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Oltre settemila nuraghi, 3500 Domus de Janas, i Menhir, le necropoli scavate nella roccia viva, le Tombe dei Giganti. La civiltà nuragica è tra le più singolari del Mediterraneo antico, ma in tanti non lo sanno. Un focus dell’ultimo rapporto Crenos sull’economia della Sardegna mette in ordine una serie di numeri sorprendenti. Il 47% degli italiani non conosce i monumenti della civiltà nuragica, percentuale che, nel caso degli under 24, raggiunge addirittura il 74%. Tra le ragioni, c’è sicuramente lo spazio nullo o del tutto marginale dedicato nei testi scolastici ai nuraghi.

L’indagine citata dal Rapporto – OC&C-Eumetra, 2023 – ha rivelato anche il basso impatto a livello economico delle risorse archeologiche. Che, in Sardegna, in alta stagione, attraggono una percentuale di turisti del 5,2%, mentre le risorse naturali, coste e mare in primis, attraggono il 63,5% dei turisti. In pratica: il patrimonio archeologico rappresenta per la Sardegna una risorsa enorme ma dal potenziale inespresso. Un’iniziativa avviata nel 2020 dall’associazione “Sardegna verso l’Unesco” si propone di richiedere il riconoscimento dei monumenti della civiltà nuragica nella lista dei beni Patrimonio mondiale dell’Umanità. Nel novembre 2021 32 monumenti sono stati inclusi ufficialmente nella “Lista propositiva” (Tentative list italiana), cioè la lista di quei siti a cui ogni Stato riconosce un potenziale valore eccezionale, e dalla quale viene selezionato ogni anno il sito che lo Stato può presentare.

Su questi siti, in particolare, il Crenos ha raccolto informazioni sull’accessibilità, la fruizione e la gestione. Da questa indagine è emerso che i monumenti in questione sono stati visitati nel 2023 da 438mila persone, con una forte variabilità a seconda del sito: si va da un minimo di circa mille visitatori a S’Arcu ‘e is Farris di Villagrande Strisaili, ad un massimo di 97mila nel Nuraghe “Su Nuraxi” di Barumini (già sito Unesco dal 1997). In generale, la componente straniera rappresenta il 47% del totale, quella proveniente da altre Regioni italiane il 28% e quella dei residenti in Sardegna è del 25%. I monumenti più visitati sono quelli in prossimità di porti o aeroporti o di arterie importanti come la 131, o di aree costiere già frequentate dai turisti. I siti con minori flussi di visitatori sono quelli che si trovano nelle aree interne dell’Isola, quindi meno accessibili. In media, il 45,8% dei visitatori è concentrato tra luglio e settembre. L’aspetto positivo, rileva l’ultimo Rapporto Crenos, è che i flussi dei visitatori ai siti archeologici è distribuito in modo più omogeneo nel corso dell’anno, rispetto a quelli turistici totali, a conferma dell’utile contributo che il turismo culturale può offrire all’obiettivo della destagionalizzazione.

Complessivamente, i 22 monumenti della tentative list registrano 6,1 milioni di euro di ricavi e impegnano 150 addetti. Tra i 22, sono 17 quelli che possono contare su un contributo regionale (4 milioni in tutto) a coperture delle spese per il personale.
Nella gestione sembrano abbastanza deficitari i modelli di business, in generale scarsamente orientati al mercato turistico. Emerge l’insufficiente collaborazione con gli operatori della filiera culturale e turistica. Insufficiente anche il ricorso alle nuove tecnologie. In generale, le attività di gestione dei monumenti mostrano una bassa spesa pro capite dei visitatori per servizi aggiuntivi. In molti siti non sono operative attività quali la ristorazione, il bookshop. Offerta modesta anche per quanto riguarda servizi come indicazioni stradali, parcheggi, wi-fi.
Quindi, l’inserimento nel patrimonio Unesco sarebbe l’occasione per accrescere la conoscenza della civiltà nuragica nel mondo, ma – si legge nel rapporto Crenos – la certificazione dell’eccezionale valore universale non sarebbe di per sé sufficiente a trasformare la risorsa in un attrattore turistico in grado di motivare flussi turistici a scegliere la destinazione per le proprie vacanze.

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