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Un argomento ricorrente nelle nostre cronache è la contrarietà degli agricoltori o dei proprietari di fondi e immobili rurali rispetto alle cartelle di pagamento richieste dal Consorzio di bonifica. Il tema si ripropone periodicamente. Si sono sviluppati vari contenziosi sulla legittimità delle richieste. Si chiede che questi pagamenti siano dovuti solo nei casi in cui realmente vengono effettuate le opere della bonifica da cui trarre beneficio e non solo se si ricade nei “piani di classifica”.

La giustizia tributaria si è espressa varie volte, con differenti valutazioni perché ovviamente ogni volta si decide su un caso specifico. Ogni caso fa storia a sé. Intanto ci viene segnalata una sentenza che potrebbe destare interesse.

La corte di giustizia tributaria di Bari, in primo grado, ha accolto il ricorso contro la richiesta di contributi del Consorzio di Bonifica Terre d’Apulia nei confronti di una signora di Santeramo in Colle relativamente a terreni e fabbricati a Santeramo in Colle e Altamura. Con due differenti avvisi di pagamenti erano richiesti circa 1.400 euro. L’istanza è stata accolta. Il Consorzio, che non si è costituito, è stato anche condannato a pagare le spese legali.

In base alla sentenza, la disciplina generale in materia di contributi di bonifica è dettata dall’art.860 del codice civile, il quale stabilisce che “i proprietari dei beni situati entro il periodo di comprensorio sono obbligati a contribuire nella spesa necessaria per l’esecuzione, la manutenzione e l’esercizio delle opere in ragione del beneficio che traggano dalla bonifica”. Nell’ambito del comprensorio di pertinenza, ciascun Consorzio ha l’obbligo di elaborare un piano di classifica degli immobili o terreni, finalizzato ad assicurare la corretta ed equa ripartizione della contribuenza.

Secondo la corte, “affinché il Consorzio sia legittimato a pretendere il contributo consortile non è sufficiente la sola inclusione dell’immobile o terreno nel comprensorio di bonifica, bensì è necessario, ai sensi dell’art.860 c.c. e art.10 R.D. N.215/1993, che sussista un beneficio diretto e specifico direttamente all’immobile o al terreno del contribuente”. Pertanto devono sussistere due condizioni per legittimare il pagamento del contributo consortile e sono “l’inclusione dell’immobile nel perimetro di corrispondenza” e “la sussistenza di un vantaggio o di un beneficio concreto sull’immobile derivante dalla esecuzione delle opere di bonifica della manutenzione per la difesa idraulica dei terreni”. Nel caso specifico, invece, non è stata provata “nessuna opera nei riguardi degli immobili della ricorrente, con la conseguenza che non sussiste nessun vantaggio diretto”.

Il consulente e difensore tributario della ricorrente, Domenico Montemurno, spiega: “La sentenza è particolarmente importante perché prevede anche la condanna alle spese legali per euro 200,00 a carico del Consorzio di Bonifica e potrebbe così comportare il successivo annullamento di ulteriori richieste di pagamento a carico di cittadini pugliesi in assenza dei requisiti richiesti dalla legge, citata nella sentenza, che prevedeva il pagamento di tali contributi“.



 

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