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I voti dei riesini chiesti ai fratelli Testa «per Ilaria Cavo, ma non in cambio di posti di lavoro». Contributi economici per le campagne elettorali, non finanziamenti illeciti. Quanto alle ipotizzate pressioni per sbloccare concessioni portuali a favore dell’imprenditore Aldo Spinelli, non si è trattato di interventi fattivi, piuttosto di una «captatio benevolentiae». Insomma, una definizione un po’ più elegante di quella con cui l’uomo d’affari sempre in cerca di nuovi spazi per il suo gruppo di logistica ha liquidato la questione davanti al gip: «Millanterie». Il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, due giorni fa, ha risposto per otto ore ai pm della Procura di Genova che lo accusano di corruzione: 167 domande e 34 «non ricordo», una pausa all’ora di pranzo per un pezzo di focaccia e due nel pomeriggio per il caffè, un’ora per la rilettura del verbale. Poi è tornato ai domiciliari nella sua casa di Ameglia, la richiesta di revoca degli arresti da parte del governatore è in pausa in vista delle europee.

I bonifici

Le migliaia di pagine agli atti illustrano quello che, secondo l’accusa, è un «meccanismo corruttivo perfettamente collaudato», un sistema di potere che si sarebbe retto su scambi di denaro e favori. Scenario privilegiato, lo yacht “Leila 2” dello zar del porto. «La barca, attraccata in Fiera, viene abitualmente usata da Aldo Spinelli per incontrare le persone. L’ho frequentata parecchie volte», conferma Toti. È qui che, per la Procura, si sarebbero perfezionati gli accordi tra il presidente e l’imprenditore. Domanda numero 41 dei magistrati a Toti: «Nell’incontro in barca del primo settembre 2021 lei ha chiesto un finanziamento a Spinelli?». Risposta: «È possibile. Il gruppo Spinelli comincia a sostenere i miei comitati politici dal 2015 e questo rapporto è durato fino a ora. Voglio precisare che è possibile che avessi chiesto un finanziamento anche prima di quell’incontro». Il presidente afferma però nel verbale di «non ricordare di preciso» cosa rispose Spinelli alla sua richiesta. Anche se qualche ora dopo il pranzo sullo yacht, stando alle intercettazioni, telefona alla referente della propria segreteria politica, delegata a operare sul conto del Comitato. «Dal contenuto – annotano gli inquirenti – si evinceva chiaramente che era stato predisposto un versamento da parte di Spinelli in favore del Comitato Toti». Un bonifico «normale», sottolineava il governatore, che nel verbale motiva così: «Intendevo dire, con la parola normale, che lo avrebbe fatto come sempre». La precedente conversazione con il presidente dell’Autorità del porto Paolo Emilio Signorini – «Sono buttato in barca da Aldo, quando gliela portiamo ‘sta proroga in comitato?» – per chi indaga prefigurerebbe però una connessione tra il rinnovo della concessione trentennale per il terminal Rinfuse a Spinelli e la sua elargizione. «Dal mio punto di vista non c’è alcuna correlazione, dato che Spinelli mi finanziava da lungo tempo. Lui è “uno che ci prova sempre”, tutte le volte ti ricorda se puoi fare qualcosa per lui. Ripeto che non ho percepito alcuna correlazione», ribadisce il presidente nel verbale.

Tensioni al porto

Ciò che emerge dalle captazioni è comunque la sua intenzione di fare il «prima possibile» per chiudere la pratica della proroga. «Era meglio anche per me definire entro settembre 2021 – precisa – perché lasciarla aperta avrebbe provocato una tensione tra gli operatori del porto e avrebbe alimentato polemiche per me politicamente negative», illustra ai pm. Una fretta di concludere, aggiunge, vantaggiosa anche sotto il profilo elettorale in vista del voto di Savona: «C’era una lista con il mio nome, c’era sicuramente un impegno del mio movimento elettorale». E in quel momento per affrontare la propaganda c’erano soldi abbastanza? «Avevamo sicuramente fondi per affrontare la campagna elettorale», assicura. Eppure quel giorno sulla barca, a portata d’orecchio dell’uomo d’affari, in base agli atti il governatore è apparso solerte: «La telefonata a Signorini era finalizzata a comprendere il contesto in cui si trovava la pratica, chiedevo informazioni anche per comprendere se vi fossero state ragioni ostative – motiva il suo intervento – Me lo aveva chiesto Spinelli. È doveroso per la pubblica amministrazione evadere le richieste velocemente e la soluzione di questa pratica rappresentava una frazione di un progetto generale».

Il comitato

A Toti viene contestata anche un’intercettazione del 17 settembre 2021, nella quale il protagonista è ancora Spinelli che finalmente intravede l’assegnazione delle Rinfuse. «Gli davo una buona notizia e cioè che il 29 andava all’ordine del giorno e gli reiteravo la richiesta di finanziamento. Non ho posto in relazione le due cose. Al massimo era una captatio benevolentiae, volevo fare vedere che mi ero interessato per velocizzare la pratica». E l’invito al sindaco di Genova Marco Bucci a «raddrizzare» il componente del comitato portuale Giorgio Carozzi, riottoso alla proroga per le Rinfuse, aveva solo l’obiettivo di «farlo allineare e convergere sulla posizione degli uffici istruttori». Sul punto i magistrati insistono e chiedono a Toti perché il 28 settembre 2021 chiese a Signorini di «tenerlo aggiornato» sul dossier aggiungendo: «Se ci sono guai intervengo in qualche modo». La spiegazione del governatore: «Evidentemente dovevo avere avuto notizie di qualche malumore. Il mio intervento avrebbe dovuto essere volto a una soluzione per arrivare all’approvazione» della proroga».

Voto di scambio

Poi ci sono le schede che la comunità dei riesini avrebbe fatto convogliare sulla lista di Toti nelle elezioni regionali del 2020. Preferenze per le quali il suo capo di gabinetto Matteo Cozzani risponde anche dell’accusa di voto di scambio aggravato dall’aver agevolato la mafia. I due fratelli Arturo e Maurizio Testa, secondo l’accusa, erano i referenti di un nucleo di cittadini originari di Riesi che avrebbero mobilitato a favore di Ilaria Cavo, ex assessora regionale in Liguria oggi parlamentare del centrodestra. «Sicuramente chiesi espressamente i voti per Ilaria Cavo, parlando con uno dei due Testa – mette a verbale Toti – Non le erano piaciuti, soprattutto per le richieste legate al rimborso spese. Non ricordo invece che mi abbia parlato di posti di lavoro, anche se era ovvio che i Testa avessero chiesto attenzione per la loro comunità. Erano assillanti e presentavano persone chiedendo se potevamo dare una mano. Di certo non ho mai immaginato un collegamento diretto tra voti e posti di lavoro». Toti asserisce di avere affidato la questione a Cozzani, «un mandato generico, è una persona esperta e conosce la politica. Davo per scontato che vi sarebbe stata una richiesta di attenzione per la loro comunità anche dal punto di vista occupazionale, ma non so di richieste specifiche di posti di lavoro». E allora come mai, chiedono i pm, in una riunione Cozzani espresse il timore di «essere squartato» dai fratelli lasciando intuire di promesse non mantenute? «Era un dialogo ironico, stando al gioco gli ho domandato: “Perché, non gli hai dato dei soldi?», la risposta di Toti. Che nella memoria consegnata ai magistrati durante l’interrogatorio circoscrive il caso. «È da evidenziare che vinsi le elezioni con circa 380 mila voti – ricorda – Nelle indagini il sostegno della comunità riesina si sostanzia, con una certa approssimazione, di 400 voti, giusto per proporzione e per capire che l’apporto non è tale da turbare l’equilibrio democratico del voto». Per l’avvocato Stefano Savi, difensore di Toti, «con l’interrogatorio il presidente ha chiarito il significato delle richieste di finanziamenti a sovvenzionatori abituali, che non erano collegate ad alcun tipo di favore e fatte in modo esplicito e diretto proprio nella convinzione di avere impostato i suoi interventi verso l’interesse pubblico».

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