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VIGEVANO – Il primo SoS le associazioni artigianali del comparto moda lo avevano lanciato a febbraio. L’ultimo risale a pochi giorni fa: il sistema è al collasso e si chiede al governo di intervenire con misure di sostegno che – per dare la misura della gravità della situazione – ricordano quelle applicate nel periodo pandemico. In una lettera inviata ai ministri del made in Italy Urso, dell’Economia Giorgetti, del Lavoro Calderone e al presidente di Abi, associazione bancaria, le imprese chiedono interventi forti. 

Ecco gli interventi richiesti:

  • sospensione versamenti contributivi ed erariali a partire dal 01/06/2024 fino al 01/06/2025 _
    rientro graduale dei contributi e delle imposte dovute a partire dal Giugno 2025 attraverso 4
    rate TRIMESTRALI a tasso zero di cui la prima al 30 giugno 2025

  • CIG in deroga a valere per tutte le tipologie di imprese moda (artigiane, di persone, di capitali,
    ecc.) di cui al punto A. per n..6 settimane sotto e sopra i 15 dipendenti e /o il rifinanziamento
    degli Enti bilaterali.

  • C. esenzione delle quote di partecipazione alle manifestazioni di ICE Agenzia fino al 31 luglio 2025.

  • Tramite fondo per il Made In Italy impostare finanziamenti per liquidità a tasso 0 o calmierato rimborsabili in 6 anni a copertura del 20% dell’indebitamento inoltre eventuali sospensioni prestiti bancari o Simest o Sace rateizzate in coda ai finanziamenti o, in alternativa o aggiunta,
    la rimodulazione dei finanziamenti in corso nei termini stabiliti e definiti per Legge, inserendo la possibilità di inserire o ricalcolare un periodo di preammortamento di massimo 12 mesi, sempre nei termini previsti dalla Legge.

  • Risoluzione tramite annullamento dell’annosa questione del recupero del credito di imposta per ricerca e sviluppo per le Pmi Moda per le imprese che hanno utilizzato il credito d’imposta campionari per il quale, sino alla risoluzione n. 41 del 2022 era confermata la circolare del MiSE n. 46586 del 2009 che prevedeva, per i costi di alcune fasi di realizzazione del
    campionario, l’ammissibilità al credito d’imposta.

  • Al netto delle precedenti considerazioni espresse nei diversi tavoli tematici convocati per il settore Moda, in questo contesto di crisi servirebbe, altresì, un contributo atto a rafforzare le posizioni di mercato ed il consolidamento dei progetti d’investimento in marketing, digitalizzazione, sostenibilità ambientale e aggregazioni di imprese. Il contributo a fondo
    perduto ammonterebbe a 300.000 euro e sarebbe finalizzato al rinnovamento del parco tecnologico delle imprese, per la registrazione di nuovi marchi, per lo sviluppo di indagini di mercato, per consulenza commerciale e consulenza/certificazioni sulla sostenibilità ambientale, per l’implementazione dei processi digitali a favore di imprese che attivino accordi di aggregazioni, che vedano coinvolte almeno n. 3 imprese. In particolare si favoriranno progetti legati alla filiera a monte del settore improntati ad aggregazioni di carattere orizzontale.

 I DATI DEL CENTRO STUDI CONFARTIGIANATO

Nel primo trimestre del 2024 la produzione manifatturiera scende dello 0,9% rispetto ai tre mesi precedenti e del 3,1% rispetto  allo stesso trimestre dell’anno precedente. La moda è il settore del made in Italy che segna la performance peggiore, con la produzione del tessile, abbigliamento e pelli che segna un calo congiunturale del 3,5% e dell’8,8% su base annua, con una grave accentuazione (-9,3%) a marzo del 2024. Nel dettaglio per settore, il calo della produzione del 4,8% registrata nel comparto del tessile si amplifica al -8,9% per l’abbigliamento e arriva alla doppia cifra (-14,8%) per la pelle.

Nel 2023 nella moda il fatturato è pari a 97,5 miliardi di euro. Nel primo bimestre del 2024 il valore dei ricavi nel tessile, abbigliamento e pelli scende del 5,1% su base annua: sulla base di questo andamento si calcola una perdita di ricavi pari di 15 milioni di euro al giorno.

GRECHI (CONFARTIGIANATO LOMELLINA)

La filiera della calzatura è come una trincea, nella quale si cerca di non perdere quel che rimane di questo ramo prestigioso del manifatturiero italiano. E, come spiega il presidente di Confartigianato Imprese Lomellina, Luigi Grechi, il problema non è affatto solo vigevanese, come testimonia la richiesta di sostegni inviata al governo  dalle organizzazioni artigianali nazionali. E l’allarme è partito dal Veneto, dal celebre e celebrato distretto della Riviera del Brenta: un segnale pessimo per tutti.

Luigi Grechi

«Purtroppo la situazione è questa – dice Grechi – Conosco molte realtà produttive che dall’autunno scorso non producono più nulla, gli ordini sono completamente azzerati. Se vogliano salvare qualcosa bisogna intervenire». Secondo Grechi la fotografia della filiera della calzatura lomellina scattata dal focus presentato da Assolombarda dieci giorni fa a Pavia «non è più attuale. I dati si riferiscono al 2022 e da allora, anche se sono passati neanche due anni, tutto è cambiato. Anzi, credo che sia stato proprio quel 2022 esagerato all’origine dei problemi di oggi: abbiamo avuto un surplus di ordini e abbiamo prodotto come non mai. Mi rendo conto che sembra un ragionamento fatto col senno di poi, ma ora i magazzini sono pieni e anche i brand del lusso non riescono a smaltire, con le conseguenti difficoltà nel presentare collezioni nuove. Stiamo pagando duramente quel periodo di vacche grasse: tutti dicono che si tratta di un malessere passeggero e che entro fine 2024 la situazione migliorerà. Ma lo si diceva già l’anno scorso. Nel frattempo moltissime aziende hanno fatto investimenti e oggi sono schiacciate dal peso dei finanziamenti: senza fatturato non si possono onorare gli impegni. Ciò giustifica le richieste di sostegno inviate al Governo». 

E una volta superata l’emergenza? «Noi abbiamo più volte indicato transizione digitale, sostenibilità e la formazione come capisaldi del rilancio, ma prima di tutto bisogna riprendere a lavorare. Dobbiamo fare i conti con un approccio diverso da parte dei consumatori e abituarci ed attrezzarci a operare in un’economia che non vive più di oscillazioni ma di veri e propri scossoni, con grandi picchi verso l’alto e ripide discese verso il basso».

LA CGIL: IN CRESCITA LE RICHIESTE DI CASSA INTEGRAZIONE

I casi Moreschi e Fiscatech sono le punte di un iceberg che sta erodendo il sistema produttivo in Lomellina e nella nostra provincia. «In tutta la provincia di Pavia a fine marzo si registrano nel settore metalmeccanico oltre 30 aziende con richiesta di Cassa integrazione ordinaria. Oltre la metà di queste imprese superano i 15 dipendenti». Massimo Balzarini  della segreteria provinciale della Cgil, riporta un dato che testimonia la situazione attuale.

Massimo Balzarini

Ma come è vista dai sindacati la situazione del  distretto (o filiera) della calzatura a Vigevano e in Lomellina, alla luce del Piano strategico presentato dall’associazione degli industriali il 6 maggio scorso? «La ripresa dell’economia pavese in alcuni settori (costruzioni, servizi e commercio) recupera il gap degli anni precedenti con un traino dell’export soprattutto nei settori alimentare, farmaceutico  e meccanico – afferma Balzarini – Il settore calzaturiero continua a registrare un calo e l’affermazione “sembra essere in atto una evoluzione strutturale della base produttiva del settore moda e calzatura così come della logistica dell’abbigliamento” andrebbe approfondita per verificare se siamo in presenza di una vera trasformazione o di una involuzione». Se l’export si mantiene trainante, prosegue Balzarini, «si deve mantenere sul territorio la produzione di qualità, a maggior valore aggiunto per il settore moda. La formazione del personale è certamente un fattore rilevante ma si deve intervenire con largo anticipo per avere la disponibilità delle professionalità richieste già oggi e che si prevedono nel futuro. Sul mercato del lavoro due elementi sono determinanti: i bassi salari che non determinano l’attrattività di molti settori, non solo quello manifatturiero e la qualità del lavoro stesso, poiché la precarietà è un ulteriore deterrente. I dati di ripresa occupazionale paiono positivi ma andrebbe valutato il tasso di conversione dei contratti di lavoro perché in larga parte sono conversioni da tempo determinato a indeterminato».



 

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