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Le significative revisioni al rialzo operate dalla Svimez sulla crescita nel 2022 del Pil della Campania (+6,1% rispetto alla prima stima Istat del 4,5%) e della Puglia (+5,3% rispetto al +5% Istat) restituiscono un quadro profondamente diverso della ripresa post-Covid 2021-2022 delle due principali regioni del Sud rispetto a come essa era stata immaginata finora. In aggiunta, le prime stime Svimez per il 2023 sono andate ben oltre le previsioni sin qui formulate da Prometeia per la Campania (cioè +1,3% anziché +0,8%), la Puglia (+0,7% anziché +0,6%), l’Abruzzo (+1,4% anziché +0,6%), il Molise (+1,4% anziché +0,6%), la Calabria (+1,2% anziché +0,6%) e la Sicilia (+2,2% anziché +0,8%).

Conseguentemente, il Pil del Mezzogiorno sorprendentemente è aumentato nel 2023 dell’1,3%, vale a dire ben di più di quanto abbia fatto l’Italia nel suo complesso (+0,9%). Dati che spiazzano anche le stime preliminari prefigurate dai primi Rapporti regionali di Banca d’Italia in corso di presentazione in questi giorni, nei quali la crescita del Mezzogiorno nel 2023 è indicata soltanto intorno al +0,6%, cioè meno della metà della stima di Svimez.

Nel Mezzogiorno anche gli occupati nel 2023 sono aumentati più che altrove in Italia, cioè del +2,6%, a fronte di una media nazionale del +1,8%. Secondo la Svimez, «sulla crescita del Pil del Mezzogiorno ha inciso in maniera rilevante l’avanzamento degli investimenti pubblici. Una dinamica sulla quale dovrebbe aver inciso significativamente il progressivo avanzamento degli investimenti del Pnrr e l’accelerazione della spesa dei fondi europei della coesione in fase di chiusura del ciclo di programmazione 2014-2020». Questa spinta è andata ad aggiungersi a quella dell’edilizia residenziale.

Anche il terziario ha contribuito in maniera significativa alla crescita del Pil meridionale: importante il traino di trasporti, comunicazioni e turismo. Ma il dato forse più dirompente è che le due regioni cardine dell’economia del Sud, Campania e Puglia, hanno avuto nel 2020-2023 una crescita a dir poco portentosa, non episodica ma forte e consolidata su più anni. Infatti, sommando le revisioni Svimez del 2022 e la stima Svimez del PIL del 2023, tali due regioni dovrebbero aver registrato nel quadriennio 2020-2023 rispetto al 2019, anno pre-pandemico, una crescita economica cumulata di medio-lungo termine pari al +6,1% la Puglia e al +4,9% la Campania.

Si tratta di ritmi di sviluppo da Nord-Est Italia (+5,1% la crescita media di questa macroarea stimata da Svimez nello stesso periodo), con la Puglia addirittura al di sopra del Nord-Est di un punto percentuale e la Campania al di sotto di appena due decimali: tassi di crescita decisamente superiori a quelli delle principali economie dell’Euroarea. È forse presto per dire che l’asse Campania-Puglia sta diventando un “nuovo Nord-Est” italiano ma i numeri per il momento sono rilevanti. E se questa tendenza si confermasse nel 2024-2026, anche sotto l’impulso degli investimenti pubblici previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, per l’Italia sarebbe un salto in avanti epocale, con un accrescimento del nostro potenziale di sviluppo e anche una importante riduzione del divario Nord-Sud.

Nel quadriennio 2020-2023 la crescita economica della Campania, secondo i dati Svimez, sarebbe stata superiore a quella della Lombardia e del Friuli-Venezia Giulia (entrambe le regioni con un +4,7%), mentre quella della Puglia risulterebbe essere stata più alta perfino della crescita di regioni superstar come il Veneto (+5,9%) e l’Emilia-Romagna (+5,8%). Trainate dal turismo, dalla filiera agro-alimentare, dagli investimenti pubblici ma anche da un’industria manifatturiera con importanti specializzazioni nei mezzi di trasporto, nella meccanica e nella farmaceutica, Campania e Puglia sono due regioni che possono rafforzarsi nel contesto economico del nostro Paese ed offrire un contributo sempre più rilevante anche all’export. Se il grande economista Giorgio Fuà, teorico dell’industrializzazione del Nord Est e del Centro, fosse ancora vivente, gioirebbe di certo nel leggere i numeri della Svimez, che tratteggiano una possibile estensione di quel modello di sviluppo da lui analizzato anche a porzioni sempre più ampie del nostro Mezzogiorno.



 

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