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In un editoriale sul Corriere della sera Ernesto Galli della Loggia ha scritto che “per circa 70 anni le democrazie europee hanno potuto rinunciare tranquillamente alle spese militari”. E questo è “un privilegio straordinario”, perché – sostiene – le classi politiche europee hanno potuto disporre di un ammontare di risorse da impegnare nella costruzione di spese sociali, pensioni, sanità, istruzione utilissime ad allargare il proprio consenso elettorale.
Tra le due guerre mondiali le spese militari ammontavano in media al 10-15% delle uscite nei bilanci degli Stati europei. Galli della Loggia afferma che dal 1945 in poi, tranne in Francia, “questa voce è praticamente scomparsa” e le spese per la difesa dell’Europa se le sono accollate gli Stati Uniti.
Galli della Loggia sostiene che “l’Italia spende ancora oggi meno dell’1 per cento del proprio bilancio”.

A noi risulta che le spese militari siano molto più alte di quanto sostiene l’editorialista del Corriere della sera. Siamo andati a controllare. Nel 2023 le spese del ministero della Difesa ammontavano a 27,75 miliardi di euro, cioè il 2,34% delle spese totali del bilancio dello Stato, che erano pari a 1.184 miliardi. In realtà le spese per la Difesa sono un po’ più alte, perché ci sono altri costi iscritti nelle voci del Mef e dell’ex ministero dello Sviluppo economico. Con questi costi – lo spiega un dossier del servizio studi di Camera e Senato – il bilancio integrato della Difesa arriva a una spesa di 30,76 miliardi e questa cifra corrisponde al 2,6% delle spese totali del bilancio. Dentro questi importi ci sono anche le spese per i carabinieri, 7,62 miliardi, se le togliamo risulta che le spese militari ammontano a 23,14 miliardi e questo nel 2023 era l’1,95% delle spese del bilancio dello Stato.
Ma anche così delimitate, risulta che le spese militari dell’Italia sono il doppio di quanto sostiene il Corriere della sera. Vorremmo capire quindi quali dati ha utilizzato Galli della Loggia per affermare che l’Italia “spende ancora meno dell’1 per cento del proprio bilancio”.

L’editoriale di Gianni Dragoni
 

 

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