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Da un lato, anche a livello europeo, non si è ancora arrestata la prospettiva di rilancio su larga scala di un combustibile ecologico e, sulla carta, meno oneroso rispetto al costo dei carburanti tradizionali. Dall’altro, principalmente a causa delle crescenti tensioni internazionali, sarebbe impossibile non registrare i costanti aumenti applicati dalle compagnie e dai distributori proprio a causa del conflitto tra la Russia e l’Ucraina, a cui va aggiunta la massiccia e progressiva dismissione della rete distributiva nazionale e le politiche interne delle case che, ormai, hanno letteralmente ridotto al lumicino la produzione di questa tipologia di vetture. Al centro di questi fenomeni che, inevitabilmente, stanno condizionando l’intero mondo dell’automotive, troviamo un metano che in questa fase di grandi cambiamenti va a caccia della sua vera identità, dopo il boom di vendite riscontrato fra il 2013 e i dodici mesi successivi e la successiva lenta discesa verso lo 0,2% di quota in Italia nel primo quadrimestre di quest’anno, con appena 1.050 unità immatricolate fra i mesi di gennaio e di aprile.

Una lenta emorragia che appare inarrestabile, visto che l’esercizio precedente si era concluso a quota 1.902 vetture, mentre in un 2022 di magra, con appena 1.335.117 autovetture immatricolate, quelle a metano furono 10.725, con una quota di mercato dello 0,8%. In Italia anche la curva di crescita della rete nazionale si è arrestata ancora prima di strutturarsi, con i distributori di metano che si fermano appena al di sopra di quota 1.600, con l’Emilia-Romagna, la Lombardia e il Veneto che confermare il proprio ruolo di capofila. Ma questo combustibile ha progressivamente iniziato a perdere consensi, e anche quelli che un tempo venivano considerati dei vantaggi, in questa fase non appaiono più come tali. La grande convenienza economica rispetto alle pompe verdi e del gasolio, infatti, si è smarrita strada facendo (secondo l’Osservatorio nazionale del Ministero del Made in Italy, il prezzo medio in Lombardia è di 1,295 euro al kg, mentre nel Lazio si sale a quota 1,408 euro al kg). Nella top ten nazionale, e non solo, resistono soltanto le vetture commercializzate da veri brand del gruppo Volkswagen e alcune Fiat – e al basso impatto ambientale che permette a questi veicoli di entrare nei centri storici delle città, evitando i normali blocchi del traffico grazie alle emissioni limitate.

Un provvedimento ormai garantito anche alle vetture elettriche e alle ibride, e non è un caso se, negli ultimi tempi, siano state soprattutto quest’ultime a raccoglierne (in termini di vendite), seppure parzialmente, l’eredità. Nel nostro paese ci credeva fortemente Sergio Marchionne che è sempre stato uno fra i più grandi sostenitori di questa tecnologia. Nell’ottobre del 2017, in una delle ultime uscite pubbliche da numero uno del gruppo FCA, infatti, fu proprio lui a ribadire una posizione favorevole nei confronti di questo combustibile a basso consumo. «Noi stiamo lavorando su tutte le diverse forme di auto elettrica: dagli ibridi leggeri a 48 volt, agli ibridi tradizionali, ai plug-in, ai sistemi totalmente elettrici – disse nel corso di una lectio magistralis, dopo esser stato proclamato dottore in Ingegneria meccatronica dall’Università di Trento – Ma forzare l’introduzione dell’elettrico su scala globale, senza prima risolvere il problema di come produrre l’energia da fonti pulite e rinnovabili, rappresenta una minaccia all’esistenza stessa del nostro pianeta. Quella dell’elettrico è un’operazione che va fatta senza imposizioni di legge e continuando nel frattempo a sfruttare i benefici delle altre tecnologie disponibili, in modo combinato. È certamente più utile concentrarsi sui miglioramenti dei motori tradizionali e lavorare alla diffusione di carburanti alternativi, soprattutto il metano, che per la sua origine e le sue qualità è oggi il più virtuoso e più pulito in termini di emissioni». Addirittura, in un celebre spot del 2013, Fiat mise letteralmente le ali, per poi farle spiccare il volo a quella che, allora, era la nuova Panda Trekking a metano, con il claim che garantiva un pieno con appena dodici euro. Roba d’altri tempi. 

Per provare a rilanciare questo segmento, il governo è pronto a stanziare 10 milioni di euro di fondi per la conversione di modelli dotati di motori termici con omologazione Euro 4 o successiva per l’installazione di un impianto a metano. Il contributo garantito, in tal senso, è di 800 euro. In attesa di passare dalle parole ai fatti, dalle associazioni di categoria è già arrivato un primo plauso per un provvedimento atto ad ammodernare il parco circolante nazionale.

 

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