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A cura di Civil Servant* e Alfonso Scarano**

Dal 2015 i contribuenti Irpef possono destinare il 2 per mille dei tributi nazionali al finanziamento dei partiti politici senza alcun aggravio per il dichiarante. Sorprendentemente i dati mostrano un quadro molto differente da quello delle elezioni. Le dichiarazioni presentate nel 2023 indicano che l’attuale coalizione di governo, pur avendo conquistato quasi il 43% dei voti alle ultime elezioni politiche, è finanziato attraverso l’Irpef solo da meno del 30% dei contribuenti. Quindi, se si votasse col 730 è probabile che il governo non avrebbe la maggioranza.

In realtà, questo risultato non può essere considerato del tutto rappresentativo delle opinioni degli italiani, perché l’opzione del 2 per mille è esercitata solo da una esigua minoranza degli aventi diritto (appena il 4,2%, pari ad un dodicesimo dell’affluenza alle europee).

Il voto “fiscale” indica la volontà di contribuire finanziariamente all’attività dei vari partiti, che è qualcosa in più della semplice adesione ai rispettivi programmi misurata dalle elezioni, ma esclude necessariamente gli elettori che non sono soggetti all’Irpef. Tra questi figurano casalinghe/i senza redditi, la maggior patre degli iscritti ai corsi post-diploma ed i disoccupati, che sono tra le categorie che partecipano meno anche al voto secondo un recente Rapporto della commissione istituita dal Ministero per i Rapporti col Parlamento.

Come si vede dalla tabella, gli elettori di destra-centro si rivelano meno generosi nei confronti dei propri rappresentanti, o almeno sembrano meno propensi a dichiarare al fisco le proprie preferenze. Ogni voto effettivo per la coalizione governativa si è tradotto solo in 0,7 voti “fiscali” alla Camera e 0,6 alle Europee. Invece l’opposizione ha ricevuto contributi fiscali che vanno da 1,3 ad 1,4 volte i voti effettivi. Il partito che ha ottenuto più voti a parità di contributi fiscali è Forza Italia, i cui consensi elettorali superano di 3-4 volte quelli raccolti tra i contribuenti, ma anche Lega e Fratelli d’Italia hanno ricevuto circa tra il 20 e il 45% in più rispetto ai contributi fiscali. All’interno dell’opposizione, il Movimento 5 Stelle ha ottenuto alla Camera 1,5 voti per ciascun contribuente, che però si sono ridotti ad 1 alle europee. Il Pd, al contrario, ha ottenuto dal 30% al 40% in meno di voti effettivi rispetto a quelli fiscali e Alleanza Verdi-Sinistra dal 20 al 60% in meno.

In media, sia nella maggioranza che nell’opposizione i versamenti Irpef pro-capite sono molto vicini alla media nazionale, segno che il consenso fiscale di entrambi gli schieramenti è abbastanza trasversale. Tra i sostenitori fiscali dei vari partiti si registrano versamenti Irpef più elevati tra quelli di Pd, FI e neocentristi. Al contrario, gli elettori fiscali di M5S, Lega, AVS e partiti minori versano meno Irpef della media, mentre il partito di maggioranza relativa registra versamenti quasi esattamente in linea con quelli della media, probabilmente a conferma di un consenso diffuso tra le diverse categorie. Su questi risultati, influiscono sia il diverso livello dei redditi dichiarati (amplificato dall’imposizione progressiva), sia il diverso ammontare degli sconti fiscali, dei redditi esenti e dell’evasione. Pertanto solo una lettura frettolosa può identificare i sostenitori fiscali di alcuni partiti con specifici gruppi economici e sociali, come gli evasori ed i residenti nelle ZTL o nelle aree disagiate.

I contribuenti che hanno assegnato il 2 per mille ai partiti politici sono ancora pochi per trarre conclusioni generali, inoltre non si può escludere un voto “disgiunto” alle urne e nei modelli fiscali. Tuttavia, il forte divario rispetto ai risultati elettorali, unito ad un assenteismo monstre, dovrebbe suggerire una certa prudenza sulla solidità del consenso di cui godono alcuni partiti e non è detto che, alla lunga, la scarsa adesione al meccanismo di finanziamento del 2 per mille non si rispecchi anche sulle urne.

* Economista. Ha lavorato presso varie istituzioni nazionali e internazionali
** Analista finanziario indipendente, fondatore del Gruppo Caffè

 

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