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Nella specie, le questioni sottoposte all’attenzione del Collegio arbitrale sono essenzialmente due: 1) illegittimità della c.d. “capitalizzazione composta” degli interessi passivi asseritamente praticata dall’intermediario nel corso del rapporto di finanziamento; 2) illegittimità dell’applicazione ex se di interessi passivi, in ragione dell’indeterminatezza della clausola contrattuale che li prevede.

 

Sulla capitalizzazione degli interessi.

La ricorrente lamenta l’effetto sostanzialmente anatocistico, con conseguente violazione dell’art. 1283 c.c., derivante dalla capitalizzazione c.d. composta degli interessi, asseritamente praticata dall’intermediario, ai fini del rimborso del finanziamento, regime che la stessa considera illegittimo, facendo proprie le argomentazioni dell’orientamento giurisprudenziale che, con riferimento ai rapporti di mutuo, considera intrinsecamente anatocistica la costruzione di un piano di ammortamento c.d. “alla francese” (caratterizzato da una rata di rimborso costante nel tempo quanto al suo importo complessivo, ma progressivamente crescente nella quota del capitale rimborsato e per converso decrescente nella quota di interessi). In particolare, secondo questo orientamento, nel piano di ammortamento c.d. “alla francese” il fenomeno della capitalizzazione di interessi su interessi vietata dall’art. 1283 c.c. è connaturato all’applicazione ai fini del loro conteggio di un regime “composto” in forza del quale «il capitale via via rimborsato è produttivo di un interesse che incorpora anche interessi non ancora esigibili perché non giunti a scadenza (si tratta di interessi che sono in corso di maturazione)»[1].

Trattasi, pur tuttavia, di un orientamento del tutto isolato nella giurisprudenza di merito e che l’ABF (allineandosi all’opinione assolutamente prevalente) ha costantemente sconfessato, escludendo che nel metodo c.d. “alla francese” la rata sia determinata secondo il regime dell’interesse composto, posto che «ciascuna rata ingloba interessi, semplici (non composti), sempre calcolati, al tasso nominale, sul residuo capitale da restituire (com’è  corretto: gli interessi essendo il corrispettivo del godimento del denaro da altri concesso; cfr. l’art. 821, comma 3, c.c.)»[2]. Ciò impedisce di ravvisare qualsivoglia effetto anatocistico nella predisposizione di un piano di ammortamento «caratterizzato da rate di rimborso costanti in cui la quota capitale HҒ crescente e viceversa quella degli interessi decresce», posto che «la più lenta riduzione del debito residuo non è conseguenza della violazione dell’art. 1283 c.c. e della applicazione di interessi composti, ma della diversa costruzione della rata, con prioritaria imputazione dei pagamenti periodici agli interessi prima che al capitale, in applicazione peraltro di quanto dispone l’art. 1194 c.c.[3]»[4].

Tanto chiarito, nel caso di specie, la doglianza della ricorrente relativa all’applicazione di interessi composti risulta del tutto inconferente alla luce della circostanza, pacifica tra le parti, che il piano di ammortamento è costruito “all’italiana”, essendo, perciò, caratterizzato dall’avere una quota di capitale costante e una quota di interessi decrescente (quest’ultima calcolata per ciascuna rata sul capitale residuo al netto di quanto rimborsato con la rata precedente). Sicché il problema della levitazione degli interessi paventato per l’ipotesi di rimborso del finanziamento alla francese in questo caso non ha senso di porsi neppure in astratto.

La mancata applicazione di interessi composti priva di rilievo le doglianze d’illegittimità della pratica di capitalizzazione composta per indiretta violazione della Delibera CICR del 9 febbraio 2000[5]. Trattasi, difatti, di doglianze incentrate essenzialmente su presunto contrasto tra la pratica della capitalizzazione composta e le regole di “trasparenza contrattuale” dettate dagli ultimi due periodi dell’art. 6 della Delibera CICR del 9 febbraio 2000, nei quali è stabilito che «nei casi in cui è prevista una capitalizzazione infrannuale viene inoltre indicato il valore del tasso, rapportato su base annua, tenendo conto degli effetti della capitalizzazione. Le clausole relative alla capitalizzazione degli interessi non hanno effetto se non sono specificamente approvate per iscritto». In forza di tali previsioni, la ricorrente subordina l’efficacia della capitalizzazione composta degli interessi, in luogo di quella semplice, all’indicazione nel contratto di finanziamento del TAE e all’approvazione specifica di una clausola che facoltizzi tale capitalizzazione composta, elementi che difetterebbero nel Contratto sottoposto alla cognizione del Collegio. Tuttavia, non essendovi alcun meccanismo anatocistico intrinsecamente connesso alla predisposizione di un piano di ammortamento alla francese, né tanto meno all’italiana, anche tale censura si rivela del tutto inconferente.

 

Sull’indeterminatezza del tasso di interesse (e la richiesta di ricalcolo al tasso legale ex art. 1284, comma 3, c.c. o al tasso sostitutivo BOT ex art. 117, comma 7, TUB).

Dalla violazione delle richiamate regole di trasparenza contrattuale, parte ricorrente fa discendere l’illegittimità di tutti gli interessi passivi applicati al finanziamento dall’intermediario, assumendo che la mancata indicazione in contratto nel TAE e del regime di capitalizzazione applicato renderebbe il tasso di interesse assolutamente incerto e indeterminato; ragione per la quale postula il ricalcolo del tasso di interesse al tasso legale ex art. 1284, comma 3, c.c., ovvero al tasso sostitutivo BOT ex art. 117, comma 7, TUB.

In realtà, con riferimento a entrambe le indicazioni contrattuali ritenute indispensabili dalla ricorrente, la giurisprudenza arbitrale è monolitica nell’escludere che la loro mancata indicazione possa assumere rilievo ai fini della determinatezza del tasso di interesse contrattuale. Quanto al TAE (che tecnicamente rappresenta un indice sintetico del costo economico dell’operazione e non un tasso di interesse debitore) la possibilità di postulare una fattispecie di mancanza di quest’ultimo connessa alla sua oggettiva indeterminatezza o indeterminabilità è infatti preclusa dalla circostanza che «tale indicazione non è imposta dalla normativa vigente e, in ogni caso, il valore è ricavabile dal TAEG/ISC (cfr. Collegio di Bari, decisioni nn. 18673/2019, 13862/2021 e 142/2019). Pertanto, la sua assenza in contratto non comporta la nullità della clausola né alcun diritto restitutorio sulla base del Decisione N. 3689 del 18 aprile 2023 Pag. 8/8 tasso sostitutivo ex art. 117, comma 7, TUB (Collegio di Palermo, decisione n. 8108/2020)»[6].

Con riferimento, invece, alla mancata specificazione del regime di capitalizzazione (semplice o composto) adottato ai fini dello sviluppo del piano di ammortamento, questo Collegio ha già avuto occasione di rilevare che «dall’analisi della normativa primaria e secondaria non emerge l’obbligo che il contratto o il piano di ammortamento esplicitino il regime finanziario o la base di calcolo degli interessi»[7], facendo propri i princìpi con i quali il Collegio di Coordinamento ha recentemente escluso, in relazione a un finanziamento con ammortamento c.d. “alla francese”, che la mancata consegna del piano di ammortamento «rend[a] indeterminato l’oggetto del contratto qualora nel contratto medesimo siano riportati tutti gli elementi e le informative previsti dalla normativa in materia»[8].

 

 

___________________________________

[1] Così Trib. Cremona, 23 aprile 2019.

[2] Così, ex multis, ABF, Collegio di Milano, n. 9732/2017; ABF, Collegio di Roma, n. 3228/2016; ABF, Collegio di Napoli, nn. 7015/2017 e 1127/2014.

[3] In tal senso, ABF, Collegio di Napoli, nn. 9749/2018 e 4082/2016; ABF, Collegio di Bologna, n. 15544/2017; Trib. Torino, 25 maggio 2017; Trib. Milano, 30 ottobre 2013; Trib. Padova, 23 febbraio 2009; Trib. Verona, 24 marzo 2015.

[4] In questi termini, ABF, Collegio Bologna, n. 5867/2019.

[5] Com’è noto recante “modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi scaduti nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria e finanziaria” in attuazione dell’art. 120, comma 2, TUB all’epoca vigente, poi sostituita dalla delibera CICR del 3 agosto 2016 a seguito delle modifiche apportate alle lett. a. e b. dell’art. 120, comma 2, TUB dall’art. 17- bis, comma 1, del d.l. 14 febbraio 2016, n. 18, convertito nella legge 18 aprile 2016, n. 49.

[6] In questi termini, ABF, Collegio di Palermo, n. 1868/2023.

[7] V. ABF, Collegio di Palermo, n. 1868/2023.

[8] Così, ABF, Collegio Coordinamento, n. 14376/2022.

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