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Nella notte tra il 16 e il 17 maggio 2023 parte della Romagna venne travolta da acqua e fango, costando la vita a 16 persone e causando 23 mila sfollati. Dodici mesi dopo i danni sono ancora tantissimi e c’è chi aspetta ancora i primi soldi. Tre storie

“La mia abitazione era al pian terreno. Nella notte tra il 16 e il 17 maggio 2023 ho perso tutto”. La voce è quella di Paola, faentina che nel 2018 aveva deciso di trasferirsi in campagna in una piccola porzione di un complesso colonico, una scelta legata a una bassa disponibilità economica. Piano piano era riuscita a comprare tutto quello che le serviva, la cucina nuova, gli elettrodomestici. Poi in un attimo l’invasione dell’acqua, alta 1 metro e 80, che ha distrutto tutto, per lasciare spazio la mattina successiva a 40 centimetri di melma che non se ne andava più. “Passai tutta la notte in piedi davanti alla finestra: ricorderò per sempre il boato continuo che veniva da quel fiume così impetuoso”. Finché a un certo punto, racconta, “si sono spente tutte le luci, perché i contatori sono finiti a mollo e da quel momento in poi il fragore del fiume faceva ancora più impressione”. Con lei aveva solo una pila e il cellulare scarico, dopo il continuo scambio di messaggi con i suoi tre figli che abitano in tre zone diverse, e l’ansia per loro, che ricorda, “era a mille”. Finita la notte, la mattina c’era solo fango. Poi un viaggio disperato verso le loro case, ma ricorda, “le strade erano chiuse”.

 

Grazie al Comune Paola viene messa in contatto con una signora che offriva rifugio vicino alla sua zona: “Mi sembrò di ricevere grande regalo”, dice. Poi si è iscritta a Facebook dove molte persone offrivano quello che avevano agli sfollati. “Sono andata a Cervia a prendere un asse da stiro, a Lugo a recuperare un appendiabiti, a Rimini una poltroncina e un divano letto. “Nelle facce di quelle persone ho trovato una gioia di donare grandiosa, che non scorderò più”. Per quanto riguarda gli aiuti economici, spiega, i primi 3000 euro sono arrivati a fine dell’estate e i restanti 2000 poco prima dell’inverno. Nel frattempo ha ricomprato i mobili, facendo un mutuo. “Oggi sto ancora aspettando di finire i lavori, casa mia è ancora senza porte. Ma la beffa”, dice, “è che abbiamo ancora gli argini aperti del fiume dietro casa e nessuno se ne occupa: il Comune fa da scarica barile sulla Regione che lo fa a sua volta con l’autorità commissariale”.  


La scuola di musica distrutta dal fango

Mattia Lucatini è il direttore della Artistation School of Arts, storica di musica di Faenza che a maggio scorso ha subito entrambe le alluvioni, la prima del 2 maggio e quella del 17. “Avevo comprato il capannone all’inizio di aprile, dopo 10 anni in affitto. Venticinque giorni dopo è stato devastato da due metri e mezzi di acqua la prima volta, cinque la seconda”. Mattia ricorda che la mattina del 16 maggio, prima del disastro, i fossi sembravano fiumi. “Avevo impostato la sveglia ogni 10 minuti per controllare il livello dell’acqua”. La sua casa, vicina al comune di Modigliana, si è salvata. Mentre della scuola di musica non è rimasto nulla, a parte i leggii per gli spartiti e gli oggetti di ferro. Tutti gli strumenti sono stati distrutti, il palco galleggiava. “Sembrava di essere in un film. Il primo mese l’ho trascorso a spalare fango. Il morale era a terra”, ricorda. Per la ricostruzione della scuola servono 500 mila euro, di cui 150 per gli strumenti musicali. “Solo il valore dei pianoforti toccava i 100 mila euro. Il fango li ha resi insalvabili”. Per fortuna è partita subito una gara di solidarietà per ricomprare gli strumenti tramite un crowfounding: “Una decina di pianoforti ci è stata donata”, raccont. “Siamo stati aiutati da centinaia di persone, abbiamo organizzato eventi musicali per raccogliere fondi e abbiamo ottenuto  circa 100 mila euro”. Un anno dopo i lavori da fare sono ancora enormi e la beneficenza non basta. “Stiamo cercando di capire come trovare soldi per i rimborsi, perché il denaro va anticipato, ma se non lo si ha? Dovrò indebitarmi”, dice Mattia. “Dallo Stato non abbiamo ricevuto nulla”. Di positivo c’è che l’attività della scuola è andata avanti, e i docenti non hanno perso il lavoro: “Abbiamo potuto continuare le lezioni all’interno di una scuola media nel pomeriggio. E ci hanno dato a disposizione lo scantinato di una parrocchia per la lezione di batteria”. La città ha supportato la sua scuola di musica. “Abbiamo avuto il sostegno di molti allievi e delle loro famiglie che non ci hanno abbandonato: il numero di alunni è lo stesso dell’anno scorso, nonostante la scuola non esista più, e questo per noi è bellissimo”.

Books in a flooded street following the flood that is affecting Emilia Romagna, in Faenza, Italy, 19 May 2023. A new wave of torrential rain is hitting Italy, especially the northeastern region of Emilia-Romagna and other parts of the Adriatic coast.  
ANSA/FABRIZIO ZANI




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La scuola di musica di Faenza alluvionata

I lavori bloccati e la paura di rientrare in casa

Lorenzo, 33 anni, dopo diversi anni a Modena, nell’estate 2022 era tornato nella sua città, Faenza, per stare vicino alla sua famiglia dopo un problema di salute. Insieme alla sua compagna abitava da pochi mesi in via Fratelli Bandiera, una delle zone più colpite dall’alluvione. “La mattina del 16 maggio abbiamo deciso di andarcene perché il livello del fiume era molto alto, ma non potevamo immaginare quello che avremmo visto. Abbiamo portato con noi solo una valigia con lo stretto necessario, pensando di stare fuori una o due notti. Invece in quella casa non siamo mai tornati”, racconta. L’argine del fiume Lamone si è rotto proprio in via Fratelli Bandiera. “Nei giorni successivi siamo tornati lì per salvare il salvabile. Ma l’acqua, alta un metro e 80, ha distrutto tutto. Ci hanno aiutati molti amici e parenti. Senza di loro non so come avremmo fatto”. Un anno dopo quel trauma, però, le cose non vanno bene: “Non siamo tornati a vivere nel nostro appartamento per più di un motivo”, spiega Lorenzo. “I lavori di ripristino sono molti, e i rimborsi non ci sono: la burocrazia è troppo complessa sia per i cittadini che per i tecnici. Da novembre siamo ancora in attesa di una perizia per svariate complicazioni relative alle norme. Poi, in sottofondo, c’è la paura: “Non sappiamo cosa potrebbe succedere con un’altra piena del Lamone. I lavori per la messa in sicurezza del territorio verranno fatti? Non ci sentiamo al sicuro”, spiega Lorenzo. “Oggi chi è rientrato nelle proprie abitazioni o ha ripristinato la propria azienda danneggiata l’ ha fatto solamente con le proprie forze e i propri soldi. La vita a Faenza sembra  tornata quella di prima. Ma basta parlare con le persone per capire che non è così”.

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Un'immagine della casa di Lorenzo a Faenza.

Il progetto Enpap che offre supporto psicologico

L’alluvione in Emilia-Romagna è costata la vita a 16 persone e ha causato più di 23 mila sfollati. Duecento mila i minori coinvolti. Quello del benessere psicologico delle persone che ne sono state colpite è un tema poco affrontato, ma tutt’altro che secondario. E offrire un aiuto concreto in questo senso è l’obiettivo della seconda edizione del progetto ‘Vivere Meglio’ di Enpap, l’Ente nazionale di previdenza e assistenza per gli psicologi. Un progetto che offrirà oltre 1.600 interventi gratuiti di consulenza psicologica o psicoterapia a cittadini che hanno vissuto un evento traumatico come appunto l’alluvione, nelle province di Emilia Romagna, Marche e Toscana. Felice Torricelli, presidente Enpap, spiega a Sky TG24 che il progetto consiste in percorsi brevi – 12-14 sedute – “che si sono rivelati altamente efficaci, come dimostrano i dati raccolti nella prima edizione, in cui l’80% delle persone ha riportato miglioramenti stabili delle proprie difficoltà”. Chi abita nei territori alluvionati ha subito uno stress massivo collettivo, che ha comportato un generale sconvolgimento dell’organizzazione della vita delle persone, peggiorandone drammaticamente la qualità. “Oltre al disturbo da stress post traumatico, che è il disturbo più grave direttamente collegato al trauma”, infatti, “la reazione psicologica a questi stravolgimenti può portare a disturbi psicologici più o meno palesi, che in genere sono transitori ma che comportano, oltre al disagio soggettivo, un peggiore funzionamento della persona nella vita sociale, lavorativa e scolastica. In situazioni di stress ripetuto questi disturbi possono però evolvere in disturbi emotivi cronici sempre più complessi da trattare”, dice Torricelli. Se l’emergenza passa, le conseguenze psicologiche restano.
 

“Dopo uno sconvolgimento come quello di un’alluvione, così come è successo dopo l’esperienza collettiva del Covid, le persone hanno bisogno di ridefinire un nuovo equilibrio”, spiega il presidente. “Quando la fase di emergenza finisce e l’attivazione solidaristica straordinaria termina, bisogna approdare a una nuova normalità ma ci si ritrova, a volte, a dover fronteggiare situazioni di perdita con le quali non si sono fatti i conti”. Per esempio “non ci sono più alcune relazioni a cui si era abituati, a volte non c’è più la casa o il lavoro, sono cambiate le priorità e gli stessi obiettivi di vita posso essersi stravolti”. Per questo, un supporto psicologico può essere cruciale nel post-alluvione. “Come ci hanno dimostrato i dati raccolti dalla prima edizione del progetto, il supporto psicologico può fare una grande differenza. Dei 9.222 cittadini che hanno usufruito dei trattamenti per ansia e depressione gratuiti, a tre mesi dalla conclusione degli interventi l’80% non rispondeva più ai criteri scientifici che indicano la necessità di intervento”.  

 

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