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Segnali positivi per l’economia italiana da Pil e inflazione. L’agenzia di rating Moody’s, inoltre, ha confermato ieri il giudizio «Baa3» con outlook stabile in quanto stima che «un’accelerazione dell’attuazione del Pnrr sosterrà miglioramenti della crescita al 2026». Ovviamente una sfida è rappresentata dal deficit/Pil che a causa del Superbonus è schizzato al 7,6% nel 2023. Moody’s stima un calo dell’indicatore al 5,6% nel 2024, al 4,2% l’anno prossimo e al 3,2% nel 2026.

Intanto, si può contare su un’economia in ripresa. Il raffreddamento dei prezzi ha contribuito alla ripresa dei consumi che ha spinto il prodotto interno lordo. Nel primo trimestre 2024, infatti, il Pil è aumentato dello 0,3% rispetto ai tre mesi precedenti e dello 0,7% rispetto allo stesso periodo del 2023. È quanto ha reso noto ieri l’Istat che ha confermato la crescita congiunturale, rivedendo al rialzo quella tendenziale che si attestava allo 0,6%. La crescita acquisita per il 2024 si attesta al +0,6% dallo 0,5% precedentemente stimato. La crescita del Pil è dovuta ai consumi delle famiglie e agli investimenti, che hanno fornito rispettivamente un contributo positivo di 0,2 e 0,1 punti percentuali. Il valore aggiunto è aumentato del 3,3% in agricoltura e dello 0,3% sia nell’industria sia nei servizi.

Incoraggiante l’evoluzione dei prezzi al consumo. A maggio l’inflazione è aumentata dello 0,2% su base mensile e dello 0,8% annuo, come nel mese precedente. Scende di 0,1 punti al 2% l’inflazione di fondo, mentre l’inflazione acquisita per il 2024 è pari a +0,8% per l’indice generale e a +1,8% per la componente di fondo. In rallentamento i prezzi dei beni alimentari lavorati (da +2,5% a +2,1%) e dei servizi relativi ai trasporti (da +2,7% a +2,4%) Meno confortante l’evoluzione dell’inflazione nell’area euro, salita al 2,6% a maggio dal 2,4% di aprile. Il dato risente del +2,8% segnato dalla Germania. Se il taglio dei tassi da 25 punti base dei tassi da parte della Bce è ormai cosa fatta, gli analisti ora tendono a stimare solo un’altra riduzione di un quarto di punto nel 2024 con poche chance di un terzo intervento.

Una situazione che induce l’Italia a far sentire la propria voce. «Sono cifre superiori alle aspettative», ha commentato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, a proposito dell’andamento del Pil precisando che «mi soddisferebbe il 3% però ci rendiamo conto che nella vecchia Europa questa è la realtà». La parola chiave, ha aggiunto, «è investire: se non si investe, non si riesce a essere competitivi e produttivi». Ed è su questo punto che ieri il governatore di Bankitalia è intervenuto Se l’azione di politica monetaria è stata «necessaria», bisogna evitare che «diventi eccessivamente restrittiva». Secondo il numero uno di Via Nazionale, «nel definire il percorso di riduzione dei tassi ufficiali bisognerà considerare che un’azione tempestiva e graduale permetterà di contenere la volatilità macroeconomica rispetto a un’azione tardiva e precipitosa».

Una circostanza spiegata bene dall’Ufficio studi di Confcommercio. A fronte di tassi di riferimento uguali nell’euroarea (4,5%), un’inflazione sotto l’1% implica tassi d’interesse reali non coerenti con le necessità di investimento privato a sostegno delle risorse pubbliche del Pnrr. «I residui impulsi inflazionistici sono confinati a fattori stagionali», prosegue Piazza Belli, dunque la stabilizzazione dei prezzi al consumo è la chiave per una nuova fase di crescita dei consumi, indispensabile per il raggiungimento dell’obiettivo di crescita per l’anno in corso all’1%.

È chiaro, perciò, come un allentamento della politica monetaria possa essere d’aiuto. Per facilitare gli investimenti, creare nuovi posti di lavoro e aumentare il reddito disponibile. I dati record sull’occupazione ad aprile (quasi 24 milioni di persone al lavoro) non possono autoalimentarsi.

 

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