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Se desideri avviare un’attività autonoma mentre sei dipendente, è importante comprendere le opzioni offerte dalla legislazione vigente. Molti dipendenti esplorano questa possibilità per migliorare la propria situazione economica o per perseguire una passione trasformandola in un’attività commerciale.
Lavoro dipendente e partita iva, è fattibile quindi? La normativa prevede la possibilità per i dipendenti di aprire una partita IVA, pur mantenendo il loro rapporto di lavoro dipendente. Tuttavia, è essenziale valutare attentamente le condizioni specifiche e le eventuali eccezioni legate al proprio impiego.
Tra le principali questioni da considerare vi è la scelta di aderire al regime forfettario, che offre agevolazioni fiscali significative. Tuttavia, è fondamentale comprendere se tale regime sia adatto alle proprie esigenze e circostanze personali, considerando attentamente gli obblighi e i vantaggi previsti dalla legge.

Lavoro dipendente e partita iva: il dipendente privato

Un dipendente del settore privato ha la facoltà di avviare un’attività autonoma e aprire una partita IVA, purché non vi sia conflitto di interessi tra le due attività e a condizione che il contratto di lavoro dipendente non lo vieti esplicitamente.

Nel caso in cui il contratto non vieti tale situazione in modo chiaro, non sussiste alcun ostacolo alla coesistenza delle due attività. Tuttavia, è consigliabile comunicare all’azienda l’intenzione di avviare un’attività autonoma per evitare possibili conflitti che potrebbero portare a un licenziamento per giusta causa.

L’articolo 2105 del Codice Civile disciplina l’obbligo di fedeltà del lavoratore nei confronti dell’azienda per cui lavora. Questo articolo vieta al dipendente di intraprendere attività concorrenti o divulgare informazioni riservate dell’azienda, che potrebbero arrecare pregiudizio alla stessa. Violare questo obbligo potrebbe comportare un licenziamento o richieste di risarcimento danni da parte dell’azienda.

Lavoro dipendente e partita iva: il dipendente pubblico

La situazione per un dipendente pubblico è differente. Un dipendente pubblico è tenuto a dedicarsi esclusivamente al proprio impiego nell’amministrazione di appartenenza, specialmente se il rapporto di lavoro è a tempo pieno. La violazione di questo obbligo può costituire giusta causa di licenziamento o di decadenza dall’impiego.

Tuttavia, per i dipendenti pubblici con contratto a tempo parziale (che implica un orario inferiore al 50% di quello a tempo pieno), la situazione è radicalmente diversa. In questo caso, il principio di esclusività non si applica e essi possono avviare un’attività autonoma aprendo una partita IVA.

È importante, però, verificare attentamente il regolamento dell’ente pubblico per assicurarsi che non vi siano divieti specifici in materia.

In alcuni casi, il dipendente pubblico può svolgere incarichi occasionali e temporanei al di fuori dell’orario di servizio, purché autorizzati dalla propria amministrazione e a condizione che non interferiscano con gli interessi dell’amministrazione stessa, non sussista un conflitto di interessi e l’attività non sia svolta durante l’orario di servizio.

Lavoro dipendente e regime forfettario

Per quanto riguarda la compatibilità del regime forfettario con il lavoro dipendente, è importante considerare che dal 2020 è stato reintrodotto un limite reddituale per poter aderire a questo regime.

I dipendenti che desiderano accedere al regime forfettario devono aver conseguito, nell’anno precedente l’apertura della partita IVA, un reddito lordo da lavoro dipendente inferiore a 30.000 euro. Questa modifica ha reintegrato il limite che era in vigore fino a dicembre 2018.

Tuttavia, superando la soglia dei 30.000 euro lordi come dipendente, nel periodo di imposta successivo si perderà il regime forfettario e si applicherà il regime fiscale ordinario. È importante notare che questa perdita non sarà retroattiva.

Lavoro dipendente e partita iva: i contributi INPS

Dopo aver considerato l’aspetto fiscale, è importante valutare anche la gestione INPS per i titolari di partita IVA che sono già dipendenti altrove. Ci sono diverse situazioni da prendere in considerazione.

Se un lavoratore dipendente avvia un’attività come libero professionista non ordinistico, è obbligato ad iscriversi alla gestione separata dell’INPS. In questo caso, il contributo da versare sarà proporzionale al reddito.

Nel caso in cui il dipendente avvii un’attività autonoma che richiede l’iscrizione ad un albo professionale (come avvocato, architetto, ingegnere, ecc.), non sarà necessario iscriversi all’INPS, ma sarà obbligatoria l’iscrizione alla Cassa di previdenza di competenza. È importante verificare le esclusioni o riduzioni dei contributi direttamente con la cassa di previdenza.

Se un lavoratore dipendente a tempo pieno presso un’azienda privata avvia un’attività commerciale, non sarà richiesta l’iscrizione alla gestione commercianti dell’INPS né il versamento di ulteriori contributi. Il consulente incaricato comunicherà all’INPS tramite la pratica di comunicazione unica che il cliente è già coperto da un’altra forma previdenziale grazie al rapporto di lavoro dipendente presso un’altra azienda.

ATTENZIONE: nel caso di un contratto di lavoro part-time, il lavoratore sarà comunque sottoposto alla gestione commercianti dell’INPS in quanto mancherebbe il requisito della prevalenza. La prevalenza si verifica quando il lavoratore compie almeno 30 ore settimanali e il lavoro dipendente è qualificato come prevalente sia in termini di tempo che di reddito.

 

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