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L’Italia rischia di avere un problema di credibilità sul proprio debito sovrano. Dopo la pressione delle agenzie di rating e delle banche d’affari, anche il Fondo monetario internazionale accende un faro sul debito pubblico italiano. Nelle ultime due settimane gli analisti del Fmi hanno condotto una missione a Roma e nel rapporto stilato alla fine del viaggio emerge forte e chiaro il monito rivolto alle autorità del governo: «Anche se ha contribuito alla ripresa, la politica fiscale espansiva ha mantenuto il deficit e il debito molto alti, elevando il premio di rischio dell’Italia e agendo come un freno agli investimenti del settore privato». Insomma, il Paese si è ripreso bene dalla pandemia e dagli shock energetici grazie al turismo e alle politiche di sostegno, però la condizione dei conti pubblici si è aggravata. Secondo il Fondo monetario «è possibile ottenere un aggiustamento di bilancio più rapido del previsto per ridurre il debito con un elevato livello di fiducia e con costi limitati per la crescita, ritirando le misure anti-crisi inefficienti e temporanee». Tra queste, gli economisti americani individuano «i sussidi per la ristrutturazione delle case e le norme per compensare l’elevata inflazione».

Nel rapporto stilato al termine della missione in Italia, come previsto dall’Articolo IV dello statuto dell’organizzazione, si evidenzia che «le previsioni di crescita sono moderate per i prossimi anni». Un approccio non proprio ottimista: «Anche se sorprese positive possono materializzarsi, i rischi per la crescita sono al ribasso», si legge.

La risalita del Pil italiano è prevista in rallentamento nei prossimi anni, mentre prosegue il processo di calo dell’inflazione. Dopo il +0,9% del 2023, il prodotto è previsto in rialzo dello 0,7% nel 2024 e nel 2025. L’inflazione è attesa in calo a una media dell’1,7% nel 2024, per poi tornare al target del 2% nel 2025.

Il sistema bancario italiano resta solido, ma i pericoli per la stabilità, segnala l’Fmi, potrebbero aumentare, visto che gli effetti delle misure di sostegno svaniranno. L’attuale sviluppo dei profitti bancari «dovrebbe essere usato per rafforzare la resilienza in caso di potenziali shock nel futuro».

Altro tasto dolente, la produttività: «È urgentemente necessario rinvigorirla». La ricetta del Fondo è spietata: sostituire i tagli al cuneo fiscale e i sussidi alle assunzioni «con interventi che incrementino in modo permanente la produttività del lavoro, razionalizzando ulteriormente la spesa pensionistica, innalzando l’età effettiva di pensionamento ed evitando costosi schemi di pensionamento anticipato». Anche «affrontare il problema della bassa partecipazione femminile al lavoro darebbe una spinta alle prospettive di crescita». Tra le raccomandazioni trova spazio il fisco: bisogna puntare su semplificazione, progressività del sistema e razionalizzazione delle tax expenditures. È fondamentale migliorare la vigilanza sui crediti d’imposta richiedendo «esplicita» autorizzazione ex ante. Un quadro, quello delineato dal Fondo monetario, che probabilmente non troverà molto corrispondenza nella prossima manovra, a meno che la maggioranza di centrodestra non sia pronta a pagare un costo politico ed elettorale.

La conferma del taglio del cuneo fiscale sarà il pilastro della legge di Bilancio, mentre sui crediti fiscali e sulla riforma pensionistica si giocherà il solito braccio di ferro tra i partiti del centrodestra. La grande incognita saranno le risorse da utilizzare per finanziare la manovra: al momento non si vedono all’orizzonte alternative a nuove tasse e ad altri soldi presi in deficit, ma difficilmente la Commissione europea autorizzerà il ricorso all’indebitamento. La spending review e una profonda razionalizzazione delle agevolazioni fiscali sono temi complicati da mettere in pratica.

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti continua a tenere sulla corda i colleghi, a cui ha chiesto un piano dettagliato di tagli e sacrifici, tuttavia la campagna elettorale per le europee non facilita il dibattito da questo punto di vista. Se ne riparlerà in piena estate, quando ci sarà da preparare il piano strutturale di medio termine e la manovra.

 

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