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Siamo una delle regioni con il maggior numero di specie nel Mediterraneo ma abbiamo difficoltà a tutelarle. Ecco perchè Legambiente ha lanciato una proposta

L’Italia è la nazione che presenta i maggiori livelli di biodiversità dell’intera Europa e la Sicilia, in particolare, è una delle regioni che dispongono il maggior numero di specie nel Mediterraneo.

Sono moltissime le riserve che sono state istituite sulla nostra isola proprio per tutelare la flora e la fauna, in considerazione anche di un dato incontrovertibile, ovvero che la Sicilia è una tappa obbligatoria per moltissime specie migratorie, che provengono dall’estremo Nord del continente o dall’Africa.

Per quanto disponiamo uno scrigno di biodiversità che ci invidiano in tutto il mondo, tuttavia la nostra regione è in estrema difficoltà nel monitorare e tutelare questo grande numero di specie, non considerando inoltre gli animali marini che frequentano le nostre coste.

Per risolvere questo problema e garantire una costante rinaturalizzazione del nostro territorio, da tempo varie associazioni ambientaliste e comitati locali chiedono agli amministratori regionali e nazionali di incrementare il numero di aree protette presenti in Sicilia, così anche da soddisfare le richieste dell’Unione Europea, che tramite la “Strategia per la biodiversità” e il Green Deal chiede a tutti i governi di portare al 30% la superficie protetta di ciascuna regione.

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Legambiente è stata da sempre una delle associazioni ambientaliste che si è più battuta su questo campo, proponendo diversi progetti o idee che nel tempo hanno migliorato le condizioni ecosistemiche della regione.

Proprio in virtù di questo storico impegno e in previsione delle prossime elezioni europee, che segneranno le politiche economiche e ambientali dell’UE dei prossimi anni, questa associazione ha allora deciso di presentare un proprio documento nazionale, che riflette sulle condizioni di salute della nostra biodiversità.

Tramite questo report – intitolato “Rapporto sullo stato di salute delle specie viventi, sui principali fattori di rischio e sulle strategie da adottare per far fronte alla perdita della diversità biologica” e disponibile sul sito di Legambiente – l’associazione ha così chiarito la propria proposta sull’istituzione di nuove riserve naturali, fornendo un contributo per l’eventuale identificazione dell’aree che dovrebbero essere inserite in quel famoso 30% di territorio previsto dalla Strategia europea per la biodiversità.

Considerando esclusivamente la Sicilia, le aree previste da quest’associazione sono davvero tante, ma visto che la nostra isola rimane pur sempre la regione più estesa del nostro paese e anche quella che presenta il maggior numero di ecosistemi in pericolo, è indubbio che per portare la regione ad avere il 30% del suo territorio protetto entro il 2030 bisogna aumentare notevolmente il numero di riserve e di aree naturali sottoposte a tutela.

La proposta di Legambiente prevede innanzitutto la realizzazione di alcuni Parchi regionali e nazionali, la cui istituzione è stata bloccata da tempo o è in procinto di essere realizzata.

Questi parchi dovrebbero essere quelli degli Iblei, dei Monti Sicani, delle Eolie e dei Monti Peloritani, mentre il Parco dell’Etna – attualmente di pertinenza della regione – dovrebbe divenire un parco nazionale.

Successivamente l’associazione propone l’istituzione di un gran numero di riserve terresti, che avrebbero lo scopo di tutelare la biodiversità locale e alcuni scorci naturalistici molto importanti per la nostra regione.

Queste dovrebbe essere la Riserva naturale Bosco di Santo Pietro, la RN delle Forre laviche del Simeto, la RN Pantani della Sicilia Sud-Orientale, la RN dell’Isola di Capo Passero, la RN Isola delle Correnti, la Riserva naturale Isola dei Porri e la Riserva naturale Capo Murro di Porco, che comprende la Penisola della Maddalena.

Come è possibile vedere, queste riserve sono sparse per tutte le province della Sicilia, fra cui alcune che erano state previste dall’antico Piano regolatore regionale delle riserve, promulgato nel 1991. Tuttavia, non è finita qui.

Legambiente, nel suo report, propone anche l’istituzione di diverse aree marine protette, fondamentali per proteggere i nostri fondali e le specie che li abitano. Fra queste ci sono l’Area marina delle Eolie e il Parco nazionale delle Egadi e del litorale trapanese, che sono in procedura istitutiva.

A queste si aggiungono anche le AMP dello Stagnone di Marsala, le due AMP dell’Isola di Pantelleria e dei vicini Banchi di Graham e del Terribile, che si trovano nel Canale di Sicilia, l’AMP del Promontorio di Monte Cofano e del Golfo di Custonaci, vicino Macari, le AMP di Capo Passero e dei Pantani di Vendicari.

Secondo l’associazione, queste aree protette (insieme a quelle già istituite in precedenza) garantirebbero alla nostra regione di divenire leader in Europa riguardo alla conservazione della natura e consentirebbero di assecondare le richieste delle strategie ambientali europee.

Contemporaneamente però alla presentazione di questo report, Legambiente Sicilia ha scritto un documento indirizzato alla Regione Siciliana, ai Comuni costieri e alle Capitanerie di Porto, dove ha segnalato la straordinaria importanza degli ambienti costieri e dalle spiagge, sempre più minacciati per colpa del nostro comportamento e del cambiamento climatico.

Gli ambientalisti hanno così richiesto ai politici degli interventi urgenti, per salvaguardare le coste dalle speculazioni e dai pericoli che sovvengono durante la stagione estiva, essendo le spiagge dei preziosi ecosistemi in cui vivono diverse specie protette, tra cui “la tartaruga Caretta caretta” (specie protetta dalla Direttiva 92/43/CEE “Habitat”), il Fratino Charadrius alexandrinus (un piccolo uccello limicolo e protetto dalla Direttiva Uccelli) e il giglio di mare “Pancratium maritimum”.



 

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