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La nuova direttiva Epbd (Energy performance of buildings directive) sta generando una vasta gamma di reazioni, oscillando tra eccessivo entusiasmo e timore diffuso. Quali saranno i principali cambiamenti e le sfide che dovrà affrontare il real estate italiano? Per fare chiarezza sul tema, abbiamo intervistato Diego Vitello, senior analyst dell’ufficio studi Gabetti, che ci aiuterà a comprendere gli aspetti fondamentali della direttiva e il suo impatto sul mercato immobiliare e la sostenibilità degli edifici.

Domanda: La nuova direttiva Epbd prevede requisiti stringenti per gli edifici residenziali. Può spiegarci quali sono i principali cambiamenti introdotti e come influenzeranno i proprietari di immobili e i costruttori in termini di efficientamento e costi?
Risposta: L’ultima versione della direttiva Epbd, almeno per quanto riguarda gli edifici residenziali, afferma che i Paesi dell’Unione Europea dovranno ridurre del 16%, entro il 2030, il consumo medio di energia primaria prodotto dagli edifici, e del 20-22% entro il 2035. Si tratta quindi di circa il 48% di edifici da recuperare in circa 10 anni. Tutto dipenderà da come ogni singolo Stato recepirà la direttiva per darle operatività. Al momento ci troviamo in una fase di stallo, in attesa del recepimento che dovrebbe arrivare entro il 2026. Quello che è certo è che gran parte degli immobili residenziali in classe F e G saranno quelli sui quali farà leva la futura normativa italiana per raggiungere gli obiettivi della direttiva. Quindi i proprietari di immobili in classe F e G sono già nella prospettiva di riqualificare il proprio immobile per evitare una svalutazione dello stesso.

D: La riqualificazione edilizia richiede il coinvolgimento di diversi player del settore. Quali sono le principali sfide e opportunità nel coordinare l’azione di sviluppatori, proprietari, istituzioni finanziarie e governi locali per raggiungere gli obiettivi della direttiva Epbd?
R: Ovviamente, la sfida principale è quella normativa. Sarà fondamentale prevedere un incentivo fiscale per i lavori di efficientamento energetico degli edifici perché, se vogliamo che l’Italia possa raggiungere gli obiettivi fissati dall’Ue, un vantaggio fiscale e/o economico dovrà esserci. L’attuale ecobonus, seppur rimanga ancora un buon incentivo fiscale, potrebbe non avere la forza per avviare un processo di riqualificazione di tale portata. Occorre invece un incentivo chiaro e con un orizzonte temporale di lungo periodo. Basti pensare agli innumerevoli cambi normativi che il Superbonus 110% ha visto tra il 2020 e il 2023, che di fatto hanno ostacolato e complicato ulteriormente il mercato delle riqualificazioni.

D: Secondo Deloitte, saranno necessari investimenti tra 800 e 1.000 miliardi di euro per rendere le case green. Quali sono le principali fonti di finanziamento previste per sostenere questi investimenti e quali incentivi fiscali o finanziari potrebbero essere introdotti per facilitare la transizione?
R: Attualmente, come incentivi fiscali è vigente l’ecobonus al 65% con la possibilità di detrarre le spese di efficientamento. Al di là dell’aliquota che viene stabilita (che sia 65%, 75% o 80%), la ripartenza del processo di riqualificazione in Italia deve basarsi su alcune regole chiare: riattivazione della cessione del credito; contratti di miglioramento energetico; detrazione fiscale con aliquota fissa; detrazione fiscale con aliquota progressiva in base alle performance; detrazione fiscale con aliquota progressiva in base alla capienza; garanzie pubbliche su mutui a tassi agevolati; interrogarsi seriamente su come far ripartire i cantieri di riqualificazione. Oltre agli incentivi fiscali, molti istituti di credito stanno ampliando l’offerta di mutui green per acquisto e ristrutturazione a tassi maggiormente sostenibili.

D: I primi negoziati in Europa sulle nuove direttive Epbd sono già iniziati. Quali sono i punti di maggior dibattito tra i vari paesi membri, in particolare in Italia, e quali compromessi potrebbero emergere per garantire una piena adozione delle direttive?
R: Entro il 2026 l’Italia dovrà recepire la direttiva con non pochi compromessi. Il negoziato tra l’Italia e l’Eu potrebbe basarsi su: una richiesta di ridefinizione del target, ossia rivedere la percentuale di consumo medio da raggiungere entro il 2030; margini di flessibilità sui tempi; maggiore flessibilità sull’applicazione della direttiva sul patrimonio e i centri storici.

D: Guardando al futuro, quali benefici a lungo termine si prevede possano derivare dall’implementazione delle direttive Epbd in termini di risparmio energetico, riduzione delle emissioni di CO2 e miglioramento della qualità della vita per i cittadini europei?
R: L’importanza della direttiva sta nel fatto di stimolare un processo di riqualificazione energetica basato su obiettivi comuni. In Italia, questo potrebbe portare finalmente verso un ordine normativo e soprattutto di lungo respiro ed evitare politiche nazionali di finanziamento spot. Altro aspetto importante è quello di mettere gli stati nella condizione di stabilire delle priorità in termini di budget. Con la direttiva il governo italiano può mettere tra le priorità il budget necessario per dar vita a un incentivo fiscale per i lavori di efficientamento energetico. Ovviamente i cittadini ringrazieranno sia per i notevoli risparmi che possono generarsi, sia per un maggiore comfort abitativo. Bene inoltre anche la riduzione della CO2 derivante, ma questa va considerata insieme ad altre politiche (mobilità, modelli di consumo, ecc) per fare una valutazione più oggettiva circa il miglioramento della qualità dell’aria.

 

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