentenza del 22 novembre 2020, secondo cui: “In ordine alla valenza probatoria da riconoscere alla pubblicazione su Gazzetta Ufficiale della cessione di crediti in blocco, va evidenziato che la funzione di detta pubblicazione è quella di assolvere alla notifica dell’intervenuta cessione al debitore ceduto di cui all’art. 1264 c.c., ai fini quindi dell’efficacia dell’atto, ma non è di per sé prova della cessione medesima, che deve essere sempre provata documentalmente mediante l’allegazione del relativo contratto”[3].

Dunque, in definitiva, si è affermato che l’esistenza del contratto di cessione, ai fini della dimostrazione della titolarità dello specifico credito fatto valere dal cessionario, è essenziale nel giudizio e va allegata dalla parte che si dichiara cessionaria e creditrice.

Su questa medesima scia, il tribunale normanno, con la pronuncia in commento, ha ritenuto che nella fattispecie di cui è causa non siano in alcun modo derogabili le norme relative agli oneri probatori delle parti processuali, con la conseguenza che chiunque chieda l’attuazione della legge in relazione ad uno specifico diritto che voglia far valere in via di azione, deve provare il fatto giuridico da cui discende il preteso diritto e, quindi, tutti gli elementi o requisiti per legge necessari alla nascita dello stesso o che costituiscono le condizioni positive della pretesa[4].

Da ciò discende, senza ombra di smentita, che il cessionario che agisca per veder riconosciuto un importo a proprio credito, deve dimostrare la propria titolarità con l’allegazione del contratto di cessione sottoscritto col cedente, che provi appunto il trasferimento del credito determinatosi per effetto del consenso legittimamente manifestato dalle due parti contrattuali[5].

 Quanto al secondo punto evidenziabile in sentenza, il Giudice Rabuano non ha fatto altro che interpretare l’art. 58 TUB, che al comma 2 si limita a riferire: “La banca cessionaria dà notizia dell’avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana”.

In altre parole, il comma 2 dell’articolo testè richiamato non individua le modalità con cui si perfeziona la cessione del credito tra cedente e cessionario (la quale, si ribadisce, va provata con l’allegazione del contratto di cessione, come sopra rappresentato), bensì esso attribuisce alla pubblicazione in G.U. la funzione propria dell’art. 1264 c.c.[6], rendendo così irrilevante l’accettazione o la notifica da parte dei debitori ceduti[7].   

Dunque, si perviene alla conseguenza che ai fini della dimostrazione della titolarità del credito ceduto da parte del cessionario non è giammai sufficiente la sola produzione dell’estratto di Gazzetta Ufficiale, la quale risulta essere solamente dimostrativa del rispetto di una forma di pubblicità dichiarativa utile ai fini dell’opponibilità della cessione del credito.

Le peculiarità della normativa speciale bancaria, direttamente connesse alla disciplina della cessione dei crediti, riguardano pertanto le modalità per rendere efficace il trasferimento nei confronti del debitore ceduto e dei terzi, sostituendo alla notifica e all’accettazione da parte del debitore, a mente del richiamato art. 1264 c.c., la sola pubblicazione in Gazzetta Ufficiale: circostanza che potrebbe essere giustificata non solo dalla normativa bancaria di favore per gli istituti creditizi, ma anche dal fatto che trattandosi di cessione di crediti in blocco, sarebbe eccessivamente onerosa la comunicazione singola a ciascun debitore o terzo.

Ad onore del vero, il Tribunale di Napoli Nord, a quanto sinora evidenziato, aggiunge ulteriori due precise e rilevanti considerazioni, ovvero:

  1. L’opponibilità della cessione può dirsi operante solo nel caso di rispetto di entrambe le forme di pubblicità prescritte dall’art. 58, co. 2, TUB, ovvero oltre alla pubblicazione dell’atto di cessione in blocco in Gazzetta Ufficiale, anche l’iscrizione nel Registro delle Imprese, che sinora è stata molto poco contestata dagli opponenti e poche sono le pronunce in tal senso, ma in ogni caso tale iscrizione non viene solitamente dimostrata in giudizio da parte dei cessionari[8];
  2. l’estratto della Gazzetta Ufficiale, ai fini pubblicitari di cui si è detto poc’anzi, deve recare l’individuazione specifica dei crediti ceduti e non una generica indicazione per classi.

Tale ultima statuizione è d’altronde coerente con quanto precisato dalla Banca d’Italia nel Bollettino di vigilanza n. 7/2001, che ha affermato che la pubblicazione in GU deve sempre consentire ai soggetti interessati di acquisire informazioni sulla propria situazione[9].

La sentenza qui commentata, sul punto peraltro, si conforma alla sentenza n. 21821 dello scorso 20 luglio 2023, con cui la sez. I della Corte di Cassazione, in un contenzioso in cui la cessionaria aveva prodotto in atti copia della Gazzetta Ufficiale contenente la pubblicazione dell’avviso di cessione pro soluto, ai sensi degli artt. 4 e 7, comma 1, della l. n. 130/1999, relativa al contratto di cessione, avente a oggetto “tutti i crediti (per capitale, interessi, anche di mora, accessori, spese, ulteriori danni, indennizzi e quant’altro) derivanti da contratti di finanziamento, chirografari ed ipotecari, e sconfinamenti di conto corrente sorti nel periodo compreso tra 1982 e 2016, i cui debitori sono stati classificati “a sofferenza” ai sensi della Circolare della Banca d’Italia n. 272/2008 (matrice dei conti)” ha ribadito che in tema di cessione in blocco dei crediti da parte di una banca, ai sensi dell’art. 58 TUB, è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi, solo allorché gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentano di individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione.

Dunque, l’operazione di cessione deve essere chiara e precisa e il relativo dettaglio dei crediti deve essere di agevole comprensione anche nella stessa pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Questi sinora evidenziati sono i principi espressi nella recente pronuncia del Tribunale di Napoli Nord, che si spera possano divenire precedenti importanti nel panorama processual-civilistico, che oggi più che mai vede un proliferarsi di giudizi monitori e a cognizione piena, in cui una delle parti, quella asserita creditrice, è sostanzialmente una cessionaria dell’istituto di credito, originario creditore cedente, che sta godendo di oneri probatori attenuati in tutti quei tribunali che ritengono bastevole l’allegazione dell’avviso in Gazzetta Ufficiale.

 

 

____________________________________

[1] cfr. Cass. Sezioni Unite, 16 febbraio 2016, n. 2951, che hanno risolto un contrasto giurisprudenziale in materia di contestazione della reale titolarità attiva o passiva del diritto sostanziale dedotto in giudizio e con essa è stata chiarita la distinzione tra la titolarità del diritto ad agire e la titolarità della posizione soggettiva vantata in giudizio, pervenendo al principio secondo cui  titolarità della posizione soggettiva vantata in giudizio attiene al merito della causa, sicché la parte che intenda provarla, deve sulla base dell’art. 2967 c.c., dimostrala sufficientemente provandola tempestivamente. Il principio è stato di recente ribadito da Cass. Civ., Sez. I, n. 39528/2021 che, senza soluzione di continuità con i precedenti pronunciamenti, ha riaffermato sostanzialmente tale principio.

[2] Ex multis Trib. Rimini, ordinanza n. 4416 del 27.02.2020

[3] In senso conforme, anche Tribunale di Milano, sez. VI, sent. n. 7350/2021 che ha così disposto: “… a provare, nell’ambito dell’opposizione a decreto ingiuntivo, la titolarità del credito del cessionario è il contratto di cessione pena la revoca del titolo…”. In tema, può essere richiamato per correttezza espositiva quanto affermato in Corte di Appello di Ancona, sez. II, sent. n. 90/2022: “Nell’azione di recupero crediti avviata dal cessionario successivamente alla cessione in blocco dei crediti ai sensi dell’art. 58 del testo unico Bancario, manca la prova della legittimazione attiva del cessionario procedente quando produca a sostegno del proprio titolo esclusivamente l’avviso pubblico fatto sulla Gazzetta Ufficiale, essendo individuati i crediti solo in modo generico e non idoneo ad identificare in maniera specifica i crediti ceduti” (in senso conforme, cfr. Tribunale di Locri, sez. I, sent. n. 461/2021; Tribunale di Lecco, sez. I, sent. n. 334/2021; Tribunale Bologna, sent. n. 1197/2022).

[4] Cass. Civ. 23 aprile 1980 n. 2663; 10 luglio 1974 n. 2042.

[5] Cass. Civ. 27 ottobre 1956, n. 3993; 17 marzo 1995 n. 3099.

[6] Cfr. Capriglione f., Commentario al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, II ed., 462.

[7] La sentenza in commento sul punto così statuisce: “A tal fine, non può essere giammai utile e sufficiente la prova dell’intervenuta notifica della cessione del credito al debitore ai sensi degli artt. 1264 e 1265 c.c. o per l’effetto di qualsivoglia altra modalità di comunicazione al debitore della cessione mediante forme di pubblicità dichiarativa come quella di cui all’art. 58, TUB, per la quale la cessione del credito originante dai contratti bancari si considera conosciuta dal debitore mediante la pubblicazione dell’atto di cessione in Gazzetta Ufficiale e nel Registro delle Imprese”.

[8] Tribunale di Perugia, sez. II, sent. n. 1240/2021, secondo cui: “Nel caso di cessione in blocco di crediti ai sensi dell’art. 58 t.u.b. cui sia seguita azione di recupero degli stessi da parte del cessionario, va dichiarato il difetto di prova della titolarità attiva del cessionario qualora questi abbia prodotto in giudizio, a fondamento della pretesa, solo l’avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale – e non anche la prova dell’iscrizione della cessione nel registro delle imprese -, nel quale avviso, peraltro, le categorie dei crediti sono indicate in modo generico ed inidoneo ad identificare con certezza il credito ceduto”.

[9] Cfr. ex multis. Cass. 31188/2017; Cass. 5385/2011, 18361/2004.

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