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Pubblichiamo in una nostra traduzione dall’inglese, il testo del messaggio a firma del cardinale gesuita Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, in occasione dell’annuale Domenica del Mare che si celebrerà il prossimo 14 luglio.

Cari Fratelli e Sorelle in Cristo,

Nella sua prima lettera ai Corinzi, san Paolo descrive la Chiesa come un corpo con molte membra (cfr. 1 Cor 12, 12-27). Osserva che anche le membra meno visibili di un corpo contribuiscono in modo importante e necessario al funzionamento e al suo funzionamento e benessere complessivo. Di tutta l’umanità, i marittimi sono tra i membri meno visibili. Tuttavia, è attraverso i loro sforzi nascosti che ci arriva molto di ciò di cui abbiamo bisogno. Essi sperimentano la sconfinata bellezza della natura nei mari, ma vivono anche il buio fisico, spirituale e sociale.

Riconoscendo i marittimi, ogni anno, nella seconda domenica di luglio, nota come Domenica del Mare, le comunità cattoliche di tutto il mondo richiamano l’attenzione e pregano per tutti coloro che svolgono questo lavoro: gli equipaggi delle navi che trasportano beni e quanti le ormeggiano al molo, i lavoratori portuali, gli operatori dei rimorchiatori e gli stivatori, la guardia costiera, il personale dedito al traffico marittimo e al salvataggio, gli agenti doganali e i pescatori, nonché tutti coloro con cui collaborano e le loro famiglie e comunità.

Il numero totale di questi lavoratori, più le loro famiglie, certamente ammontano a diversi milioni. La Domenica del Mare rende visibili queste realtà quotidiane invisibili. Oggi, come in passato, andare per mare può comportare un’assenza di mesi e perfino di anni dalla propria casa e dalla propria terra. Sia i marittimi sia le loro famiglie possono perdersi momenti importanti della vita dell’altro. Il salario può rendere convenienti questi sacrifici, ma tale vantaggio può essere minacciato da ingiustizie, sfruttamento e disuguaglianza. Pertanto, è meraviglioso quando la dignità e i diritti dei marittimi vengono promossi nei porti dai volontari, dai cappellani e dai membri delle Chiese locali che si dedicano al ministero del mare.

«Lontano dagli occhi, lontano dal cuore» è un adagio che può applicarsi all’invisibilità dei marittimi. Parlando della tendenza a rimanere lontani e separati tra loro, Papa Francesco afferma: «La vera saggezza presuppone l’incontro con la realtà.[…] una via di fraternità, locale e universale, la possono percorrere soltanto spiriti liberi e disposti a incontri reali» (Fratelli tutti, nn. 47, 50).

Il ministero del mare può aiutare in molti modi a portare la periferia al centro, per esempio: incontrando la gente di mare di persona e nella preghiera; migliorando le condizioni materiali e spirituali dei lavoratori; promuovendo la dignità e i diritti dei lavoratori; e sostenendo relazioni e politiche internazionali rafforzate per tutelare i diritti umani di quanti viaggiano e lavorano lontano dalla loro famiglia e dalla loro terra.

La Chiesa è chiamata a servire ogni membro della famiglia umana. Poiché i marittimi provengono da ogni Paese e fede del mondo, includerli nella vita e nel ministero della Chiesa consente una crescita nella comprensione reciproca e nella solidarietà tra tutti i popoli e le religioni.

Troviamo forza e incoraggiamento nell’esempio di san Paolo, che durante i suoi viaggi missionari ha trascorso molto tempo in mare. Una città importante in cui la Chiesa si radicò fu Corinto, che era diventata molto ricca grazie ai suoi due porti e al suo canale. Era un centro attivo del commercio internazionale. I diversi residenti e visitatori della città portuale incontravano i predicatori del Vangelo, che rispondevano ai loro bisogni più profondi e rivelavano loro la loro dignità infinita. Ma la diversità dei nuovi credenti minacciava di dividerli. San Paolo rispose a tali tensioni ricordando il loro reciproco collegamento organico e il loro umile status sociale comune dicendo: «Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili» (1 Cor 1, 26). Quelle parole incoraggiano oggi la Chiesa a operare per una maggiore unità non solo tra persone che sono diverse tra loro, ma anche tra persone che stanno vivendo divisione e tensioni reciproche. Come ci ricorda san Paolo, la Chiesa non deve fuggire da queste sfide se vuole essere fedele alla missione che le è stata affidata dal Signore. Inoltre, una maggiore unione tra i credenti funge da maggiore unità tra tutti i popoli e le terre.

Il cristianesimo si è diffuso via mare fino a terre lontane; non c’era altra scelta. Oggi la Chiesa può trarre ispirazione dagli abitanti delle comunità costiere che furono le prime ad ascoltare il nuovissimo messaggio di Cristo da apostoli e altri missionari che viaggiavano per mare. Ogni nuovo vascello che arrivava significava più incontro e più scambio, più apertura alle novità e alle vaste possibilità al di là delle coste locali. L’invito ad abbracciare lo straniero ci può sfidare quando preferiamo rimanere socialmente e spiritualmente isolati. Non possiamo essere aperti alle possibilità della vita se preferiamo le comodità di ciò che è familiare. La via dell’apertura è la via della speranza.

Invitiamo tutti a fare con coraggio la propria parte per riparare la nostra casa comune e crescere nella fraternità e nell’amicizia sociale. Possiamo riconoscere il contributo essenziale di quanti altrimenti potrebbero rimanere invisibili! Possiamo sostenere il ministero di accogliere quanti hanno bisogno di un orecchio che ascolti e di un luogo a cui appartenere, un porto sicuro, una comunità che accolga tutti coloro che desiderano ritornare a casa! Possiamo lasciarci ispirare dall’esempio degli scambi reciproci nella vita dei marittimi! Possa il popolo del mare sentirsi parte della Chiesa ovunque vada!

Chiediamo a nostra Signora, Stella del Mare, di accompagnare tutti coloro la cui vita e il cui lavoro sono segnati dal mare, e di essere la loro stella polare sulla via verso Cristo.

 

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