La classifica dei “25 chef più influenti” di Forbes è una passerella che sembra perdere di vista il concetto di influenza gastronomica, ed è un’occasione persa in un momento delicato della nostra ristorazione.
La classifica di Forbes dedicata ai 25 chef più influenti d’Italia arriva in un momento particolare. L’ultima presentazione della World’s 50 Best Restaurants non è stata magnanima con la rappresentanza gourmet italiana. Al netto della performance da ottimo “esordiente” di Norbert Niederkofler, con una generica perdita di posizioni e l’esclusione totale di Enrico Bartolini, la prossima edizione dell’evento non sembra promettere grandi rivoluzioni per i nostri colori, e non ci possiamo certo aspettare favoritismi per la nostra posizione di padroni di casa, visto che il red carpet si terrà in quel di Torino.
La risposte della critica è stata pressoché unanime, auspicando -con poco entusiasmo, in verità- un’azione più orchestrata e organica della nostra ristorazione gourmet, con azioni volte a raccontare e rappresentare al meglio i nostri talenti agli occhi degli addetti ai lavori, chef e appassionati che costituiscono l’academy che ogni anno redige la patinata classifica. Sarebbe ora, perché con il talento puro dei singoli, da Romito a Camanini, si è fatto veramente tutto quello che si poteva fare.
In questa congiunzione così delicata ecco entrare in scena Forbes, testata abituata a redigere classifiche di valore, come l’ambitissima “Under 30”, in cui ogni anno si esaltano i giovani talenti in vari settori, dall’intrattenimento alle scienze, che dà il suo contributo alla causa con un’ulteriore classifica, quella dei “25 chef più influenti”, al suo primo anno – deduciamo quindi che ne seguiranno altri – e redatta da la direttrice di La Cucina Italiana Maddalena Fossati Dondero con la collaborazione di Casa Artusi, Accademia italiana di cucina e al Collegio Culinario.
La classifica
![Forbes classifica chef influenti](https://images.dissapore.com/wp-content/uploads/2024/06/Forbes-classifica-chef-influenti-scaled-e1719500326824.jpeg?width=660&height=0&quality=75)
Ora, tutte le classifiche sono opinabili, e si fanno anche per questo, per creare dibattito. E ognuno degli chef presenti ha la sua brava giustificazione, sacrosanta ci mancherebbe altro. D’altronde non si può certo dire che i redattori di questa classifica abbiano fatto chissà quale sforzo di fantasia visti i nomi: Bottura, Cannavacciuolo, i Cerea, Crippa… mostri sacri, il cui posto nell’olimpo culinario non è certo in discussione. È il concetto di “influente” che però mi lascia perplesso. L’avessero chiamato “gran galà” o “telegatti della cucina” non ci sarebbe stato nulla di male, ma siamo sicuri che siano questi mostri sacri a stare esercitando oggi un’influenza in cucina, e quindi a modificare nel concreto quello che ci ritroveremo nei piatti gastrofighetti di domani?
Cosa intendiamo per chef influenti? Chi manca tra i 25 secondo noi
![lucio](https://images.dissapore.com/wp-content/uploads/2024/01/lucio-scaled.jpg?width=660&height=0&quality=75)
Pensando a chi in pochi anni ha cambiato in maniera percepibile il panorama della ristorazione italiana, il primo nome che mi sovviene è quello di Jacopo Ticchi, chef del ristorante Lucio a Rimini, il suo lavoro sulla frollatura del pesce è una delle pochissime vere rivoluzioni propriamente dette che abbiano attraversato la ristorazione, a volte fornendo ispirazione, altre creando epigoni, com’è naturale che sia. Con un nuovo ristorante sul mare in arrivo e già una presenza nella classifica degli Under 30 proprio di Forbes, nessuno ha pensato di includerlo? A
nalogamente si può pensare al lavoro di Edoardo Tilli sulla carne, di Antonio Chiodi Latini sulle verdure, di Marco Ambrosino sull’approccio intellettuale alla cucina.
E se Diego Rossi ha sicuramente lasciato la sua traccia dando di fatto l’avvio alla diffusione delle neo-trattorie, definirlo “outsider” fa un po’ ridere. Sulla presenza di Alessandro Borghese invece temo non ci sia nulla da ridere.
Sia chiaro, non spetta certo a Forbes prendere il comando della situazione e dare ordine alla manovra della nostra compagine stellata, ma ci ha aiutato a intuire un problema: un raduno per una sfilata e un massaggio dell’ego è sempre gradito, speriamo ci sia altrettanta sollecitudine nel ragionare di gruppo, per farsi trovare pronti alla “nostra” edizione della 50 Best e non trovarsi poi a rosicare sul perché il resto del mondo non capisca quanto siamo più bravi di loro.
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