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Pil e occupazione, avanti il Sud. Dopo la Svimez, ecco le stime dell’Istat, l’Istituto centrale di statistica. Diversi gli osservatori, del tutto coincidenti le valutazioni: nel 2023 la crescita economica è stata più intensa nel Mezzogiorno, «che nel 2022 aveva mostrato andamenti al di sotto della media nazionale, e nel Nord-Ovest», certifica l’Istat nella stima preliminare del Pil e dell’occupazione territoriale per il 2023. In particolare, «il Pil è aumentato in volume dell’1,3% nel Mezzogiorno e dell’1% nel Nord-ovest, a fronte di dinamiche più contenute nel Nord-est (+0,8%) e, soprattutto, nel Centro (+0,5%)», con una media Paese dello 0,9%. Il Mezzogiorno corre soprattutto grazie alle costruzioni «che si confermano il settore più dinamico in quasi tutte le aree del Paese», dice l’Istat: nel Sud e nel Centro le migliori performances, con una crescita del valore aggiunto rispettivamente, del 5,8% e del 4,6%. Ma è difficile negare che anche l’impatto dell’export, con la Campania prima regione d’Italia, del turismo e del farmaceutico, e i segnali positivi che non da ieri arrivano dalla spesa per investimenti nel manifatturiero contribuiscono a rendere più solida e credibile la crescita.

E a spingere l’occupazione che anche per l’Istituto di statistica è stata la più rilevante rispetto alle altre aree, con un incremento degli occupati che ha raggiunto il 2,5% contro una media Italia dell’1,8%. Più contenuto lo sviluppo dell’occupazione nelle restanti aree (Nord-est +2%, Nord-ovest +1,5% e Centro +1,2%).

Dati ufficiali, non previsioni. E soprattutto la conferma che per la prima volta dal 2015, come aveva osservato la Svimez, il Mezzogiorno registra un tasso di crescita più alto del resto del Paese. Come aveva osservato lo stesso ministro Raffaele Fitto, dietro le percentuali di Pil e occupazione si deve leggere la crescita degli investimenti in opere pubbliche che nel 2023, nelle regioni del Sud, hanno registrato un incremento superiore al 50%, da 8,7 miliardi a 13 miliardi di euro. Una tendenza, peraltro, non un exploit: allargando lo sguardo al periodo 2019-2023 la crescita cumulata delle regioni del Sud è stata del 3,7% contro il 3,4% del Nord-Ovest e doppia rispetto al +1,7% delle regioni centrali.

C’entrano tante peculiarità in chiave Mezzogiorno in queste cifre. L’impatto del Pnrr, ad esempio, con l’accelerazione dei cantieri nei Comuni, o gli incentivi che incoraggiano l’apertura di nuove imprese, da Resto al Sud agli sgravi 100 per 100 per chi assume giovani under 35 o donne nell’ambito della Zes Unica, riservata come ormai è noto al Mezzogiorno, per non accennare all’estensione della riserva di spesa del 40% per il Sud a tutto il dossier delle spese pluriennali di investimento nel Mezzogiorno (fu il governo Draghi con la ministra Carfagna a introdurre la prima riserva del 40% relativa al Pnrr). 

Il Decreto Coesione 

E ci sono poi le novità introdotte dal Decreto Coesione, in via di conversione in legge, tra cui l’introduzione dei mini-contratti di sviluppo, mirati a stimolare gli investimenti per le imprese del Mezzogiorno su progetti che necessitano di fondi tra i 5 e i 20 milioni di euro. Una misura che, come vedremo, si rifà al successo dei Contratti istituzionali di sviluppo, finanziati dal Fondo di sviluppo e Coesione e dunque da risorse nazionali in base alla ripartizione 80% Sud, 20% Centro-Nord ma con un’attenzione specifica al ruolo delle imprese.

I mini contratti di sviluppo sono nati infatti per «ridurre le disparità economiche regionali e a rafforzare le capacità produttive, promuovendo lo sviluppo di tecnologie avanzate nei settori come le biotecnologie, il digitale e il green. Gli obiettivi sono quelli di aumentare la competitività delle aziende, sostenere la transizione ecologica e la modernizzazione del Sud Italia». Nelle intenzioni del ministro Fitto, si muoveranno in sintonia con l’estensione della Zes unica a tutto il Mezzogiorno per rafforzare le capacità produttive dei territori puntando al rafforzamento dei settori strategici e alla riduzione della dipendenza dalle catene di approvvigionamento straniere. Si va dalle biotecnologie alle tecnologie digitali e deep tech (un termine che fa riferimento a tecnologie ad alto impatto fondate su scoperte scientifiche o innovazioni ingegneristiche), alle tecnologie per la sostenibilità ambientale.

In altre parole, l’obiettivo è di incentivare le aziende, sia piccole che grandi, a investire in progetti che non solo hanno il potenziale di aumentare la loro competitività sul mercato, ma che contribuiscono anche alla modernizzazione e alla transizione ecologica del Mezzogiorno. Lo stesso obiettivo portato avanti dai diversi bonus per l’autoimprenditorialità introdotti sempre dal Decreto Coesione. 

Il braccio operativo 

La strada tracciata dai Contratti istituzionali di sviluppo, come detto, è il punto di riferimento anche di quest’ultima opportunità. A gennaio 2024, i dati aggiornati di Invitalia il braccio operativo anche di questa misura – parlano di 434 progetti ammessi a finanziamento, su un totale di 1.557 domande presentate, di 17,7 miliardi di investimenti attivati e di 6 miliardi di agevolazioni concesse. Pressoché tutti al Sud quelli già operativi, da Matera a Taranto, da Foggia alla Regione Molise, dall’isola di Ventotene a Cosenza, da Palermo a Napoli (il Cis riguarda i 90 milioni destinati a interventi di recupero del centro storico). Il valore aggiunto è stato rappresentato in tutti questi casi dalla qualità dei progetti ma soprattutto dalla sinergia tra gli enti locali coinvolti e le strutture di governo, un elemento sempre più imprescindibile per spendere bene le risorse disponibili e rispettare i tempi di spesa. Due obiettivi che non sembrano più altrettanti tabù per il Mezzogiorno che ha imparato a crescere e non vuole più fermarsi. 



 

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