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Con la circolare 69/2024, l’Inps ha pubblicato le istruzioni per mettere in moto la cosiddetta pace contributiva 2.0, cioè le modalità di riscatto dei contributi per i periodi non coperti da contribuzione, come previsto dalla legge di bilancio 2024. I lavoratori che hanno versato i contributi esclusivamente nel sistema previdenziale contributivo (dal 1996 in poi) potranno quindi riscattare fino a cinque anni di contribuzione, anche non continuativi, facendone domanda entro il 31 dicembre 2025. Il limite dei cinque anni non è in alcun modo legato al riscatto dei periodi contributivi già utilizzato ai sensi della legge 4/2019. Può quindi esercitare questa possibilità sia chi ha beneficiato della precedente pace contributiva, sia chi non lo ha fatto.

Chi può farlo e chi non può

Possono esercitare questo riscatto contributivo gli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti e alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, nonché gli iscritti alle gestioni speciali per i lavoratori autonomi e/o alla gestione separata. È sufficiente il versamento anche di un solo contributo obbligatorio in una di queste gestioni previdenziali, ma il beneficiario della misura non deve già percepire alcuna forma di trattamento pensionistico diretto.

Non possono effettuare il riscatto coloro che hanno dei contributi versati nel sistema previdenziale retributivo, cioè prima del 1996. Entro questo limite sono compresi anche i contributi eventualmente versati in un altro Paese dell’Unione Europea o di Stati convenzionati con l’Italia in materia di sicurezza sociale. L’eventuale acquisizione di anzianità contributiva nel sistema retributivo in seguito alla richiesta di riscatto determina la decadenza dal beneficio, e quindi anche la restituzione dell’onere versato dal contribuente.

Le condizioni

È poi necessario che il periodo oggetto di riscatto sia successivo al 31 dicembre 1995 e antecedente al 1° gennaio 2024, nonché che sia compreso tra l’anno del primo e quello dell’ultimo contributo versato in una delle gestioni contemplate dalla norma, anche se prima o dopo le date esatte di questi versamenti. Infine, il periodo da riscattare non deve essere coperto da obbligo contributivo, anche se già prescritto. Se si ha anzianità contributiva in diverse gestioni, è possibile scegliere in quale far confluire i contributi riscattati.

L’onere da versare per il riscatto è determinato applicando l’aliquota prevista dalla gestione dove si opera il riscatto alla retribuzione annua assoggettata a contribuzione più cronologicamente vicina al momento in cui si presenta la domanda. Tale retribuzione viene quindi rapportata alla durata del periodo oggetto del riscatto. L’onere può quindi essere versato in un’unica soluzione o in un massimo di 120 rate mensili da almeno 30 euro ciascuna (senza interessi). La rateizzazione non può essere concessa se la contribuzione da riscattare è necessaria per l’immediata liquidazione della pensione diretta o indiretta, né se serve per accogliere la richiesta per versamenti volontari. A differenza del 2019, però, l’importo così versato non è detraibile al 50% dall’imposta lorda, ma può essere dedotto dal proprio reddito complessivo. Una volta saldato l’onere, la contribuzione viene accreditata sul proprio montante contributivo.

Come si presenta la domanda

Ci sono tre modi per presentare la domanda di riscatto contributivo. Il primo è quello di utilizzare l’apposita sezione del sito dell’Inps, accedendovi con le proprie credenziali di identità digitale. Il secondo è chiamare il Contact Center Inps, gratuitamente da numero fisso all’803 164 o a pagamento da telefono cellulare allo 06 164164. Il terzo metodo è rivolgersi ad un patronato o ad un intermediario dell’Inps.

I dipendenti del settore privato possono inoltre far presentare la domanda dal datore di lavoro, il quale ha la facoltà di sostenere l’onere di riscatto destinando a tale fine i premi di produzione spettanti al lavoratore. In tale caso, il datore di lavoro può detrarre questa spesa dal reddito di impresa/da lavoro autonomo, mentre per il lavoratore questa somma non concorre alla formazione del reddito. Nei casi in cui la domanda sia presentata da un parente o un affine o dal datore di lavoro del diretto interessato, questa non può essere accolta se non dopo aver acquisito formalmente il consenso del lavoratore.

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