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TARANTO – Una vera e propria emergenza abitativa. I migranti sul territorio tarantino non riescono a trovare una casa in affitto. «Quella che manca è una politica abitativa generale. Direi che il problema è sociale e riguarda tutta la popolazione». A denunciare il problema è Monica Ricchiuti, responsabile unico di progetto Sai del Comune di Taranto. «Se è difficile – sottolinea – per una famiglia normale con un lavoro normale avere tutti i requisiti per accedere ad un affitto, lo è ancora di più per le persone che si stanno inserendo lentamente con contratti magari anche a tempo determinato. Però ci stiamo lavorando».

Una problematica che preoccupa molto anche i migranti sul territorio . «Noi – aveva già raccontato alla «Gazzetta» il mediatore culturale Hassan Diakitè – facciamo parte di questa comunità tarantina, ma trovare una casa è molto più difficile di quanto si pensi». Diakitè aveva denunciato, solo un anno fa, la difficoltà per molti di loro di stipulare contratti di affitto, nonostante contratti di lavoro a tempo determinato o indeterminato e documenti in regola. Per altri è un circolo vizioso, perché senza una residenza è difficile avere documenti. Senza documenti è difficile avere lavoro. E senza un lavoro non si riesce a trovare casa.

Un anno dopo il problema non è cambiato. «Viviamo una emergenza abitativa – dice l’assessora ai Servizi Sociali, Gabriella Ficocelli – e lo sforzo che stiamo facendo nei confronti di queste persone è dare un tetto a loro e alla loro famiglia. Per questo è nata la casa del Rifugiato che ospita i migranti in attesa di trovare una sistemazione».

A questo serve il sistema di accoglienza nazionale, Sai, che si occupa di progetti di accoglienza integrata, accedendo, nei limiti delle risorse disponibili, al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo. «Per quanto riguarda il Sai – spiega Monica Ricchiuti – siamo in attesa del finanziamento ministeriale e dell’assegnazione per una programmazione triennale com’è stata quella che è scaduta a dicembre e di cui abbiamo avuto proroga di mese in mese. Come attività, noi non ci siamo mai arrestati e abbiamo utilizzato tutte le risorse a nostra disposizione, ma anche tutti gli altri fondi e quelle le progettualità di contorno, per la costituzione di una rete e che coinvolge istituzioni, privati, operatori economici per una sensibilizzazione collettiva che mira all’inclusione sotto tutti i punti di vista». Per la responsabile del progetto quello di Taranto è un territorio abbastanza sensibile. «Importante – aggiunge – è stata l’attività dell’impegno civico e quindi le persone provenienti dai Paesi terzi che si rendono disponibili per la comunità».

Per venire incontro ai bisogni legali dei migranti, il dipartimento jonico dell’Università degli Studi di Bari ha anche avviato un corso triennale in Scienze giuridiche per l’immigrazione, i diritti umani e l’intercultura con l’obiettivo di creare la figura del mediatore interculturale e con l’idea di formare professionisti con competenze giuridiche che i mediatori culturali non hanno per facilitare l’integrazione quantomeno burocratica.



 

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